Libri

Il paesaggio degli autori

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a cura di Roberto De Gaetano, Daniele Dottorini, Nausica Tucci

Il paesaggio è una invenzione della modernità, e il cinema è l’arte che lo ha saputo meglio reinventare, oltre le codificazioni di genere della tradizione pittorica. In questa reinvenzione, il paesaggio meridiano ha svolto un ruolo particolare perché ha saputo catalizzare un immaginario, connesso da un lato al tempo disteso ed inoperoso della vacanza, dall’altro alla poesia della ritualità e della festa. Ma com’è stato raccontato il paesaggio meridiano nel nostro cinema? Con quali immagini e attraverso quali storie si è creato un racconto del Sud Italia? Gli autori del libro ripercorrono le immagini cinematografiche del paesaggio meridiano, attraverso i registi e i film che meglio lo hanno raccontato: dai documentari di Vittorio De Seta, Luigi Di Gianni e Cecilia Mangini ai classici del cinema italiano come Michelangelo Antonioni, Pier Paolo Pasolini e Giuseppe De Santis. Mettendo in dialogo le opere più conosciute come quelle di Michele Gandin, Gianfranco Mingozzi, Florestano Vancini, e riscoprendo autori meno noti come Ugo Saitta, Mario Gallo, Elio Ruffo, il libro arriva ad interrogare anche le recenti opere di Jonas Carpignano, Emanuele Crialese e Niccolò Ammaniti per mostrare l’eco nell’immagine contemporanea di una memoria condivisa del Sud che il cinema ha saputo e continua a saper raccontare, configurandosi come uno strumento decisivo per ripensare l’immaginario meridiano.

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Giornali e giornalismo degli italiani in Cile

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In Cile non c’è stata quella massa di imprese pubblicistiche legate all’emigrazione italiana registrate nel sub continente americano, perché le correnti migratorie dovute quasi totalmente a catene familiari non sono fatte di grandi numeri. A pochi emigranti, così, corrispondono pochi giornali (trentacinque in tutto) e quasi sempre precari. Con una sorpresa però: il quotidiano «L’Italia», l’unico in lingua straniera pubblicato in Cile, apparso a Valparaíso nel settembre 1890 e in vita fino al gennaio 1943: è stato l’autorevole organo di riferimento della colonia, portavoce della comunità e suo collante, nonostante la modestia delle copie vendute, mai più di 1500. Con questo volume l’Autore conclude il suo itinerario di ricerca sulla stampa etnica in lingua italiana nei paesi del Cono Sud dell’America Latina ai quali ha dedicato «La patria di carta» (Argentina) e «Storia della stampa italiana in Uruguay».

16,00
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Pane e poesia

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Ci sono alcune briciole di pane sul mio tavolo.

Le guardo, dovrei spazzarle via. Il pane che mi ha nutrito è diventato altro.

Si è frantumato, ha lasciato resti da buttar via.

Se non fosse proprio così? Se le briciole fossero ricordi di ciò che è stato?

Se fossero piccole speranze rimaste sul tavolo? Se fossero minuscole porzioni d’amore?

Se fossero i segni del nutrimento della mia felicità? Se fossero il profumo e la forma della mia memoria?

Pezzi di pane rimasto e sparso qua e là.

Il pane con le sue briciole:

ecco il mio sapore della vita,

ecco il cibo per il mio cuore,

ecco il modo per farlo vivere,

per lasciarlo sopravvivere a me stessa

alla mia stessa continua fame di poesia.

Ci sono alcune briciole di pane sul mio tavolo.

Le guardo, dovrei raccoglierle.

Il pane che mi ha nutrito è quello delle briciole.

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Quando l’Italia perse la faccia

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Conversazione con Francesco Kostner

Prefazione di Salvo Andò

Postfazione di Santo Emanuele Mungari

S’intitola “Quando l’Italia perse la faccia” – L’orrore giudiziario che travolse Enzo Tortora, il libro-intervista che il penalista Raffaele della Valle ha scritto insieme con il giornalista Francesco Kostner, per i tipi di Luigi Pellegrini Editore, in occasione del quarantennale dell’arresto del presentatore genovese, avvenuto il 17 giugno 1983 su ordine della Procura di Napoli.
Il volume, che sarà disponibile in tutte le librerie a partire dal 15 giugno, ricostruisce la vicenda giudiziaria che travolse Tortora con l’accusa di far parte della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo e con un ruolo di primissimo piano nel traffico della droga gestito dall’organizzazione criminale napoletana. Responsabilità gravissime e infamanti, apparse subito prive di fondamento (“Il più grande esempio di macelleria giudiziaria del nostro Paese”, definì il caso Giorgio Bocca), ma che non impedirono a Tortora, di essere condannato in primo grado a dieci anni di reclusione. Un’assurda e indimostrata impalcatura probatoria che cadde miseramente nel processo di Appello, conclusosi il 15 settembre 1986, per poi essere definitivamente smentita dalla Corte di Cassazione.
Oggi, per la prima volta in modo compiuto ed analitico, l’avvocato della Valle, che fece parte del collegio difensivo di Tortora insieme con il professor Alberto Dall’Ora e l’avvocato Antonio Coppola, racconta la storia giudiziaria assurta nell’immaginario collettivo a simbolo di una Giustizia contraria ai principi costituzionali e alle fondamentali regole di un equo ed equilibrato processo penale.

