Michele Bianchi

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I primi decenni del secolo scorso sono stati caratterizzati da diverse “vicende” di ordine economico, sociale, politico e militare che hanno segnato un periodo della nostra storia anche per i riflessi che quegli eventi hanno prodotto negli anni successivi. Ed è in questo contesto che si muovono e agiscono delle figure di protagonisti di quegli avvenimenti in un confronto di posizioni non solo ideologiche, ma anche socio-politico-culturali a livello, oltre che locale, nazionale. E così lo scontro non solo dialettico coinvolge realtà sindacali, partiti, e schieramenti di vario tipo, organi di informazione che costituiscono il mezzo e, spesso, gli strumenti tra i quali, e all’interno dei quali, si registra il confronto/scontro tra i “soggetti” che a quella storia danno vita. Scuole di pensiero politico-ideologico diverse pertanto trovano diritto di cittadinanza soprattutto sul versante della sinistra, e, in particolare, del movimento socialista e del sindacato ad esso legato, se non di esso espressione. Tra i protagonisti del primo trentennio di quella “stagione” un posto di rilievo è occupato da Michele Bianchi. (dall’Introduzione)

16,00

Dentro la tempesta

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Questo libro, oltre a essere un resoconto della mia esperienza, vuole trasmettere un messaggio di speranza e positività a tutti coloro che stanno vivendo o vivranno situazioni simili alla nostra. … E così, con le lacrime che spesso offuscavano la mia vista e il cuore intriso di un turbinio di emozioni, mi lasciai trasportare dalla corrente del ricordo. Con ogni parola che mettevo su carta, risvegliavo dolori che pensavo di aver sepolti per sempre. Speravo che un giorno mi sarei svegliata e quei ricordi sarebbero stati solo una lontana eco del passato. Ma la realtà era diversa, poiché nella profondità della mia mente risiedeva un vasto oceano di momenti, alcuni dolorosi e altri indimenticabilmente belli, intrecciati in un fitto tessuto che nessun tempo o distanza avrebbe mai potuto scucire. Tutto ciò che era accaduto ormai apparteneva alla storia, una storia che mi aveva insegnato che il dolore può trasformarci, renderci più forti e compassionevoli verso gli altri.

I diritti d’autore saranno interamente devoluti alla Fondazione Bambino Gesù Onlus

13,00

Paola

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Immagini di Leopoldo e Bernardo Mandarini

 

