La cultura nei suoi aspetti artistici, letterari e religiosi in Calabria durante il dominio Bizantino
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Il libro che vi apprestate a leggere è la versione integrale di un breve saggio presentato alla XIII Edizione del Premio letterario ‘Galeazzo di Tarsia’, svoltasi nel mese di luglio 2006 a Belmonte Calabro (CS). Il testo si propone di affrontare – sia pure ‘en passant’ e con limiti d’impostazione e lacune – gli aspetti artistici, letterari e religiosi della cultura in Calabria durante il plurisecolare dominio di Bisanzio (secc. VI-XI)
La difesa del Synòro tra Kalabrìa e Loukanìa
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Attraverso una ricostruzione innovativa e sostanzialmente linguistica il saggio analizza la struttura complessa di un limes bizantino: il cosiddetto Synoro, un istmo che mette in connessione le sponde tirrenico-ioniche. L’autore, per descrivere l’unicità di tale territorio, supplisce alla mancanza di fonti documentarie ed epigrafiche sia attraverso il ricorso ad alcune agiografie che con l’analisi di numerosi toponimi. Ed è proprio il sapiente dosaggio di tale materiale a restituirci un suggestivo affresco del camminamento sinnico e dei suoi insediamenti durante l’epoca alto medievale: più una cerniera che una autentica frontiera, un’insula di cultura greca adagiata tra l’odierna Basilicata e la penisola calabrese – mai conquistata dai popoli germanici – dove i rhomaioi si sono insediati dal 540 al 1080. La suddetta area, in posizione strategica per Costantinopoli, era stata devastata dalla guerra gotica: per questo essa venne in primis frequentata dai cosiddetti monaci “basiliani”, e poi preservata militarmente dai limitanei bizantini, mediante un imponente sistema difensivo edificato prima del Nono secolo: a partire da quell’epoca le truppe imperiali occuparono definitivamente l’istmo, controllandone gli itinerari viari e gli scali marittimi, ripopolandolo e favorendone lo sviluppo economico. Il Synoro fu realizzato con il kastellion di Tursi, unitamente ad un porto militare posto nel golfo di Taranto, con torri e kastra di dimensioni minori sorti lungo il fiume, e con il kastellion di Lauria, a sua volta munito di un porto ubicato nel Golfo di Policastro: un vero e proprio antemurale, che servì a tutelare la Calabria bizantina da possibili invasioni dei longobardi, il popolo guerriero stanziatosi nei Principati di Benevento e Salerno che curiosamente rimaneva immune dalle varie pestilenze che colpivano l’Italya. Grazie alla narrazione di vicende mai indagate e ad avvenimenti storici mai approfonditi il lettore potrà riconoscere la particolare morfologia di quest’antica area geografica e sociale, nonostante l’incuria abbia contribuito a disperdere i resti dei kastra e delle torri e a occultarne le tracce: si tratta insomma di un’immagine suggestiva di quel tempo lontano, che ci permette di guardare alla storia del Mezzogiorno con occhi diversi.
La difesa dell’Unità Nazionale per l’identità italiana
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La posizione della Destra, storicamente
intesa, è stata la difesa della Unità d’Italia.
Anzi, per questa adesione ai valori
unitari, si è spesso accusata la Destra –
dal MSI di ieri alla Destra di oggi – di
ipernazionalismo, se non talvolta (accusa
ovviamente falsa) di isteronazionalismo…
Eppure si tratta di “vicende” che non risalgono
ad anni lontani, anche se taluni
cercano di scordare questi precedenti.
Quanti smemorati di Collegno politico
non abbiamo incontrato sulla nostra strada,
soprattutto in quest’ultimo periodo.
