Emergenza educativa e la scuola del terzo millennio

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Nella società della globalizzazione, della conoscenza pervasiva, del rischio esistenziale sembra che la scuola abbia perso di senso e di significato. Da luogo deputato alla trasmissione dei saperi e alla formazione delle giovani generazioni si ha l’impressione, come rileva Giancarlo Cerini, che la scuola si sia trasformata in un “non luogo” e che il suo compito sia stato svilito e depauperato da ogni valore riducendosi a quello di “contenere i ragazzi e di fare passare loro il tempo della crescita possibilmente senza incidenti o danni”.Viviamo tempi difficili, di disorientamento, di grande insicurezza e la scuola è diventata la cartina al tornasole di questo stato emergenziale.È proprio partendo da questa riflessione, condivisa, che la dirigente scolastica e un gruppo di docenti dell’Istituto Comprensivo Mangone Grimaldi, hanno avvertito l’esigenza di condurre uno studio approfondito che si è tradotto nel presente lavoro.Una riflessione corale che parte dalla ricerca delle cause e dei processi che hanno determinato l’emergenza educativa, che analizza gli scenari ed i cambiamenti, che socializza interventi e probabili soluzioni.Un lavoro di chi opera nella scuola e crede ancora e fortemente nell’immenso valore della scuola.

16,00

Empatia della comunicazione non verbale

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L’empatia è quel particolare “senso” della comunicazione, paragonabile all’olfatto, che ci consente di leggere i sentimenti e le emozioni altrui.
La comunicazione rappresenta un canale privilegiato e imprescindibile all’interno delle relazioni umane.
Continuamente, infatti, ogni individuo compie dei gesti, ha dei comportamenti o esegue delle azioni che, in maniera più o meno cosciente, esprimono un significato e trasmettono informazioni ben precise, come lo stato d’animo, i gusti personali, i valori o la cultura d’appartenenza.
Il presente saggio approfondisce, tramite un’analisi estremamente puntuale, l’argomento dell’empatia e delle sue principali funzioni nell’ambito della comunicazione, in particolar modo di quella non verbale.
L’autore avvalora inoltre le sue tesi servendosi di studi condotti da specialisti del settore e giovandosi dell’apporto di altre discipline, come l’antropologia e la medicina.
Con un linguaggio specifico, ma nello stesso tempo di facile approccio anche per il lettore inesperto, approfondisce e mette a confronto attraverso un’analisi molto acuta due tipi di empatia: quella cognitiva e quella emotiva.

6,9913,00
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Epochè

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Gisella Florio, in questo suo nuovo lavoro, ha risposto compiutamente all’interrogativo se sia possibile dar voce al silenzio senza che la presenza, o meglio, l’intrusione dell’autore, resti impigliata nell’ordito della narrazione. È tanta la sua perizia e la padronanza della materia che tratta che ci riesce benissimo. Ovviamente conosce bene il mondo di cui parla e dal quale trae le protagoniste delle singole storie. Ma non le giudica. Sospende il Giudizio, anche per non far torto al lettore. Il mondo, vario e difforme in cui si muove e che esplora senza lasciarsi coinvolgere, rimanendo ai fatti ed alle loro implicazioni, ha sicuramente un fondo spesso contorto e provvisorio, almeno ad una prima evidenza. Ma chi sa leggere nel guazzabuglio dell’animo umano delle persone segnate da problemi psichiatrici, riesce a dipanare l’intera materia ed a venire a capo dell’ordito. Gisella Florio lo fa bene. Conosce la materia e le mille e più sfaccettature dell’animo umano. Ciò le consente – come ben dice – di edulcorare una realtà di emarginazione, che si esprime in modo indicibile. Ma è proprio da questa informe palude, priva di senso, completamente in balìa di un persistente turbamento psichico, che l’autrice riuscirà a mettere in luce la bellezza delle varie storie, scoprendo l’esistenza di una “vita altra”. È del tutto evidente – e l’autrice lo dice – che soccorre la necessità di mettersi nelle condizioni di ascolto adeguate alla bisogna, cosicché sia possibile dal particulare ascendere all’universale. Ma – per il lettore – sarà necessario dismettere i panni del perbenismo.