Nel regno usa e getta del digitale, dove l’immagine è frenetica, volatile, gratuita, prodotta in modo compulsivo e consegnata acerba alla bulimia dei social, è confortante, quasi salvifico, il contatto ritrovato con la foto d’epoca, col passo lento, l’approccio studiato e la sapiente artigianalità della fotografia su lastra. Riaprire a distanza di un secolo le enormi e complicate fotocamere di legno, maneggiare gli chassis, gli obiettivi d’ottone, i torchietti, gli strumenti da ritocco, gli ariosi e fragilissimi negativi di vetro è come reimmergersi in un’età perduta, in cui vigeva un rapporto diverso dell’uomo col tempo e con la materia. Personalmente, grazie alla cura e all’amore che mio padre riservava alle memorie e alle antichità di casa, ho potuto apprezzare fin da bambino il sapore antico, evocativo e un po’ magico dell’archivio fotografico di famiglia. Volti senza nome, scorci misteriosi, schegge di esistenze sconosciute affioravano come reperti da quelle scatole di cartoncino, impressi con forza, a toni invertiti, nell’alchimia del bromuro d’argento. A volte le lastre accusavano il peso degli anni, si mostravano con angoli scheggiati, bordi abrasi, perfino ridotte in frammenti, col velo setoso di gelatina che si strappava come una pelle dalla superficie del vetro, e tutto ciò che si poteva fare Prefazione Fotocamera da campagna e accessori 6 era ricomporle, ritumularle con devozione nei loro involucri originali, auspicando un futuro restauro. Non c’erano, allora, strumenti accessibili per procedere alla stampa o alla duplicazione dell’intero fondo. Mio padre tentò, con mezzi di fortuna, di riportare alla luce qualche immagine a campione, ricavando positivi su pellicola, ma i risultati non rendevano giustizia, e dovette limitarsi a un accurato inventario. A parte il vincolo di appartenenza, non gli sfuggiva il valore storico dell’archivio. Io, dal canto mio, potevo soltanto intuirlo. Solo alle soglie dell’età adulta, quando una foto del mio bisnonno mi saltò in faccia, onorata di una doppia pagina, dal libretto di un CD di Battiato, cominciai a sentire la sua voce chiamare: il lavoro di mio nonno, e di suo padre prima di lui, doveva essere recuperato. La vita, però, mi distrasse dall’opera. Passarono altri trent’anni. Poi, finalmente, i miei zii, coeredi dell’avo Leopoldo, decisero che il tempo era venuto. Forti di una passione intramontabile e di una pazienza infinita, avvalendosi di tecnologie oggi abbordabilissime che un dì potevamo soltanto sognare, hanno iniziato a digitalizzare tutto. A loro va la mia personale riconoscenza e il merito oggettivo se il materiale contenuto in questo libro è uscito una buona volta dallo “stipo” di Corso Garibaldi per incontrare nuovamente Paola. Nessuno, tra quanti sono ancora in vita, ha avuto in sorte di conoscere gli autori. Però le memorie sono state tramandate, e il loro lascito parla abbondantemente per loro.  (Continua… )

Dalla prefazione di Lucio Valerio Mandarini

15,00

Pasolini e la Calabria

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contributi di Carlo Fanelli, Christian Palmieri ,Gian Luca Picconi, Paolo Desogus, Marco Gatto, Francesca Tuscano, Pino Corbo, Stefano Casi, Gianfranco Bartalotta

Questo volume raccoglie gli atti del convegno Pasolini e la Calabria (Acri, 24-25 marzo 2023), accolto nelle celebrazioni ufficiali del centenario della nascita di Pasolini. Esso propone aggiornate osservazioni sulla relazione tra il poeta e la Calabria – la sua presenza al Premio Crotone nel 1956 e nel ’59, le polemiche scaturite dalla descrizione del territorio di Crotone riportate ne La lunga strada di sabbia, alcuni ricordi delle riprese de Il Vangelo secondo Matteo – cui si uniscono contributi sulla poesia e le riflessioni dell’autore. I saggi contenuti forniscono un apporto originale al contesto delle iniziative legate alle celebrazioni del centenario, insieme ad uno sguardo privo della retorica e del pregiudizio che spesso hanno circondato il pensiero pasoliniano. Si rileva il suo protogramscismo e il profilo di intellettuale militante, il suo implacabile giudizio sulla borghesia, presa di mira anche col teatro e la sua demistificazione culturale e politica. Del Pasolini poeta, infine, si evidenzia la prospettiva majakovskiana, secondo cui «il poeta deve parlare quando il politico tace» e la sua ispirazione a reintegrare il sacro in un mondo dominato dal consumismo.