La liberazione del sud (1943-1945)
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La liberazione del Sud dal regime fascista e dalla vera e propria occupazione nazista non ha ancora una storia. Gli storiografi della Resistenza hanno parlato solo di ciò che avvenne dopo l’8 settembre 1943 da Roma in su, concedendo un po’ di onore alle quattro giornate di Napoli, ma hanno sempre ignorato la lotta partigiana nel Sud ad opera di movimenti clandestini e le ragioni per cui la loro resistenza armata, in attesa delle buone occasioni per esplodere e presa alla sprovvista dallo sbarco anglo-americano, fallì. Nei saggi che compongono il volume – elaborati nel biennio 1981-1983 – sono trattati gli avvenimenti di fondo radicatisi nella fase finale del Fascismo e quelli svoltisi durante la seconda guerra mondiale. Con particolare impegno viene esaminata la politica praticata nel Sud liberato dai governi alleati, dallo sbarco fino alla conquista militare della Capitale, probabilmente non diversa da quella posteriormente condotta nel Centro Nord. Con non minore impegno vengono prese in considerazione le lotte contadine per risolvere la questione agraria. Alla fine tutto il periodo appare condizionato dalle ferree costruzioni imposte dai governatori e dagli altri capi militari nel comune disegno di reprimere ogni vero moto di riscossa operaia e contadina e, con maggiore rigore, impedire quella rivoluzione di tipo sovietico che in quegli anni si attendeva quasi messianicamente.
La rivolta di Messina (1674-1678) e il mondo mediterraneo nella seconda metà del seicento – II Edizione
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Prima parte: Rosario Villari: La rivolta di Messina e la crisi del Seicento; Pierre Vilar: Structures et conjonctures dans la Méditerrannée des temps modernes: Les cas de l’Espa-gne «Crise générale» et «crises locales»; Maurice Aymard: Il mondo mediterraneo nella seconda metà del Seicento; Bruno Anatra: I rapporti tra corona e ceti privilegiati nella Sardegna del XVII secolo; Saverio Di Bella-Antonio Marzotti: Nella spirale del sottosviluppo: problemi di storia della Calabria nel XVII secolo; Raffaele Puddu: Organizzazione militare e società della Sardegna spagnola; Luis Antonio Ribot García: La Hacienda real de Sicilia en la segunda mitad del siglo XVII; Vittorio Sciuti Russi: Aspetti della venalità degli uffici in Sicilia (secoli XVII-XVIII); Gianpaolo Pisu-Bruno Terlizzo: «Fineza» e «Fidelidad». G. B. Buragna: «Fineza» e «Fidelidad». seconda parte: Carmelo Trasselli: Messina 1674; José Gentil da Silva: Les mouvements populaires de révolte comme témoi-gnage sur la paupérisation aux XVIe et XVIIe siècles; Federico Martino: Strutture giuridiche e gestione amministrativa delle città demaniali siciliane: la gestione del potere (sec. XV-XVII); Marcello Berti: Il «rischio» nella navigazione commerciale mediterranea nel Seicento: Aspetti tecnici e aspetti economici. Prime ricerche; Giuseppina Casapollo: Antonino Amico: erudito messinese del secolo XVII; Rosalba Davico: La morte Barocca: popolazione, quartieri e campagna di Messina nella rivolta del 1674-78; Rita Mazzei: Mercanti lucchesi a Messina nel secolo XVII; Giacomo Dentici: Alcuni documenti sulla rivolta di Messina (1674-1678); Giovanni Gnolfo: Assoro (Enna) nel XVII secolo; Rosario Moscheo: Scienza e cultura a Messina fra ’500 e ’600: vicende e dispersione dei manoscritti autografi di Francesco Maurolico (1494-1575); Franco Piro: Entrate e spese della Camera di Bologna dal 1564 al 1666; Giovanna Motta: Rassegna bibliografica sulla rivolta di Messina; Giuseppe Restifo: Linee di demografia rurale messinese nella seconda metà del ’600; Antonio Saitta: Popolazione e clero a Messina nei secoli XVI e XVII; Giuseppe Serri: La popolazione sarda nel XVII secolo attraverso i censimenti fiscali. terza parte: Alessandro Marabottini: Arte, architettura e urbanistica a Messina prima e dopo la rivolta antispagnola; Ame-lia Joli Gigante: Lineamenti di morfologia urbana di Messina nel secolo XVII; Olga Moschella: Il depauperamento del patrimonio artistico messinese dopo la rivolta; Antonino Bilardo: Un dimenticato pittore messinese vissuto ai tempi della rivolta antispagnola del 1674-1678.
