
Capolinea
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Ogni buon cittadino, anche il più allergico alla Politica in quanto tale, dovrebbe sentire il bisogno di informarsi per contribuire a ogni livello alla formazione dei processi decisionali, finendola così con il rilasciare ai soliti noti deleterie deleghe in bianco. E per fare ciò può essere utile la lettura di un libro come Capolinea. Un libro unico nel suo genere, perché riesce a ripercorrere e sviluppare tematiche storiche complesse in maniera agile e scorrevole. Un libro che si rivolge a tutti e che può essere letto con interesse anche da chi non ha dimestichezza con i libri che si occupano di storia e politica. Scritto e pensato per rendere immediatamente chiari e percepibili i fatti che vengono narrati, con il solo intento di fornire un servizio a chi legge. L’originalità dell’opera consiste nella capacità di legare gli eventi, regalando un quadro di insieme esaustivo e documentato, reso avvincente da una scrittura che possiede una spiccata forza narrativa, impreziosita da una velata e amara ironia. Un libro capace di coprire un periodo storico lungo e travagliato come quello che va dal 1992 fino ai giorni nostri, senza preoccuparsi di blandire diverse ma spesso convergenti forme di potere. Un libro da leggere perché scritto con la forza della passione disinteressata di chi pur sapendo di non possedere la “verità” disperatamente la cerca.
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Capsaicina
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Da non molto tempo, oltre che per motivi gastronomici,
c’è un motivo in più per consumare peperoncino;
alcuni ricercatori giapponesi ed americani hanno
scoperto che il peperoncino rosso potrebbe avere un
ruolo importante nella prevenzione del tumore alla
prostata. Da esperimenti condotti su cavie da laboratorio
è emerso che i topi che assumevano capsaicina
(principio attivo del peperoncino), sviluppavano masse
tumorali ridotte dell’80% circa rispetto ai topi che non
ne mangiavano.
L’uso regolare di peperoncino rosso, grazie alle
sue proprietà antiossidanti, sembra inibire lo sviluppo
di manifestazioni cancerose a livello di stomaco. Naturalmente
il tutto deve ancora essere confermato da
ulteriori studi e verifiche sull’uomo per poter affermare
con certezza quanto sopra.