16,00

Michelangelo Frammartino

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Avventurandoci con i film di Michelangelo Frammartino nell’entroterra calabrese, ci ritroviamo immersi in un universo creativo in cui il fuoricampo ambientale sorge nel bel mezzo del campo umano mettendo in discussione i presupposti logici e percettivi della narrazione cinematografica. Un pastore anziano sembra mutarsi in capretto al momento della sua morte, un bosco umano invade gioiosamente un paese montano, l’inerzia degli oggetti quotidiani sembra abitata da imprevedibili forze terrestri: lasciatosi alle spalle la metropoli milanese, il cineasta ci invita in un territorio in cui i riferimenti abituali si smarriscono e il rapporto tra cinema ed ecologia può iniziare a essere osservato attraverso una prospettiva complessa capace di oltrepassare alcune scorciatoie concettuali caratteristiche di tale campo di studi emergente. Questo primo saggio monografico dedicato alle realizzazioni di Frammartino desidera presentarne gli snodi e gli interrogativi fondamentali proiettandoli nella cornice più ampia di una riflessione circa i legami che uniscono attenzione, ambienti e mediazioni. Tali obbiettivi non potrebbero essere perseguiti senza la compagnia di altre opere cinematografiche più o meno recenti (da Sharunas Bartas sino a Alice Rohrwacher, passando per Vittorio De Seta) e di esperienze intellettuali radicate in numerose discipline (da Giorgio Agamben a Anna L. Tsing, passando per Ernesto De Martino).

18,00

L’ultimo re

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Quando l’uomo di potere sente vacillare la propria posizione è chiamato a identificare nemici, costruire alleanze, pianificare strategie. La corsa per la riconquista del potere è piena di insidie, ambiguità e colpi bassi. Anche le relazioni fra le persone e le dinamiche familiari sono compromesse. E ciò che sembra essere la verità è una delle tante versioni possibili. L’ultimo Re è un ritorno alle atmosfere di Iubris e al suo protagonista, don Pepè, il sindaco. Don Pepè sente le crepe del consenso, è circondato da personaggi ambigui di cui non riesce più a fidarsi e anche sua figlia potrebbe non essergli più fedele. A chi pianifica nell’ombra la sua caduta risponde con le sue trame sempre più spregiudicate e contorte. Con L’ultimo Re Attilio Sabato continua la sua indagine sul potere e le sue sfumature, interroga la psicologia dell’umano svelandone i demoni: ambizione, smania di riconoscimento, slealtà.

16,00

Collana Repaci

Gratifica particolarmente la nostra casa editrice la decisione di riproporre ai lettori la corposa e variegata produzione letteraria di Leonida Repaci, certamente uno dei figli migliori e più autentici della Calabria del secolo scorso: socialista, antifascista, scrittore, saggista, poeta, drammaturgo e giornalista di vaglia nel panorama italiano del suo tempo.

L’idea di questa iniziativa si colloca nel contesto delle celebrazioni per il settantesimo anniversario della “Luigi Pellegrini Editore” (1952/2022), e di tale importante appuntamento rappresenta senza dubbio una delle tappe più significative e di maggiore portata culturale.

Repaci – peraltro legato da sentimenti profondi di stima e amicizia al fondatore della nostra casa editrice, Luigi Pellegrini – e la sua consistente opera, in larga parte di profilo autobiografico, ma ricca di suggestive ambientazioni storico-sociali e di acuti approfondimenti tematici, strettamente legati ai problemi e alle vicende della sua terra, riflettono con compiutezza e originalità l’obiettivo che ha via via accompagnato il nostro cammino: agganciare l’idea di un Mezzogiorno dinamico e avanzato alla formazione di una robusta identità etica e di una solida coscienza civile.

Cominciamo, dunque, questo cammino, con un lavoro inedito, “I fatti di Palmi” – Autodifesa al processo di Catanzaro del 1925, abilmente curato da Natale Pace, tra i maggiori conoscitori di Repaci.

Si tratta dell’arringa pronunciata dallo scrittore davanti alla Corte d’Appello di quella città, che lo vide imputato insieme con i fratelli Giuseppe, Gaetano e Francesco, e i cognati Francesco Parisi e Vincenzo Mancuso. Un’accorata autodifesa contro le accuse fasciste di aver fomentato i tafferugli accaduti quell’anno nella cittadina tirrenica in occasione della Varia. Ma anche il riflesso del clima oppressivo e intimidatorio instaurato dal regime mussoliniano, che aveva cancellato ogni speranza di mantenere il nostro Paese nell’alveo della democrazia e della libertà.