Pietro Rizzo, scrittore

15,00

Eppure succede

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Questa raccolta di racconti di Grazia Fasanella sono pervasi da uno spirito di positività, che si fonda su un forte credo religioso e su solidi principi morali. Hanno una notevole valenza educativa e morale, inducono a riflettere, a soppesare e dar valore alle piccole, grandi cose della vita, che spesso ogni individuo ignora, preso dalla frenesia e dalle distorsioni percettive dettate dai ritmi stressanti degli impegni quotidiani o dei falsi miti.
Maria Rita Parsi

Benvenuti nel mondo magico di Grace, quello dove tutto succede come per incanto, per magia, segni o coincidenze, chiamatele come volete. Ma di fatto la vita di Grace, la regina delle favole (al secolo Grazia Fasanella) è costellata di episodi per chiunque incredibili. A lei accadono, e forse a tutti noi, solo che non ce ne accorgiamo, li liquidiamo in fretta come “strani, particolari” e andiamo oltre. Lei no, lei sa cogliere i segni e li traduce con dolcezza e poesia in fiabe incantate, che fanno innamorare grandi e piccini.
Barbara Pavarotti

Un bel dono per tutti noi questo libro di Grazia Fasanella.
Un regalo delicato e, contemporaneamente profondo, che ci sollecita a essere migliori e a sapere intravedere nella vita di tutti i giorni i segni del destino. Un destino benevolo che ci supporta nei momenti di solitudine e avversità, ci ricorda che il bene vince sempre e che bisogna sempre credere, con convinzione, nel lieto fine.
Mariella Chiappetta

… Sì, vorrei queste piccole sfere luminose, che, come le stelle per i marinai, mi dicessero dove andare ogni volta che mi sento perso nella notte oscura. Sarebbe bello, poi leggo queste storie che Grazia dona al mondo con coraggio e mi accorgo che la cosa ancor più meravigliosa è che la nostra vita è davvero piena di Lucciole.
Davide Raia

 

7,9914,00
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Segnaposto

Eroi di casa Vitelli

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Il passato, brutto o buono che sia, condiziona sempre le nostre azioni. Questo vale soprattutto per la violenza, che produce effetti devastanti nel momento in cui una persona la subisce e condiziona inevitabilmente il suo presente e il suo futuro.
Parlare di questi argomenti è importante.
Il libro racconta infatti un’esperienza di violenza domestica e mostra le profonde ferite che ne conseguono. Dunque queste pagine vogliono dar voce al dolore, spesso taciuto o nascosto, di tutte le donne che vivono situazioni simili, nel tentativo di sollecitare una presa di coscienza diffusa intorno al fenomeno, e di alimentare pratiche concrete orientate alla prevenzione.
Per l’autrice il passaggio attraverso la violenza e la sua faticosa rielaborazione hanno rappresentato anche l’occasione per scoprire una dimensione di impegno militante, per cui di recente ha promosso la fondazione dell’Associazione Camerunese di Lotta contro le Violenze sulle Donne (ACLVF).

10,00

Estetiche della verità

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Se dovessimo individuare una parola chiave per descrivere il presente, verità sarebbe una candidata molto quotata. Assistiamo oggi a un’indiscutibile fascinazione per la verità: escono ogni giorno accorati appelli per ritrovare una verità delle parole, nonché una continua rincorsa a esibire una verità dei gesti e dei sentimenti, dei comportamenti e dei pensieri. Ma come mai in un’epoca definita “post-veritiera” l’influenza del termine verità è ancora così forte?
Questo libro analizza alcune immagini che hanno a che fare con la verità, quelle che si sono conformate alla sua presunta immediatezza – a partire dai reality show e dai social network, i grandi dispositivi confessionali di oggi – e soprattutto quelle che l’hanno affrontata in termini critici. Michel Foucault, Pier Paolo Pasolini ed Elio Petri sono le figure principali di questo libro: a loro si devono le riflessioni più significative sulla relazione tra potere e verità, elaborate – sorprendentemente – quasi in contemporanea. Tra la fine del 1975 e l’inizio del 1976, infatti, mentre il pensiero di Foucault conosceva una svolta significativa con La volontà di sapere, Pasolini e Petri realizzavano Salò o le 120 giornate di Sodoma e Todo modo: due film maledetti, censurati e rimossi, che mettevano in scena una spietata analisi delle due facce di questa relazione, divisa tra repressione totalitaria e cura pastorale.
Dialogando ampiamente con filoni di studio consolidati e ricerche pregresse, il libro propone un confronto tra queste tre figure all’incrocio tra cinema e filosofia, per esplorare poi come le riflessioni da loro sviluppate con immagini e parole rivelino un’attualità decisiva all’interno di molte questioni del presente e aprano nuovi percorsi di interpretazione. È dunque un libro su questi tre autori, su due film cruciali come Salò e su Todo modo, ma anche sul carattere particolare del cinema italiano nella rappresentazione del potere e, più in generale, sull’utilità della teoria del cinema per affrontare concetti e problemi centrali nel dibattito contemporaneo. Un volume rivolto a pubblici differenti, dagli studiosi e appassionati di cinema a quelli di filosofia critica, che intreccia un approccio specialistico e dettagliato con un’apertura prospettica più generale sull’efficacia delle immagini nel dare forma al presente e alla nostra relazione con il mondo.