Caratteri
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Vincenzo Guerrisi Parlà ( 1925-2010) “il poeta favolista che ha trasformato la favola in romanzo” (Pasquino Crupi).
La presente raccolta di poesie viene presentata al pubblico col titolo “CARATTERI” aggiungendo come sottotitolo “I TIPI” per onorare la volontà dell’autore che li aveva da sempre indicati anche con quest’ultimo titolo. E con “I Tipi” l’autore vuole centrare l’attenzione sui personaggi della civiltà contadina, che animano il paese nello scenario del periodo bellico e post bellico, chiamandoli tutti col proprio nome. Una sorta di anagrafe ove non sfugge nessuno…
Guerrisi immortala, con le diverse storie dei protagonisti, una intera società ed i suoi equilibri, così da costituire un’unica fantastica storia fatta di virtù, di vizi, di fortune e sciagure umane.
I tipi di Caratteri tracciano un percorso sociologico ed antropologico nelle vere radici del popolo calabrese, ed è bello immaginarli nello scenario brulicante di vita, dei paesi “abbandonati della Calabria”, rimasti ancora intatti nella loro ruvida semplicità e nello struggente ricordo di chi li ha popolati.
Afferma Giuseppe Italiano in prefazione: Il dialetto del Guerrisi rifugge l’aneddotica giocosa di maniera per aprirsi, con interessante apporto antropologico, a quelle che sono state le problematiche calabresi (e meridionali) per buona parte del Novecento.
“I personaggi che animano questo libro sono i protagonisti della civiltà contadina; sono gli abili artigiani di vari mestieri; sono gli “eroi” delle forzate emigrazioni; sono figure della memoria, miti di vita serena e idilliaca pur nella ristrettezza del campare”.
“Col suo mezzo espressivo Guerrisi, nel confermare la nostra parlata autoctona, ha saputo recuperare la nostra memoria, le nostre usanze, i nostri sentimenti, le radici della nostra vita”.
Con questo libro Vincenzo Guerrisi Parlà non smentisce la propria fama di “favolista oltre Esopo e Fedro nella favola” e le sue opere “continuano ad illuminare il glorioso cammino della letteratura del nostro tempo e del tempo che verrà”.
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Carlo Lombrdo e “il paese dei campanelli”
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Il paese dei campanelli è un’operetta scritta da Carlo Lombardo e musicata da Virgilio Ranzato e Carlo Lombardo. Andò in scena per la prima volta il venerdì 23 novembre del 1923, al Teatro Lirico di Milano dalla Compagnia Regini Lombardo.
L’operetta è in tre atti; il libretto prevede 32 scene, mentre la partitura ne contiene 18. La trama è singolare e fantastica. Il paese dei campanelli è ambientata in un tranquillo paesino di tipo olandese. Un giorno nel borgo approda una nave a causa di un guasto e arrivano in paese dei giovani cadetti di Marina. Appena sbarcati il loro interesse è rivolto alle giovani e belle ragazze del paese, che sembrano ben disposte ad accogliere le loro galanterie: il paese è tanto quieto da diventare monotono e anche i loro anziani mariti non rendono la vita allegra. L’arrivo dei marinai porta quindi un tono di vitalità e di briosità. Questo paese ha una stranezza, che incuriosisce anche i marinai: ogni casetta di questo luogo ha un piccolo campanile, posto a guardia della fedeltà coniugale. La leggenda dice che i campanelli suoneranno ogni qualvolta una moglie sarà in procinto a violare la fedeltà coniugale. La coppia romantica dell’operetta è formata dal guardiamarina Hans e dalla giovane Nela, quella comica e spigliata invece dall’allegra Bombon e dal tenente La Gaffe, il cui nome dice tutto della sua personalità. Le gaffes sono infatti le sue specialità, sarà lui il fulcro che innescherà le situazioni comiche della storia. Ad esempio rivelerà a Nela che Hans è sposato, mentre la gaffe decisiva sarà quella di aver confuso dei telegrammi facendo arrivare in paese tutte le mogli dei cadetti al posto delle ragazze di un corpo di ballo. Dopo una serie di vicissitudini e divertenti situazioni i cadetti ripartiranno e alla fine il paese tornerà alla sua vita discreta e monotona, e così i campanelli non avranno più motivo di suonare.
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Carlo Turano (1864-1926)
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Batte sull’uscio, per tutti, la miseria. Una minuscola minoranza d’uomini per interessi egoistici si è costituita in classe per tenervi soggetti, impotenti, e meglio sfruttarvi. Ogni potere pubblico è nelle loro mani quale mezzo di asservimento. Si semina corruzione a piene mani per precludere alle vostre coscienze qualunque percezione di dritto. Il vostro sangue, il vostro onore, il vostro corpo, ènull’altro per essi che strumento creatore di benessere. Voi certo desiderate dei miglioramenti: Basta crederli attuabili, come tutti li credete: basta capire che essi non potranno venirvi concessi spontaneamente dalle classi sovrastanti senza lotta; che nessuna lotta si vince senza forza, che nessuna forza si consegue senza accordo. Tralasciate le piccole animosità, smussate qualche divergenza fra voi, valutate invece com’è smisurata la folla a cui siete mischiati, quale potenza essa puÚ esercitare se cosciente, compatta. Nel prossimo giorno, nel quale confiderete il vostro avvenire e quello dei vostri figliuoli, nelle mani dell’eligendo deputato, riflettete sull’uomo a cui affidate sÏ importante mandato. (Carlo Turano Il Girovago. Pro-Candidatura C. Turano. Elezioni politiche nel Collegio di Cotrone, Tipografia di Tommaso Pirozzi, Cotrone 1897)