La rivolta di Reggio Calabria nel 1970
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Lo studio appassionato e rigoroso di Polimeni dà alcune risposte interessanti e fornisce, sulla rivolta di Reggio Calabria del 1970, punti di vista documentati anche attraverso le interviste ad alcuni protagonisti, interviste che possono costituire base e premessa per risposte più convincenti rispetto a quelle di cui disponiamo. Se non si capisce la rivolta di Reggio Calabria non si capisce il Mezzogiorno com’è ed è palese che questa incomprensione renderebbe opaca la storia d’Italia nel periodo repubblicano. Il lavoro di Polimeni dà un contributo notevole alla necessaria comprensione di una rivolta la cui complessità fascinosa complica la decodificazione e accentua il sapore di sfida che ogni ricerca comporta.
La storia ritrovata
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Perché 1/3 della popolazione italiana è costretta, da molti decenni, giorno dopo giorno, a vivere nel contesto appena descritto ed a superare, con eroicità sconosciuta ad altre popolazioni, difficoltà enormi pur di affrontare con onestà e dignità la propria vita quotidiana? Perché questo disastro sociale continua a protrarsi da ormai 150 anni? È il momento allora di affiancare alla lettura della accennata realtà meridionale di oggi la lettura spassionata e per certi versi rivoluzionaria, della storia meridionale pre-unitaria, della storia di questa parte d’Italia antecedente alla realizzazione dell’Unità politica e territoriale della penisola… La storia del Meridione non è infatti quella tuttora insegnata dalla scuola, non è quella che i compiacenti ‘storici’ dei primi anni post-unitari, dei decenni successivi ed anche di oggi, ci hanno raccontato e ci continuano a raccontare…
Senza andare troppo indietro nel tempo è sufficiente ripercorrere con onestà intellettuale i 126 anni di governo borbonico – l’ultimo governo meridionale pre-unitario che dal 1734 si protrasse fino al 1860 – per avere una visione autentica della storia. Proprio durante il regno dei Borbone il Sud era divenuto, infatti, lo Stato più sviluppato e più progredito d’Italia. E sviluppo e progresso investivano tutti i campi delle attività umane, dall’industria alla tecnologia, dai commerci alle attività sociali, dall’economia alla cultura e alla vita quotidiana. A metà Ottocento il Regno borbonico era lo Stato più ricco, più prospero e più industrializzato dell’Italia del tempo. Lo Stato più avviato verso il futuro e verso la modernità…
L’Unificazione del 1860, con le distruzioni, le tragedie, la conquista a furor di fucili e baionette, le centinaia di migliaia di morti e i calvari delle popolazioni del Sud, con le spoliazioni e il saccheggio sistematico del Regno conquistato, ha azzerato l’economia meridionale, annullato il fiorente e invidiabile apparato industriale, imposto gravami fiscali insostenibili, impoverito le popolazioni al di là di ogni immaginazione costringendole, per la prima volta nella loro storia, all’emigrazione di massa nelle Americhe. Nel contempo ingenti somme di denaro venivano trasferite dal Sud al Nord…
Il disastro unitario del Sud fu quindi l’evento chiave che consentì al Nord, lentamente, di superare le sue gravi arretratezze e deficienze che, altrimenti, ne avrebbero indiscutibilmente condizionato il futuro. Questo volume vuole tentare di ristabilire la verità su queste vicende…” (dall’introduzione dell’Autore).