 

9,9918,00
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Ettore Loizzo Confessioni di un Gran Maestro

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Ettore Loizzo è stato Gran Maestro aggiunto del GOI, durante la seconda Gran Maestranza di Armando Corona. “Un massone a tutto tondo”, lo definisce Stefano Bisi, attuale Gran Maestro della più importante e numerosa Comunione massonica italiana, presentando il libro-intervista che Loizzo ha scritto con il giornalista Francesco Kostner. Una testimonianza che mette in luce “le mille sfaccettature di un pensiero per tanti aspetti più attuale e fresco che mai”: il lascito di un massone che ha scritto “una delle pagine belle della storia del Grande Oriente d’Italia”.

L’esperienza di Loizzo è intrisa di amore per l’Istituzione in cui ha militato sessantasei anni, ma anche di coraggio e determinazione. Qualità che dimostrò in molte circostanze, in modo particolare agli inizi degli anni ’90, dopo le dimissioni del Gran Maestro Giuliano Di Bernardo e l’inchiesta del procuratore di Palmi Agostino Cordova, guidando il GOI fuori dalla tempesta che l’aveva travolto.

Un libro ricco di aneddoti e rivelazioni dal quale traspare lo spessore culturale di un indiscusso protagonista della Massoneria italiana.

 

7,9915,00
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Explicit

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Il finale di un romanzo costituisce, come sappiamo, la completezza e l’integrità della trama appena esposta, l’ultimo atto dei personaggi rappresentati e delle vicende descritte, ma anche, sicuramente, il congedo dell’autore dalla sua opera giunta a maturazione, il suo distacco dalla scrittura, che diventa così un veicolo di idee e immagini fissate nel tempo. A questo punto il romanzo è finito, risolto, conchiuso; il sigillo spaziale impresso dall’autore al flusso della scrittura lo rende autonomo, isolato, a sé stante come una statua colata in bronzo. Ma siamo davvero sicuri che il finale di un romanzo, la conclusione delle peripezie attraversate dai personaggi e, in conseguenza, l’affidamento definitivo del testo alla riflessione del lettore, sia proprio – dopo la chiusura diegetica della storia in questione – l’ultimo atto vitale di quella scrittura? Ora è su questo rapporto, sempre problematico e mai veramente esplorato, fra l’opera ormai autonoma nel campo letterario e l’esperienza fruitiva del pubblico, fra la chiusura e l’apertura del testo, che si appunta l’attenta analisi critica di Bruno Traversetti il quale, nella disamina di un centinaio di romanzi italiani e stranieri ci mostra qui la vasta gamma delle soluzioni stilistiche e formali del rispettivo finale. La conclusione della storia narrata di un romanzo può essere, come si vedrà, sentimentale o drammatica, ironica o problematica, tenera o dura, ciò non soltanto per coerenza diegetica ma per motivi a volte estranei alla consistenza e direzione argomentativa del testo. La chiusura del testo romanzesco non può quindi venir catalogata generalmente come fine della fabula, perché pur dipendendo dalla sua spinta narrativa deve ottemperare alle norme di un genere letterario, alle regole della scrittura e anche alle estrosità dello scrittore. Se solo guardiamo al problema apparentemente più semplice dello stile dei finali, quello del “lieto fine”, rimarremo stupiti nel riscontrare la varietà e complessità della sua esternazione che – come ci illustra Traversetti con abbondanza di esempi – va dal celebre Pamela, o il trionfo della virtù (1740) di Samuel Richardson agli innumerevoli romanzetti delle edizioni Harmony e Harlequin-Mondadori. All’interno di questo modello di chiusura narrativo, disposto alla felicità e alla buona creanza, passano tendenze e valori assai diversi e anche opposti che toccano la bontà e la dolcezza dell’idillio o la furbizia e l’ipocrisia dell’intrigo. Il finale romanzesco non è affatto libero dalla struttura lessicale del genere letterario cui appartiene. Se il