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Le concessioni balneari alla luce del diritto dell’unione europea (e della direttiva c.d. “Bolkestein”)

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Queste riflessioni “scomposte” sulla oramai improrogabile soluzione del rilascio delle concessioni balneari in Italia, alla luce del diritto dell’Unione europea e, in particolare, come casus belli, della trasposizione della direttiva Ce n. 2006/123 del 12 dicembre 2006 (c.d. direttiva “Bolkestein”), non intendono risolvere sic et simpliciter una tematica complessa e spinosa che evidenzia, “a monte”, diffuse carenze di sistema perpetrate negli anni, laddove si tratti di “trapiantare” nell’ordinamento nazionale italiano direttive europee, ovvero, norme comunitarie in generale. Dal punto di vista giuridico – e politico – la questione è di evidente complessità. In effetti, appare più complessa dal punto di vista politico, sebbene, nel dibattimento rilevino varie e variegate fonti internazionali, europee, nazionali, nonché regionali e locali, e quindi, autorità, poteri e competenze differenziate e spesso in contrasto tra loro. Oltre il presente studio, attesa la complessità della tematica, appare verosimile che molti aspetti rimarranno irrisolti anche dopo l’adozione della tanto attesa legge nazionale italiana “sistematica e strutturale”; tematiche suscettibili, quindi, di sviluppi futuri così come, parimenti, nuovi contenziosi sono ipotizzabili. Dall’analisi complessiva delle questioni trattate se ne ricava una realtà radicata e fortemente complessa, sia per quanto riguarda lo status quo, sia per il quadro giuridico di riferimento e per quanto attiene al regime concessorio nazionale del demanio marittimo, sia, ancora, sulla ipotetica disponibilità di nuovi beni demaniali marittimi. Tuttavia, una legge organica e strutturale che possa dare chiarezza al settore e continuità al regime concessorio e alle attività dei concessionari balneari e marittimi appare indispensabile e improrogabile. Pur nel gradimento del refrain di Mina “per quest’anno non cambiare… stessa spiaggia, stesso mare” (1963) occorre, giocoforza, rivedere l’intero settore nell’interesse e nei diritti di tutti. E che quindi ognuno faccia la sua parte.

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Il profilo del Rosa

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La poesia è chiamata al compito di raccontare lealmente e senza filtri i grandi temi dell’amore, del tempo e del suo scorrere impietoso, delle cadute e delle illusioni. In Il profilo del Rosa Franco Buffoni evoca tutto ciò con straordinaria bravura: da quando la vita è tenera e si promette come avventura, a quando entra nelle fitte spire del destino. È una eloquente, tersa autobiografia formulata per stanze, per luoghi nei quali è ancorata la sua non comune indole meditativa. Questo libro, pubblicato per la prima volta nel 2000 (Lo Specchio – Mondadori), rivelò da subito il dispiegarsi di una spiccata e originale struttura poetica che fissa come emblemi gli eventi formativi della coscienza. Viene oggi riproposto nella collana Vega arricchito da un’ampia, circostanziata postfazione di Guido Mazzoni. (Tiziano Broggiato)

“Il profilo del Rosa” è il libro più organico e rappresentativo di Franco Buffoni. (Roberto Galaverni)

La poesia intitolata Come un polittico comparve per la prima volta in I tre desideri, una raccolta del 1984. In quegli anni Buffoni reagiva alla crisi dell’esperienza con l’ironia e l’understatement: scherzava sul monocromo grigio o cercava di narrarlo in forma straniata. Solo molto tempo dopo, nel 2000, avrebbe tentato la cosa più difficile: il racconto dettagliato e tendenzialmente completo delle «occasioni», l’autobiografia in versi. Ne sarebbe nato uno dei migliori libri di poesia fra quelli mai scritti dagli autori della generazione cui Buffoni appartiene: Il profilo del Rosa. (Guido Mazzoni)

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Corigliano – Rossano e il suo hinterland