MANDATORICCIO. IL FEUDO DELL’ARSO E LA TORRE STELLATA
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[…] Mi auguro che la fusione tra le tracce del passato e quelle del presente, ci aiutino a imparare ed intraprendere la giusta via, per il futuro. Ammiro ancora di più questa pubblicazione perché riguarda la storia della mia famiglia, e sono sicura che mi darà la possibilità di conoscere più a fondo i miei antenati, sul chi fossero e cosa hanno fatto per realizzare ciò che c’è oggi, una maestosa torre di vedetta a forma di stella, che rappresenta i 4 punti cardinali; ed è proprio lì che è iniziato il progetto di Fiuminarso che è stato possibile grazie a un gruppo di ragazzi, che hanno creduto, in piena pandemia, nella speranza di creare il proprio futuro; magari tornare a ripopolare i propri paesi del Sud, a malincuore lasciati per cercare altro, una stabilità, un posto fisso. L’opportunità di fermarsi e pensare, di non poter andare da nessuna parte se non con la mente, ha fatto sì che venisse alla luce un qualcosa di magico, la condivisione del tempo. Immaginate dieci ragazzi che si trasferiscono nello stesso luogo, un luogo dimenticato da anni con nessuna pretesa se non quella di farci da palcoscenico. Finalmente eravamo noi che sceglievamo per noi stessi. Non volevamo andare da nessuna parte, e non volevamo niente, solo Mandatoriccio vivere in quelle pareti di pietra che trasudano di storia. Pennelli, colori e qualche chiodo sparso, quello che basta per segnare il nostro passaggio lì, al Castello dell’Arso, dove tutto ha avuto inizio. […]
Dalla Nota di Saluto di Giulia Marilena Stef MASCARO
Mi chiamo Don Peppe Diana
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L’esperienza di lavoro, che nel presente libro viene significativamente compendiata in modo rigoroso – divenendo, finanche, un cammino pedagogico e spirituale – ha come suo obiettivo quello di sviluppare le coordinate teoretiche e prassiche di questo fulgido esempio di martirio del nostro tempo. L’autore – Leonardo Vincenzo Manuli – è un cocciuto prete che ama creare spazi per l’interrogazione riflessiva, ispirata dalle esigenze di un pensiero critico e costruttore di conoscenze. (…) Appare del tutto evidente di non trovarsi di fronte a un impianto pastorale – peraltro ridotto, spesso, a semplice amministrazione di realtà ecclesiali – ma ancora prima a un interesse esistenziale alla fede e alla sua dimensione biblica, che propongono – di fronte all’angoscioso e non rimosso sentimento dell’urgenza dei problemi – la via d’uscita di un impegno responsabile in campo sociale e politico, in particolare per la liberazione dalle “strutture di peccato” e per la “nobile lotta per la giustizia”. È in questa prospettiva di senso che l’autore indica senza dubbio, quale tema assiale dell’impegno di don Peppino Diana, l’importanza di affermare con forza l’unità organica esistente tra la salvezza divina e la liberazione umana, articolando questi due piani nell’ineludibile e radicale forza sprigionata dalla Parola di Dio. (Dalla Prefazione) Mimmo Petullà, Sociologo
Millenial
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Millennial è un aggettivo che indica le generazioni nate dagli anni ’90 ai primi decenni del XXI secolo. Ma si estende a tutto quanto faccia parte di questo trapasso epocale.
Il libro è un piccolo manuale d’uso dell’età contemporanea senza pretese accademiche, basato sulle esperienze dell’autore, che vanno dal giornalismo al romanzo, passando per gli itinerari geografici, le ricerche sul campo e le letture.
Le nuove tecnologie, il loro impatto nella vita quotidiana, i lati oscuri dell’attualità, il narcotraffico, derivato al culto della droga e dall’ondata psichedelica degli anni ’60: la civiltà avanzata non trova più un baricentro. L’informazione di massa diventa rumore confuso o gossip, il pensiero colto si nasconde.