romanzo rosa, quello del “lieto fine”, ha un quadro consistente di possibilità stilistiche, allo stesso modo ogni genere letterario – avventuroso, esotico, gotico, poliziesco, fantascientifico – possiede regole, strutture e tendenze proprie. Traversetti ci introduce nel variegato mondo dei generi letterari mostrandoci come il finale romanzesco si chiuda o si apra su soluzioni emotive o razionali corrispondenti alla mira narrativa e alla sensibilità dello scrittore. Il roman populaire, ad esempio, è costruito su trame e strutture troppo evidenti e incalzanti per consentire finali eccentrici o inaspettati. Quanto alla letteratura senza genere, cioè alla letteratura “alta” dove coesistono capolavori e cianfrusaglie, il problema del finale romanzesco si configura anch’esso legato alla struttura lessicale del testo e alle scelte narrative dell’autore. Balzac, Manzoni, Dickens, Dostojewsky, Flaubert, Gogol, Pirandello, Joyce, Kafka, Borges, insieme ai contemporanei Gadda, Robbe-Grillet, Calvino e altri, vengono tutti interpretati alla luce dell’apertura o chiusura del finale di qualità, autentica prova d’esame del ritmo, del colore e della energia espressiva della scrittura letteraria. Traversetti inserisce nel percorso di questa ricerca e a suo fondamento critico una valida, precisa scala triadica del finale in questione: a) chiuso, b) provvisorio, c) aperto. Se con il primo gradino per decisione dell’autore si tagliano definitivamente i ponti con la storia narrata, con il secondo l’autore, indeciso o per gioco, concede qualche opportunità di rielaborazione della trama al lettore, il quale nel terzo gradino ottiene la piena facoltà di entrare personalmente nella storia per verificarne e comprenderne meglio lo sviluppo narrativo. I finali violenti, di pura sfida esistenziale, dei romanzi di Balzac, quelli densi, pacati di Flaubert, quelli pieni di speranza di Dickens e quelli crudeli di Kafka, i finali prevedibili di Maugham e quelli bizzarri di Pirandello, indicano senza dubbio la tenuta organica dei loro testi e il gioco di fantasia dei loro autori. Così attraverso i rispettivi finali, in uno spazio-tempo curiosamente rovesciato, troviamo che alla comicità eccentrica, buffonesco di Sterne è assai più vicino l’umore clownesco di Palazzeschi, un italiano del Novecento, che l’humor misurato e maligno di Fielding, suo connazionale e contemporaneo. È lungo questa prospettiva triadica del finale romanzesco che Traversetti ci coinvolge in un nuovo ordine ermeneutico del testo letterario. La ricchezza di notazioni culturali, sociali, tecniche fornite attorno agli scrittori qui esaminati e alle loro opere mentre ci offre un quadro storico composito dell’Europa letteraria assicura alla prospettiva triadica dei finali romanzeschi un valore epistemico e un ruolo categoriale rilevante nell’ambito dell’analisi testuale. Osservare dal basso – per così dire dalla coda – i testi letterari e i loro profili diegetici non intende certo ridurre la potenza d’immaginazione espressa nell’atto di parola, ma consente anzi di veder concentrata quella stessa potenza creativa nel segmento diegetico più breve e immediato, quello finale appunto, conferendo a tutta l’operazione il titolo di legittimazione di un nuovo piano di ricerca. Bruno Traversetti non è nuovo per questo tipo di scandagli letterari portati avanti con passione e acribia scientifica. Proprio in parallelo, in confronto speculare con questo problema qui affrontato del finale romanzesco, è un suo importante saggio critico: Incipit. Le tecniche dell’esordio nel romanzo europeo, E.R.I., Roma 1988. In tal modo dall’incipit all’explicit, dalla “testa” alla “coda” del romanzo europeo, Traversetti può ben indicarci, nella sua scrittura fluida e chiara, che la forma di comunicazione letteraria è sempre proposta con forza all’inizio dell’opera e condensata poi in strategie razionali o ludiche alla sua fine, rilevando così la latente potenza creativa di ogni valido testo narrativo. Romolo Runcini