Carmelo bene
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Quali sono le figure, gli oggetti e i nomi ricorrenti del lavoro di Carmelo Bene? Sono nomi di personaggi teatrali (Amleto, Otello, Macbeth), di burattini (Pinocchio), di poeti (Majakovskij), di poeti/filosofi (Leopardi).
Sulle loro variazioni e riprese attraverso le più diverse pratiche significanti, nonché sulle contaminazioni cui queste danno continuamente luogo, è incentrato il presente saggio: fantasmi che vanno, vengono, spariscono, restano in agguato come ossessioni, tornano, si incarnano sulle scene teatrali, sui set cinematografici, in televisione, alla radio, in concerto, sulla pagina scritta, su molteplici varianti e metamorfosi, che riguardaano allo stesso tempo il Corpo, l’Immagine e la Voce.
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Caro Gennaro
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Lo scopo che anima il libro è ben preciso: se i vecchi non sono più capaci, almeno i giovani imparino ad amare l’Italia tutta intera. Sotto forma di lettera a Gennaro Esposito – le cui origini, come indica lo stesso cognome, non menano il vanto della nobile schiatta – l’Autore ripercorre la storia d’Italia per ammaestrare il giovane napoletano nell’arte di vivere e sopravvivere in un Nord che ancora dà lavoro ma conosce anche inquietanti fenomeni di xenofobia e di pregiudizi nei confronti delle popolazioni meridionali.

Caro gesù
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La raccolta è rivolta a tutti, credenti e non, poiché il “personaggio” Gesù – seppure non volessimo considerarlo il Dio entrato nella storia per la redenzione, con la sua vita, l’attività pubblica e la morte in croce – ci ha lasciato in eredità una via di guarigione, per chi vuole sceglierla in libertà: perdono, amore e riconciliazione sociale.
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Caro Luigi
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Lettere come piccoli saggi letterari che l’intellettuale siciliano Melo Freni scrive all’antropologo Luigi M. Lombardi Satriani raccontando la Sicilia nelle sue pieghe più profonde e nella sua straordinaria e imprendibile molteplicità. Un carteggio che, dunque, prende lentamente la forma e lo stile di una narrazione avvincente, che s’intesse di parabole esistenziali di artisti, poeti, scrittori siciliani, che attraversa fatti e vicende isolane sconosciute e inimmaginabili disegnando un amalgama di colori, suoni, profumi che solo un’isola può concedere. Nel percorso epistolare svetta la letteratura di una Sicilia che al lettore appare come un grande faro nell’immensità del mare e, nella semplicità e nella naturalezza del linguaggio, non può non emergere la cultura profonda, atavica, corposa e delicata del suo autore.

Carta Canta
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I proverbi indicano i quadri dei valori in cui il popolo crede, esprimono riferimenti precisi a nuclei morali, a mete culturali, a modelli comportamentali. Nei tempi recenti si è articolato, attorno a essi un dibattito che vede la metodologia di raccolta, il tipo di approccio e i rapporti tra il proverbio e i suoi fruitori. Oggi il proverbio è tornato di moda ma non si cerca più nelle persone anziane né nelle raccolte della letteratura. Viene individuato anche nei messaggi televisivi, nella pubblicità. In effetti il proverbio rappresenta il raccordo tra il passato che ci dà certezze, un presente instabile e un futuro incerto. Come i miti e le fiabe, anche i proverbi si situano su un duplice piano: usano i termini del linguaggio corrente che spesso danno un linguaggio supplementare. Oggi, come sottolinea Jolles, a pieno titolo e prepotentemente, entrano nella letteratura quei documenti: leggende sacre e profane, miti, enigmi, fiabe che non vengono contemplate né dalla stilistica né dalla retorica, né dalla poetica, anzi forse nemmeno dalla lingua scritta; che sebbene appartengono all’arte, non diventano vere e proprie opere d’arte.