Il terzo millennio accorpa problemi irrisolti sul piano etico, politico, sociale e scientifico. La ferocia della guerra viene riverberata dai media. La moralità delle amministrazioni pubbliche è sotto inchiesta dovunque. La coscienza civile non attecchisce tra i nuovi barbari. Il sapere scientifico non scopre nemmeno il rimedio per il raffreddore, al punto che forse la scienza deve ancora cominciare.
La percezione del futuro passa unicamente per i clamori elettronici e si ripropone uno scenario che James Joyce applicava a tutti i tempi nel celebre motto dell’Ulisse scelto per epigrafe: «La Storia è un incubo dal quale cerco di risvegliarmi».
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Modelli economico-patrimoniali per la contabilità e il bilancio delle università
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Il testo tratta l’evoluzione dei modelli contabili delle università italiane. Tale evoluzione è caratterizzata da un processo di transizione da un sistema di contabilità finanziaria ad un sistema di contabilità economico patrimoniale. Da un punto di vista operativo tale processo è giunto a compimento dopo cinque anni dall’entrata in vigore della legge n. 240/2010 (c.d. legge Gelmini). A partire dall’esercizio finanziario 2015 infatti tutte le università devono registrare gli eventi gestionali in contabilità economico-patrimoniale, aderendo ai principi contabili stabiliti dal legislatore (DI n. 18/2012 e al DM n.19/2014). Tale transizione permette la piena attuazione di quanto previsto dall’farticolo 5 della legge Gelmini, secondo il quale i bilanci degli atenei seguono regole uniformi e standardizzate, che ne favoriscono la comparabilità.
Il passaggio dalla contabilità finanziaria alla contabilità economico-patrimoniale pone problematiche di ordine tecnico, culturale e organizzativo. L’obiettivo di questo lavoro, alla luce di tali premesse, è di effettuare un’analisi in chiave critica del passaggio dalla contabilità finanziaria alla contabilità economico – patrimoniale e dei potenziali impatti che tale passaggio ha avuto sugli atenei. In seguito ulteriore precisazione viene espletata attraverso l’analisi di un caso studio che concerne l’implementazione della contabilità economico patrimoniale nell’Università della Calabria.
Nera di calabria
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Non ho mai visto uomini che sappiano dormire come dorme il comandante Scorza. Io, e come me, credo, i due terzi dell’umanità, impiego un certo tempo a prender sonno, dieci, quindici minuti, a seconda, ma una volta addormentato filo via le mie otto ore di paradiso ininterrotte, qualora non intervenga a svegliarmi una forza estranea. Lui no. Posa la testa sull’orologiere, lì, sotto le stelle, un attimo, dorme. Dopo mezz’ora s’alza. Chi l’ha svegliato? Nessuno. Prende il telefonino da campo, chiama. Fortino Abruzzo, fortino Pasubio. Novità? Nessuna. Posa ancora la testa, un attimo, dorme. Questa faccenda si ripete, in una notte, tre, quattro volte. Quando non accada che prenda il suo lungo bastone abissino, si ficchi un testa la bustina, e vada solitario ad ispezionarsi tutta la linea come aperitivo per il prossimo sonno. Le sentinelle lo vedono apparire come un fantasma nelle ore più impensate, persino nei posti davanti le linee: un fantasma buono che spesso inarca gli occhi imperiosi al sorriso. Tanto che tra i legionari corre la leggenda che il comandante non dorma mai.
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Non solo ferramonti
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Il presente lavoro riguarda gli ebrei internati nei comuni della provincia di Cosenza e tenta di mettere in evidenza come nel microcosmo locale possano cogliersi non solo le connessioni con l’ambiente storico di fondo (nazionale, europeo, ecc.), ma anche quegli aspetti umani e sociali che soprattutto nei momenti difficili caratterizzano i comportamenti, gli atteggiamenti, l’indole delle popolazioni.