 

15,00
Segnaposto

Facce di bronzo

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Noi Italiani leggiamo poco. Di questi tempi si privilegia, al gravoso libro d’informazione, la sintesi mediatica e, se proprio invevitabile, si scorre limitatamente il best seller di ampia diffusione. Le stesse case editrici, per gran parte hanno modificato – nel corso degli anni – il cerimoniale d’honneur che, fino al termine degli anni ‘70, si rispettava con gli autori. Non più ricercati, corteggiati, ospitati: trattati,in qualità di espressione mercantile. Tanto accade. Esistono scrittori di varie fogge. I più produttivi (tra i quali svetta, a modello, il Vespa Bruno) rappresentano afflitto ologramma dell’apparecchio televisivo, con sequenze, pause (e quanto prima, forse, spazi pubblicitari) peculiari del ragguaglio satellitare. La divisione infeconda – alla quale mi sento di appartenere – dei costruttori di parole che scrivono per comunicare, persegue scopi divergenti dall’esibizione “costumata” delle proprie trattazioni. Elabora per necessità. Nel senso latino. Il bisogno di narrare, di tracciare memoria stabile, riveste pertanto carattere d’esigenza e, a volte, urgenza. È probabilmente questo il basamento che ha permesso a tale operetta di vedere la luce. Il lettore è qui invitato a divenire autonomo produttore. Ciò succederà con automatismo, poiché lo stesso è stimolato dalla vetrina probante offerta nell’interezza del corpus archiviale.

20,00

Fata Morgana 44 – Finzione

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Il numero 44  di “Fata Morgana” è dedicato al tema della Finzione. Il numero si apre con una conversazione, a cura di Luca Bandirali e Pietro Masciullo, con il grande regista francese Olivier Assayas, autori di film quali L’eau froide, Irma Vep, Qualcosa nell’aria e dei più recenti Sils Maria, Personal Shopper, Wasp Network e di una serie come Carlos, che hanno al centro il rapporto tra messa in scena e verità anche in rapporto al nostro universo mediale. All’interno del volume si trovano poi saggi che declinano il tema in rapporto ad autori e film importanti della classicità e della contemporaneità: da Ingmar Bergman a Michael Haneke, da Jacques Demy ad Alfonso Cuarón, da Orson Welles a Hong Sang-soo.

9,9918,00
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Fata Morgana 45 – Paesaggio

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Il numero 45 di “Fata Morgana” è dedicato al tema del Paesaggio. Il numero si apre con una conversazione con il regista Michelangelo Frammartino, a cura di Daniele Dottorini. Il cinema di Frammartino è anche al centro del saggio di Roberto De Gaetano contenuto nel volume, che insieme ad altri contributi articolano il tema del paesaggio in rapporto ad autori e film diversi: da Vittorio De Seta a Luigi Di Gianni, da Agnès Varda a Luigi Ghirri e Gianni Celati, da Frantic di Roman Polanski a Verso il sole di Michael Cimino a Quo vado? di Checco Zalone.

9,9918,00
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Fata Morgana 46 – Biografico

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Il numero 46 di “Fata Morgana” è dedicato al tema del Biografico. Il numero si apre con una conversazione con la regista Susanna Nicchiarelli, a cura di Roberto De Gaetano. La recente proliferazione di opere di carattere biografico ha mostrato come raccontare la vita sia un’esigenza trasversale alle culture e alle forme di espressione, cinema e letteratura su tutte. Questo numero ne dà conto declinando il tema attraverso prospettive, autori e cinematografie diverse: dal cinema italiano contemporaneo ai biopic musicali americani alla fotografia a un film come American Sniper di Clint Eastwood.