“…mi pare si chiamasse Mancini”

Vent’anni fa, l’8 aprile 2002, moriva Giacomo Mancini, esponente di spicco del Partito socialista italiano, di cui fu anche segretario nazionale, e più volte ministro della Repubblica. Più che mai opportuno, quindi, in occasione di questo anniversario, riproporre l’intenso excursus politico-amministrativo tracciato dal figlio Pietro nel volume “…mi pare si chiamasse MANCINI…”, che la nostra casa editrice ha pubblicato nel 2016, in occasione del centenario della nascita dell’ex leader socialista. La sua lunga esperienza politica è stata suggellata da passaggi e tappe di grande prestigio. Deputato dal 1948 fino al 1992, Mancini è stato Ministro della Sanità nel primo governo Moro (4-12-1963/22-7-1964), Ministro ai Lavori Pubblici nel secondo (22-7-1964/23-2-1966) e terzo governo Moro (23-2-1966/5-6-1968) e nel primo (12-12-1968 / 5-8-1968) e secondo (5-8-1969/ 27-3-1970) governo Rumor, Ministro del Mezzogiorno nel quinto governo Rumor (14-3-1974/23-11-1974).
Come Ministro della Sanità, impose il vaccino Sabin, che debellò la poliomielite in Italia. Come Ministro dei Lavori Pubblici, combattè la speculazione edilizia, intervenendo per denunciare, alla Camera, i “fatti mostruosi" di Agrigento, per salvare l'Appia Antica di Roma ed in numerose altre occasioni tanto da ottenere il riconoscimento, unanime, del Parlamento Italiano che, unico esempio, nella storia d'Italia di tutti i tempi, gli conferì la Medaglia d'Oro per la sua attività. Completò l'Autostrada Milano- Napoli, fece costruire la Salerno-Reggio Calabria, la Roma-Civitavecchia, la Roma-Aquila-Pescara e tante altre sedi stradali, in ogni parte d'Italia, avviando la costituzione di un enorme patrimonio di infrastrutture, tra le quali porti (Gioia Tauro) e aeroporti (Lamezia Terme), oltre a difendere Venezia dall'abbassamento del fondo marino, la Torre di Pisa dalla sua pericolosa inclinazione, Firenze dall'alluvione, che l'aveva devastata, nel novembre del 1966. Mancini creò la Commissione Nazionale di Studi contro il degrado idrogeologico, presieduta dal prof. De Marchi, i cui risultati sono, ancora oggi, gli unici, che abbiano offerto un quadro completo dei gravi problemi di degrado, che persistono. Sul fronte culturale, infine, il suo impegno fu determinante per la costruzione, ad Arcavacata (CS), dell'Università della Calabria e per la pubblicazione, nel 1973, del primo quotidiano, realizzato nella regione, “Il Giornale di Calabria", diretto da Piero Ardenti. Il 5 dicembre 1993 venne eletto Sindaco di Cosenza, il primo scelto direttamente dai cittadini, riconfermato, con un voto plebiscitario, nel 1997. Accusato nel 1994 di concorso esterno in associazione mafiosa da alcuni magistrati di Reggio Calabria, venne assolto perché il fatto non sussiste dopo un lungo e doloroso percorso giudiziario che lo vide, tuttavia, determinato a difendere la propria onorabilità, il prestigio e la considerazione unanimi conquistati nel corso della sua lunga esperienza parlamentare e di governo. Oggi, in occasione del ventennale della scomparsa, la riproposta del volume scritto dal figlio Pietro rappresenta un doveroso omaggio ad uno dei maggiori protagonisti della scena politica calabrese e meridionale.

MEDIA

Video in Primo Piano: Francesco Kostner

Video intervista: Walter Pellegrini

Video in Primo Piano: Walter Pellegrini

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"Non esistono libri morali o immorali come la maggioranza crede. I libri sono scritti bene o scritti male. Questo è tutto."

Oscar Wilde

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