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Un volume di studi dedicati a un amico e collega nel momento in cui si accinge ad andare in pensione, non costituisce solo un omaggio affettuoso e una testimonianza di stima e considerazione per quanto ha fatto, serve anche ad esorcizzare il tempo che è inesorabilmente trascorso, ad illudersi che chi svolge un lavoro intellettuale può sempre continuare a farlo indipendentemente dai limiti di età. Ciò è vero se si conservano lo spirito iniziale, l’interesse e le forze, se queste continuano a sostenerti e non siano venute meno.
Questa monografia prosegue solo in parte – negli ultimi capitoli – quella sulla Legazia Apostolica con la quale, a soli ventiquattro anni, Catalano aveva brillantemente esordito sul piano scientifico dando prova dei suoi interessi storici che anticipavano quelli giuridici (libertà religiosa, problematica dei concordati, art. 7 Cost. etc.) di poco successivi. Sono studi ai quali Catalano resterà legato per tutta la vita (la Legazia verrà ristampata nel 1973, unitamente ad un articolo sulle sue origini – 1088-1178 ) e che continuerà a coltivare.
Il volume del 1954-55 è pubblicato negli Atti dell’Accademia di Scienze Lettere ed Arti di Palermo, città dove Catalano, dopo un breve periodo catanese, inizierà il proprio insegnamento, prima come incaricato di Esegesi delle fonti del diritto italiano e poi, come ordinario di diritto ecclesiastico, per oltre un trentennio, prima di concludere la sua carriera alla Sapienza in Roma. A Palermo lo aveva voluto il Prof. Camillo Giardina, del quale Catalano era stato discepolo a Messina, che aveva costituito anche il tramite per questa pubblicazione, dal momento che gli Studi pubblicati dall’Accademia dovevano essere presentati da un Socio.
Catalano aveva ampliato di molto le sue ricerche recandosi in Spagna, per consultare l’Archivio generale di Simancas, l’Archivio storico-nazionale e i fondi della biblioteca nazionale di Madrid, oltre a quelli delle biblioteche di Messina e di Palermo e l’Archivio Vaticano, per cui riteneva che meritassero una considerazione ancora maggiore di quella riservata alla Legazia Apostolica, edita nella Collana della Facoltà di Giurisprudenza di Catania. Non fu così per diverse ragioni. Da un lato lo studio aveva avuto una scarsa diffusione, dal momento che era difficile rinvenire gli Atti di un’Accademia di Storia Patria, come quella di Palermo, che si interessava prevalentemente di storia della Sicilia; in secondo luogo il lavoro era pieno di refusi tipografici al punto che fu necessario aggiungere un lungo elenco di errata-corrige; ma soprattutto perché sembrò che Catalano volesse solo proseguire i suoi studi sulla Legazia che potevano considerarsi ben definiti nonostante avessero trattato delle ultime vicende e, in particolare, della controversia liparitana.
Catalano se ne curava poco. Riteneva che la vita e la fortuna di un libro fosse indipendente dal luogo e dai tipi di edizione; che gli errori tipografici, incontestabili, avrebbero potuto essere corretti in una seconda edizione; e che quanto aveva fatto, sia per le ulteriori ricerche compiute che per la diversità dell’argomento – poiché quest’ultimo riguardava le controversie giurisdizionali tra Filippo II e Gregorio XIII anche nei domini italiani del Re spagnolo diversi dalla Sicilia come Milano e Napoli – meritasse una diversa attenzione. Aveva sicuramente ragione sul piano scientifico come prova il fatto stesso che uno dei suoi allievi più giovani, Fabio Vecchi, abbia trattato recentemente tali tipi di controversie con riferimento al Portogallo in un volume di oltre seicentocinquanta pagine.
Se c’è un insegnamento di Catalano del quale noi allievi abbiamo fatto tesoro è che il diritto – in particolare il diritto ecclesiastico – non è una mera costruzione logica ma trae la sua linfa vitale dalle vicende storiche. La verifica quindi è duplice, normativa e storica, e questo rende quasi impossibile un’erronea valutazione perché ciò che non convince sul piano giuridico non può trovare riscontro su quello storico, e quanto non si comprende su quello storico non può trovare giustificazione su quello giuridico.
Non è stato l’unico insegnamento di Catalano, che guardava tutto con un distacco – certamente storico – che gli consentiva un giudizio più equanime. Catalano è sempre stato compreso più dagli storici che dai giuristi, nonostante fosse capace di finissime analisi in tal campo, che però forse gli interessavano meno perché le considerava frutto solo di capacità logiche ma non sempre vicine alla realtà.
Non aggiungo altro a quanto può trarsi dalla stessa introduzione di Catalano o da un’analisi di tipo storiografico, anche per non togliere a chi volesse leggere il lavoro il gusto della scoperta, come lui avrebbe desiderato. Pur non essendo un liberale Catalano è stato un uomo libero nei giudizi e nella vita non volendo nulla per sè. Ed è questa astrattezza e questo distacco, che mai più ho ritrovato, a mancarmi della sua persona.
A cura di Mario Tedeschi
(Ristampa anastatica)
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Anno di pubblicazione | 2011 |
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ISBN | 978-88-8101-788-1 |
Numero Pagine | 408 |
Collana | Diritto & Religione |
Formato | Cartaceo, Ebook (formato pdf) |
Autore |
Tedeschi Mario |
Collane |
Diritto e Religioni |
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