9,9918,00
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Fata morgana 48 – Rete

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Il numero 48 di “Fata Morgana” è dedicato al tema “Rete”. Il numero si apre con una conversazione con il filosofo Pietro Montani, a cura di Angela Maiello.
Nata alla fine degli anni Sessanta come strumento per l’intelligence militare, la Rete è diventata il dispositivo attraverso cui si sono ridefiniti gli spazi pubblici e privati, la velocità e i modi di trasmissione delle informazioni, le modalità di produzione e circolazione del sapere, trasformando radicalmente non soltanto l’ambito della comunicazione ma le forme stesse dell’esperienza. Dinanzi a questa innovazione tecnologica e alle sue conseguenze, molteplici sono stati gli sforzi, creativi e riflessivi, per pensare il nuovo mondo e progettarne le forme di vita.
All’interno del volume si trovano saggi che indagano il tema secondo prospettive, autori e opere diverse: dal rapporto tra rete e movimenti di protesta (quella iraniana, per esempio) a una serie televisiva come Black Mirror al recente film di Steven Soderbergh, Kimi.

 

9,9918,00
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Fata morgana 49 – Corpo

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Il numero 49 di “Fata Morgana” è dedicato al tema “Corpo”. Il numero si apre con una conversazione con due artisti di cinema, teatro e televisione Antonio Rezza e Flavia Mastrella, a cura di Alessia Cervini e Andrea Inzerillo.
Il cinema, così come altre arti visive, è partito dalla rappresentazione del corpo per riflettere sull’identità personale e su quella della rappresentazione, sulla dimensione performativa e politica della sessualità maschile e femminile, nonché sui regimi della corporeità spettatoriale (a partire da quello “immersivo”). Su queste e altre riflessioni sul tema in oggetto, all’interno del volume si trovano saggi che indagano il Corpo secondo prospettive, autori e opere diverse: dal corpo in Pier Paolo Pasolini a quello degli eroi della Marvel, dalla riflessione su una cineasta della modernità come Agnès Varda a quella di Brian Yuzna e Ulrich Seidl.

 

 

 

 

 

9,9918,00
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Fata morgana 50 – Estremo oriente

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Il n. 50 di Fata Morgana è un numero speciale dedicato a una delle cinematografie più influenti della cinematografia mondiale, quella dell’Estremo Oriente. Dopo aver dedicato gli altri fascicoli speciali all’Italia (n. 30) e agli Stati Uniti (n. 40), Fata Morgana con il suo terzo numero speciale ha scelto di prendere in considerazione il cinema di cinque importanti nazioni: Cina, Corea del Sud, Giappone, Hong Kong e Taiwan.

Il fascicolo, nella sua prima parte, ospita contributi di autori nazionali e internazionali su alcuni dei film più significativi della tradizione cinematografica asiatica: da Il tempo del raccolto del grano di Ozu (Dario Tomasi) a Lanterne rosse di Zhang Yimou (Marco Dalla Gassa), da Millennium Mambo di Hou Hsiao-hsien (Daniele Dottorini) a La samaritana di Kim Ki-duk (Andrea Bellavita), da Yi Yi di Edward Yang (Pietro Masciullo) a 2046 di Wong Kar-wai (Nathalie Bittinger) ad Obaltan di Yu Hyun-mok (Antoine Coppola), e così via.

Nella seconda parte registi, critici, direttori di festival hanno indicato il proprio film preferito dell’Estremo Oriente: Adriano Aprà, Luca Bandirali, Alberto Barbera, Carlo Chatrian, Pedro Costa, Roberto De Gaetano, Leonardo Di Costanzo, Massimo Fusillo, Amos Gitai, Emanuela Martini,

Roy Menarini, Paolo Mereghetti, Amir Naderi, Giona A. Nazzaro, Bruno Roberti, Paul Schrader, Roberto Silvestri, Claire Simon, Shin’ya Tsukamoto, Wim Wenders, sono i nomi di chi ha partecipato al volume.

 

 

 

9,9918,00
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Fata morgana 51 – Prassi

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Il numero 51 di “Fata Morgana” è dedicato al tema “Prassi”. Il numero si apre con una conversazione con il filosofo e attivista politico Franco Bifo Berardi, a cura di Alessandro Calefati. Che cos’à la prassi? Il termine è uno dei più polisemici della tradizione culturale occidentale: pratica, abitudine, uso, consuetudine, rito, ma anche esercizio, esperienza, azione, opera. Il XX secolo è il secolo in cui il problema della prassi ha affondato maggiormente le proprie radici, vedendo l’imporsi di due generi di esperienza affatto diverse che, in maniera spesso intrecciata, hanno portato su di sé il sigillo di un simile genere di attività formativa: l’esperienza rivoluzionaria e quella cinematografica. Il numero, che contiene tra gli altri contributi di autori come Pietro Montani, Alberto Abruzzese, Gianluca Solla e Roberto De Gaetano, indaga il tema da prospettive e film diversi: dalla prassi sportiva a quella della scrittura, dal gesto in Vermeer al cinema di Ozu, Agnès Varda e Harun Farocki.