Nuovi studi sulla Regia di Roma
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The American Academy in Rome excavations in the Regia, carried out by
Frank Brown in 1964-65, were some of the most important American excavations
in Italy in the post-war period. Not only was a major site in the Roman
forum subjected to scientific scrutiny, but it was done so with an arsenal of
tools cutting edge for their time – radiocarbon dating, osteological analysis
and a stratigraphic recording system in which every context and object was
recorded in minute detail
Oro e sangue nelle battaglie: Lepanto 7 ottobre 1571
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Tropea (VV) 7 Ottobre 2021: la città commemora il 450° anniversario della battaglia di Lepanto, combattutasi il 7 Ottobre 1571. Si scontrano l’Armata navale della Lega Santa, fortemente voluta da Papa Pio V e che vede unite le flotte di Spagna, Venezia, Genova, Stato Pontificio e i Cavalieri di Malta guidate da Don Giovanni d’Austria (figlio di Carlo V) e quella dell’Impero Ottomano, guidata da Alì Pascià. Lo scontro è terribile e feroce: le due Armate nemiche hanno comandanti coraggiosi ed esperti, equipaggi e truppe ben addestrati e motivati sia sul piano politico e militare che sul piano religioso. Vinse l’Armata navale cristiana. Il mare di Lepanto si colorò di rosso per il sangue sparso da vinti e vincitori e decine di galee vennero affondate e bruciate in combattimento dall’una e dall’altra parte. La lotta fu spietata e l’Armata cristiana uccise i naufraghi anche a vittoria acquisita, massacrandoli senza pietà. La vittoria bloccò l’avanzata ottomana nel Mediterraneo occidentale e garantì agli Stati Cristiani l’agognata sicurezza militare. Alla battaglia parteciparono tre galee di volontari partiti da Tropea. Alcuni dei volontari caddero in combattimento. È per ricordare il loro sacrificio e il loro contributo alla vittoria che la città di Tropea ha organizzato la celebrazione del 450° anniversario della battaglia. Durante la cerimonia Saverio Di Bella, storico, ha reso noto il ritrovamento della Relazione che Don Giovanni d’Austria stilò sulla battaglia per il Re Filippo II. È importante cogliere lo spirito della battaglia di Lepanto considerato che ogni battaglia decisiva ha una propria anima, cupa e splendida, tenebrosa e limpida, fascinosa e infernale. Un groviglio di sentimenti, ragioni, interessi contraddittori che illude, affascina, sconcerta per gli abissi che apre sulla vita e la morte quando la causa per cui si combatte è ritenuta degna, giusta e doverosa.
Parenti
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Questo è un libro particolare. Non narra la storia di Parenti, ma la ripercorre quasi ricreandola, attraverso i luoghi della memoria in cui essa è oggettivata. Per questo, esso somiglia molto ad un faldone di archivio pieno non di carte, ma di eventi, di passioni, di lotte, di personaggi, di drammi che hanno attraversato “il secolo breve”, non solo a Parenti, ma in tutta Italia. Questo libro è uno spaccato di storia viva, attraverso il quale le generazioni del passato parlano alle generazioni del presente in un rapporto di continuità con una “rivoluzione” che non fu una disgregazione, ma, un salto di qualità, una piantagione fertile di nuove forme e stili di vita personali e collettivi. Questa storia, perciò, non mi resta esterna e archiviata, ne porto, infatti le stigmate vive. La sento come la mia storia. In queste pagine ritrovo l’ethos che mi ha educato e la forza del radicamento in un popolo, quello parentese, fiero e battagliero quanto operoso e solerte, soprattutto, geloso della libertà e della fede dei padri. Il libro che ho in mano, con le sue vicende passate, mi fa sentire accompagnato, nel presente, dallo stesso popolo che mi ha generato. (Mons. Vincenzo Filice)
Patriottismo e libertà