Carta canta ‘n cannolu
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Gli studi e le ricerche più recenti, vincendo spesso la gelosa
impermeabilità delle competenze settoriali, delle specializzazioni
accademiche, dei percorsi di indagine personali, hanno
tentato una fusione, proponendosi il medesimo obiettivo. Il
“tema”, che in questo testo si vuole affrontare, è il punto di
incontro di varie direttrici che si intersecano, interessa una
molteplicità di piani e una varietà di settori.
Casali del Manco
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Le pagine di questo piccolo volume, concernenti l’evento storico della unione di alcuni comuni della Presila Cosentina nel comune unico di Casali del Manco, riportano le modalità con le quali si è giunti alla realizzazione dell’evento e il contesto storico in cui è nato. Per quanto attiene alla attività gestionale del Comune Unico il riferimento di queste pagine si esprime, causa pandemia, in due tempi diversi. Un inizio in cui accanto alle esortazioni e alle sollecitazioni al fare si sottolinea la necessità di prevedere e di prevenire effetti negativi possibili. E un secondo tempo in cui, a distanza di circa tre anni dall’insediamento, si osserva e si riferisce che la gestione seguita dalla nuova Amministrazione non ha dimostrato finora l’impegno necessario, motivo per il quale alla parola opportunità non può essere levato il punto interrogativo. Ma l’autore, il quale insiste nello scrivere che mai devono venir meno la fiducia e la speranza, invita ad andare avanti perché “non è mai troppo tardi”, e perché non si è fuori tempo massimo.

Cascata di luce nel cuore
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Grazie per il volume “Ujëvarë drite në zemër” (Tirana 2009). Ho visto che rispetto alla prima stesura hai apportato variazioni. Il testo è molto degno, un pentagramma musicale, dal cuore scendono sempre note musicale, e a cascata scendono… Il tuo poema […] è frutto di un intenso sentire che al trascendente conduce senza dimenticare la terra con le sue sofferenze… A Madre Teresa tu hai dato la tua voce alta poetica, e vita le hai dato, la tua vita le hai dato, nel senso che ora, più di prima, la figlia di Drane è parte essenziale della tua vita, e la illumina e la arricchisce, e per tuo mezzo ci illumina e ci arricchisce con le sue scintille di luce che a cascate scendono dal cuore, e i nostri cuori innalzano all’eterno, dove non c’è tempo, nes- sun tempo… Domenico Corradini H. Broussard

Cassiodoro Senatore Variae
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Non esiste ancóra una versione italiana di tutte le “Variae” di Cassiodoro. Considerato che esse rivestono “particolare importanza” sia perché contribuiscono a far “conoscere l’indirizzo politico ed amministrativo del regno ostrogoto in Italia, sia perché sono infiorate di non poche digressioni erudite in cui si scopre una miniera di notizie”, tradurle per intero nella nostra lingua sarebbe un lavoro, seppur non facile, però interessantissimo. Per il momento si offre al lettore una silloge di “Variae”, di cui si riportano e il testo latino, e la traduzione italiana. Speriamo, tuttavia, che tramite lo zelo di quanti vorranno dedicarsi a quel lavoro si realizzi al più presto un’opera che rimane fra i “desiderata”.