9,9918,00
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Fata morgana 52- Storia

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Il numero 52 di “Fata Morgana” è dedicato al tema “Storia”. Il numero si apre con una conversazione con uno dei registi italiani contemporanei più apprezzati a livello internazionale, Pietro Marcello, a cura di Alma Mileto. I contributi che compongono il fascicolo declinano il tema secondo prospettive e ambiti diversi, spaziando dall’America tra geografia e mito (Roberto De Gaetano), all’azione rivoluzionaria del cinema italiano del neorealismo (Fabio Andreazza), dall’analisi del cortometraggio di animazione La lunga calza verde di Roberto Gavioli su soggetto di Zavattini, realizzato in occasione del centenario dell’Unità d’Italia (Christian Uva), alla Nouvelle Vague (Marco Grosoli) al cinema sovietico (Alessio Scarlato) all’attualità di La corazzata Potëmkin di Ejzenštejn (Giuseppe Previtali). Fanno inoltre parte del numero interventi sul cinema di Edgar Reitz, su Radu Jude e su film e serie tv recenti.

9,9918,00
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Fata morgana 53- Comico

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Il numero 53 di “Fata Morgana” è dedicato al tema “Comico”. Il numero si apre con una conversazione, a cura di Roberto De Gaetano, con lo studioso americano Timothy Campbell. I contributi che compongono il fascicolo declinano il tema secondo prospettive e ambiti diversi, spaziando dall’ironia nel cinema (Alberto Pezzotta) al corpo comico di Petrolini, Totò, Poli (Eva Marinai), dal comico di Carlo Verdone (Luca Bandirali) a quello di Checco Zalone (Roy Menarini). Fanno inoltre parte del numero interventi, tra gli altri, sul cinema di Jacques Tati e su classici del cinema italiano come La donna scimmia di Ferreri e Straziami ma di baci saziami di Risi.

9,9918,00
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Fata morgana 54- Serie

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Il numero 54 di “Fata Morgana” è dedicato al tema “Serie”. Il numero si apre con una conversazione con lo studioso americano Jason Mittell, autore di un testo chiave per comprendere la serialità contemporanea come Complex Tv, a cura di Massimiliano Coviello e Angela Maiello. La serie prima di essere un formato è un concetto, e il legame che il nuovo millennio ha stabilito con il formato seriale ha radici profonde, che risalgono all’avvento della modernità, prima ancora della nascita del cinema, e che poi in tutto il Novecento, attraverso la diffusione dei media, dell’industria culturale e del consumo di massa, ha avuto un pieno sviluppo.
Tra gli autori che compongono il numero: Piergiorgio Donatelli (La serie alla fine del mondo), Daniele Dottorini (Serie, reti, nodi: matematica e narrazione filmica), Leonardo Passarelli (La riproduzione in serie in Duchamp e il pensiero di Benjamin), Andrea Bellavita (Perverted History: il period drama contemporaneo), Martino Feyles (Immaginare la fine: un contributo per l’estetica delle serie tv). Fanno inoltre parte del volume interventi, tra gli altri, su L.O.V.E. di Maurizio Cattelan, sul cinema di Hong Sang-soo e su serie come American Horror Story, Mom e M – Il figlio del secolo.

 

9,9918,00
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Fede e superstizione nella Calabria post-tridentina

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La ricerca analizza le procedure adottate a difesa della fides catholica nella Calabria post-tridentina. La prima parte del lavoro propone una disamina del problema attraverso lo studio dei concili provinciali e dei sinodi diocesani celebrati tra il 1564 e il 1597, demandati a dettare norme particolari a corredo delle norme universali in tema di contrasto all’eresia e ai comportamenti assimilati. La seconda parte del lavoro raccoglie una silloge di scritti inediti. Si tratta di trascrizioni di brani, estratti dalle fonti consultate, ritenuti particolarmente significativi.

16,00