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Partendo dall’analisi dell’Elogio di Antonio Serra di Francesco Salfi (1802), Luca Addante ne ricostruisce il contesto storico e le radici politiche e culturali. In un’indagine condotta sia sul tempo breve sia sulla lunga durata, l’autore rivela come l’apparente omaggio a uno dei fondatori dell’Economia politica fosse in realtà espressione di quel mondo segreto del dissenso dal quale fiorì la Carboneria. Dissimulando i suoi reali intenti, Salfi avanzava tra le righe propositi eversivi, mirando all’unificazione dell’Italia in uno Stato democratico, libero e repubblicano, progetto da egli perseguito sin dagli anni della Rivoluzione francese. Il tentativo di incitare all’azione rivoluzionaria si legava a quello di tracciare un’identità italiana, obiettivi comuni alla stamperia che aveva edito l’Elogio, vera e propria centrale cospirativa dalla quale uscirono opere come il Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli di Vincenzo Cuoco e alcuni Discorsi di Maximilien Robespierre. Già in quel primo Ottocento Salfi e gli esponenti più avanzati del movimento patriottico rivelavano coscienza di quanto fosse necessario, per fare l’Italia, “fare gli Italiani”, proponendo una cultura nazionale che s’alimentava anche di succhi cosmopolitici e locali. Con lo sguardo rivolto all’Europa, Salfi rielaborava in chiave risorgimentale una lunga tradizione patriottica, libertaria e democratica, che Addante ricostruisce in una genealogia che risale da Gaetano Filangieri ad Antonio Genovesi, da Pietro Giannone alla rivoluzione napoletana del 1647-48, fino a Tommaso Campanella che è uno dei protagonisti del volume. Una tradizione che maturò lungo i secoli dell’Età moderna fondandosi anche su un mito, d’ispirazione libertaria e patriottica, che vedeva in Pitagora e Telesio i suoi principali alfieri. Completa il testo l’edizione dell’Elogio di Antonio Serra, da tempo pressoché introvabile sia sul mercato sia nelle biblioteche.
Per il 1° Maggio
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I primi passi in letteratura
Edmondo De Amicis (Imperia-Oneglia, 21 ottobre
1846 – Bordighera, 11 marzo 1908) li muove al ritmo
della fanfara militare e, infatti, scrive e pubblica su
L’Italia militare, organo del ministero della guerra, un
buon numero di bozzetti, sorgenti dalla sua
partecipazione alla guerra risorgimentale. Saranno editi
in volume autonomo nel 1868 per i tipi di Treves,
Milano, sotto il titolo La vita militare. Non vi ribollono
i selvaggi spiriti bellicosi. É al rinsaldamento dell’unità
d’Italia, vista come un valore assoluto, che Edmondo
De Amicis indirizza la sua parola intenzionata. Sotto
questo profilo, il “libro rispondeva bene alle necessità
della situazione postunitaria, col suo tardivo spirito
risorgimentale contrapposto ad ogni richiesta di
Realpolitik, ed incontrava le simpatie di una larga
cerchia di lettori di gusti semplici e ideologicamente
fermi al vecchio credo unitario”1.
Questioni di storia della Calabria
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Questo volume non vuole essere una ennesima Storia della Calabria ma un’indagine sul carattere o sui caratteri esistenziali che, dalla Preistoria ai giorni nostri, essa ha dovuto o saputo esprimere e sul modo che la storiografia più avveduta ha saputo proporli ai lettori del nostro tempo. Il volume ha avuto una lunga gestazione, anche nel titolo, nell’intento di renderlo fruibile anche a un pubblico che generalmente non si appassiona all’indagine sul passato. Proprio per questo è essenziale che sia chiaro al lettore che il termine “questione”, non indica affatto, come è abusata consuetudine, un valore pregiudizialmente negativo, ma riprende semplicemente la sua matrice latina “quaestio”, cioè “ricerca”, che è l’unico valore che giustifica qualunque indagine con qualche pretesa scientifica che abbia come finalità un atto di conoscenza.
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