Castrovillari invece di Cosenza
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Fortunato Pisani ci regala un suggestivo manuale sull’apicoltura, realizzato sul campo, quindi un’esperienza di vita vissuta. Il trattato riserva comunque anche tante sorprese, squarci di vita, piacevoli e non piacevoli. Traspare intanto un amore incondizionato per le api e la natura in generale che costa, però, tanta fatica e non solo. Con questa nuova esperienza editoriale caparbiamente il Pisani, pagina su pagina cerca in ogni modo di coinvolgere il lettore, che partecipa nel condannare don Peppino Bellizzi per la parola data e non mantenuta, come d’altra parte fa tenerezza la famiglia contadina cosentina che, nonostante il mancato acquisto del terreno, riempie di regali l’autore, ma soprattutto si commuove quando questa famiglia “assorbe parte del dolore” procurato dal prete Monsignor Bellizzi. Ma quello che commuove ancor di più è aver tolto dall’ignoranza e dall’incuria quei due ragazzi di undici anni, lasciati in balia di se stessi a gironzolare nelle campagne e poi mandati a scuola serale fino al conseguimento della quinta elementare, istruiti a dovere nel lavoro dell’azienda e trattati come figli. La voglia di lavorare e di emergere in questa nuova realtà – la famiglia Pisani proviene da Soriano Calabro – fa dimenticare le peripezie logistiche e allora la famiglia passa da Corigliano, Rossano e Trebisacce per i fiori d’arancio; Acri, Carolei e Domanico per la fioritura del castagno; Sibari, Policoro e Ginosa per l’eucalipto; valle del Tiggiano fino a Polla per l’erba medica; San Marco Argentano e Torano per la sulla e il castagno. Queste località sono state scelte con cura dopo sopralluoghi per sistemare le arnie. Al resto ci pensano le lavoratrici… le amate api! Conosce così, oltre ai siti e nuovi posti, tante persone e fa nuove amicizie. Fortunato si fa voler bene! Il trasporto delle arnie e delle attrezzature necessarie avviene con la vecchia “Balilla” che Pisani conosce molto bene, infatti, ripara le gomme, smonta e monta i vari prezzi dell’auto; all’occorrenza si inventa meccanico, perché negli anni ’50 le officine erano davvero poche. Arriva il momento della raccolta del miele (effettuata a mani nude e senza maschera) e della cera; acquista macchine nuove e copre magazzini di stoccaggio in varie parti d’Italia. La vendita a rate fu la chiave dello sviluppo economico che ha dato la possibilità di acquistare attrezzi, macchinari e automezzi e, quindi, ad ognuno sviluppare e migliorare il proprio lavoro. A Torino all’EXPO d’Italia sessantuno si festeggia il boom economico e il furgone fiat 1100 D di Pisani, decorato dal maestro Del Bo rappresentante un’ape posata sui fiori di arancio, con la scritta “Apicoltura F.lli Pisani – Castrovillari”, fa bella mostra. Intanto il sogno di avere una struttura adeguata per l’attività si avvera; acquista e ristruttura il “Pastificio” e con esso, dopo un po’, arriva anche la scissione della società col poco amato fratello. Fu anche l’inizio della fine della secolare attività della Ditta Pisani. Stremato, amareggiato ridusse di molto il lavoro, seguì invece i congressi di apicoltura in Italia e all’estero, girò il mondo, nonostante gli capitasse nei suoi giri di “due cieli”, ritornò nella sua Castrovillari con i suoi 86 anni, che non dimostra, (lui dice grazie al miele delle api) per raccontarci le sue esperienze di apicoltore, ma non solo. La storia, si sa, è sempre fatta dai GRANDI, con le loro intuizioni, anticipazioni, le grandi idee; sappiamo bene però che a muovere le gambe sono sempre le masse composte, a loro volta, da tanti singoli individui, uomini e donne. Questo libro ci racconta la storia di chi ha seguito e vissuto la filosofia del lavoro accanto alla natura, insieme, in simbiosi con le api! Questa è quella vissuta con la mente e il cuore da Fortunato Pisani. GIUSEPPE BELLIZZI

Catastrofi naturali o incuria dell’uomo?
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Un libro a carattere divulgativo in cui vengono presentati i rischi connessi alle “catastrofi naturali”: incendi, frane, alluvioni e terremoti. Fin da subito, ci si rende conto che nel nostro Paese, culla della Cultura e della Civiltà, l’ambiente non viene protetto, curato e amato. Se non si ha amore per la propria terra e per la casa che si abita, si è senza memoria, senza identità. La messa in sicurezza del territorio, la difesa del suolo dai fenomeni naturali, che generano sempre più dissesti, disastri e catastrofi per l’incuria dell’uomo, deve essere un dovere, un obbligo, una priorità per un paese civile. La natura è stata creata con ordine e non conosce “catastrofi”; l’uomo sì, le costruisce e le porta alle estreme conseguenze. Dunque, il libro è un grido di dolore, un appello sentito a tutte le forze politiche, sociali e professionali, perché predispongano, al più presto, senza rinvii e deroghe, un serio piano organico per la difesa del territorio a livello regionale, comunale e familiare. È necessario fermare le grandi opere inutili, eliminare gli sprechi e i privilegi, selezionare amministratori e politici onesti, preparati e con un alto senso civico, per mettere in campo un’efficace opera di educazione e prevenzione che possa mitigare i rischi ambientali. Si potrà convivere con i terremoti, le frane e le alluvioni solo quando “l’uomo onnipotente” saprà ricondurli nell’alveo dei fenomeni naturali. Oggi seguire alcune semplici norme di comportamento può, dunque, salvare la vita. E non è poco.
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Cellula staminale
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La ricerca sulle cellule staminali è sia un’evoluzione che
una rivoluzione della medicina moderna. Può essere vista come
una pietra miliare nella storia della scoperta e dello sviluppo
di nuove strategie per la terapia e lo studio della biologia:
dalle piccole molecole antimicrobiche (come la penicillina),
agli anticorpi e anticorpi monoclonali, alle moderne genetica,
genomica e terapia cellulare.
Infatti, oggi possiamo pensare di usare le cellule staminali
in terapia solo perché c’è stata una moltitudine di ricerche che
ci hanno fornito le basi scientifiche.
Nel contempo, l’applicazione delle cellule staminali è
diversa da qualsiasi altra strategia terapeutica applicata su
ampia scala. L’utilizzo delle cellule staminali, in particolare
di quelle embrionali, rientra nella tecnologia di trasferimento
della postgenomica, che ha le sue premesse nel progetto di sequenziamento
del genoma umano. Le aziende negli Stati Uniti
utilizzano già i dati provenienti dalla genomica per identificare
e derivare linee di cellule staminali embrionali.

Certosini e Cistercensi
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Molti sono gli studi e i volumi pubblicati sulla certosa e sui Certosini di Serra San Bruno: si può dire che ci sono opere per soddisfare tutti i gusti. Nessuno, però, si è mai impegnato ad illuminare il lungo periodo durante il quale la fondazione bruniana calabrese fu sotto la regola cistercense. A questo vuoto vuole ovviare il presente lavoro. Un lavoro reso difficile dal fatto che gli archivi non hanno dato nessun aiuto al ricercatore, in quanto sono tutti “muti” sull’argomento.

Cesare Mori
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La cultura dominante – dopo averlo etichettato come un rude poliziotto al servizio di un regime illiberale – ha finito per relegare Cesare Mori in un limbo dal quale non è mai riuscito ad emergere, malgrado i suoi indubbi meriti. In questo saggio a sfondo biografico l’Autore traccia un profilo nuovo e, per tanti versi, sorprendente del «prefetto di ferro». Alla luce di una documentata analisi, numerosi luoghi comuni risultano clamorosamente smentiti e molti episodi trovano la loro corretta collocazione nel contesto storico e politico in cui Cesare Mori operò. Anche le molteplici analogie tra un passato meno lontano di quanto non sembri ed un presente che non se ne discosta poi tanto, vengono puntualmente sottolineate in una ricostruzione da leggere al di fuori di schemi precostituiti.

Cesare Pavese
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Cesare Pavese resta un poeta e uno scrittore nell’inquieto tragico esistere. Oltre l’ideologia e oltre il valore stesso della storia. Perché i simboli, il mito, le nostalgie, le donne e il viaggiare, focalizzandosi nell’attesa e nella metafora, costituiscono i veri riferimenti di un personaggio non ambiguo, attenzione, ma che si è contrapposto all’ambiguità dell’esistenza. Con coraggio, con la dissolvenza della realtà nel mito, con le indefinibili nostalgie. Lo studio qui proposto è un tassello di un mosaico che è fatto di ricerche, riflessioni, accostamenti, rapporti tra il pensare e lo scrivere. Ma il mito resta la centralità nel tempo che non consuma la vita pur attraversando i giorni.