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Storia e cultura. Passato e presente. Sullo sfondo di una dimensione urbana modernamente calata nella realtà. Precorrendo i tempi e diventando esempio di futuri, auspicabili percorsi comuni, amministrativi e politici, Franco Emilio Carlino conferma anche in questo nuovo lavoro la forte propensione alla ricerca dell’identità e dei luoghi del basso Ionio cosentino in cui è da tempo impegnato. Questa volta, però, il suo sguardo va oltre l’interesse per la propria realtà, che pure si è già caratterizzato per alcune pregevoli indagini introspettive diventate esempio di ricerca e approfondimento scientifico. Lo studio e la valorizzazione della memoria, certo, rimangono un riferimento cardine dell’autore; la sua energica funzione costitutiva, e la capacità di incidere sulla formazione di una solida coscienza civile, si confermano elementi fondamentali dell’attività culturale di Carlino. Ma, in questa nuova fatica, ancora una volta concepita e messa in pratica con spirito di servizio, dopo aver aggiunto nuovi elementi di conoscenza agli studi precedenti per rispondere a fondamentali domande esistenziali (“da dove veniamo”, “dove andiamo”?), l’autore proietta il suo sguardo in particolare verso il futuro. A ciò che oggi potrebbe apparire problematico e finanche rischioso, ma che può rappresentare una sicura prospettiva ideale, culturale e organizzativa. Corigliano Rossano, “unica e grande realtà della Provincia…”, in altre parole, ha tutte le caratteristiche per porsi saldamente a capo di un processo di modernizzazione e rinnovamento, destinato ad ampliarsi in Calabria e nel Paese. Un orizzonte comune in cui, appunto, memoria, identità e realismo si fondono in un tutt’uno edificante, capace di favorire un forte avanzamento economico, sociale e culturale del territorio, che per Carlino significa anche il mondo dell’Arberia, fino a Tarsia e ai piedi del Pollino. Un’area vasta (comprendente i comuni di Bocchigliero, Calopezzati, Caloveto, Campana, Cariati, Corigliano, Cropalati, Crosia, Longobucco, Mandatoriccio, Paludi, Pietrapaola, Rossano, San Cosmo Albanese, San Demetrio Corone, San Giorgio Albanese, San Lorenzo Del Vallo, Santa Sofia D’Epiro, Scala Coeli, Spezzano Albanese, Tarsia, Terranova da Sibari, Terravecchia e Vaccarizzo Albanese), attraverso la quale è possibile avviare un processo identitario Sibarita, aperto all’Europa e al mondo. (Nota dell’Editore)

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Una storia italiana

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Prefazione di Elbano de Nuccio

Introduzione di Claudio Siciliotti

 

Il libro nasce da una rilettura, a posteriori, degli eventi che hanno caratterizzato la vita della Professione dei Commercialisti negli ultimi trent’anni, con particolare attenzione alle trasformazioni che hanno garantito alla Categoria la visibilità e la considerazione socio-politica che meritava. Si narra degli artefici del cambiamento e della loro capacità di interagire e relazionarsi in nome di un Bene comune, ma ci si sofferma, altresì, su quanto l’alterazione delle dinamiche interne e la rottura degli equilibri precedentemente raggiunti abbia prodotto effetti devastanti sulla stessa Categoria. A dimostrazione del fatto che i successi e gli insuccessi, in qualunque ambito, spesso sono determinati non tanto dagli attori protagonisti della storia e delle storie, quanto dai loro atteggiamenti, dalle loro relazioni e dalla loro capacità o incapacità di interloquire. Questa narrazione, dunque, vuole essere un monito ai giovani, non solo Commercialisti, oggi Protagonisti di questa e di tante altre storie simili, affinché siano capaci di progettare ed agire guardando al futuro, senza però dimenticare di cogliere nel passato le criticità su cui riflettere ma anche i grandi tesori da custodire.

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Il Meridione d’Italia prima dell’Unità

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L’Italia del Sud era il «Reame», il Reame per eccellenza come dicevano

gli storici. Il Regno della Due Sicilie era all’avanguardia in Europa in

molti settori della tecnologia, dell’industria, dell’economia e soprattutto

era ricchissimo di cultura e di tesori dell’arte. Tra tutti i Regni italiani era

di gran lunga il più esteso, il più ricco e il più popolato e Napoli era il

cuore di questo Regno. Napoli era la più grande città italiana e lo Stato

partenopeo ferveva di industrie d’eccellenza… Il periodo nel quale era

entrato il Regno dai primi del Settecento con Carlo di Borbone, e più

energicamente al tempo di Ferdinando IV, era un periodo di progresso

nazionale. Ferdinando II riordinò l’amministrazione, curò il benessere

del paese, diminuì le imposte, promosse l’industria. La Calabria, assieme

al napoletano, era l’area più industrializzata del Mezzogiorno e

dell’intera penisola… Con Ferdinando II i napoletani furono indipendenti

ed ebbero un regime di vita di gran lunga superiore a quello che

aveva nello stesso periodo il Piemonte. Fino al 1860 il Meridione non

conosceva cosa fosse l’emigrazione. Dopo l’unione all’Italia sopraggiunse

la disoccupazione e con essa l’avvilimento e la disperazione”.

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Quando la ’ndrangheta sconfisse lo stato

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Introduzione di Arcangelo Badolati

Prefazione di Gianni Speranza

Particolari fino ad oggi sconosciuti. Aspetti intimi da un lato, ma anche di natura pubblica per ciò che rappresentava l’attività del sovrintendente Salvatore Aversa, ucciso dalla mafia insieme alla moglie a Lamezia Terme nel 1992. È quanto emerge da questo libro con la testimonianza diretta ed esclusiva del primogenito della coppia, Walter che, nel dialogare con l’autore, non si sottrare ad evidenziare i lati oscuri della vicenda, a partire dal racconto della supertestimone, Rosetta Cerminara. “Io sono sempre stato convinto che il suo racconto fosse ‘costruito’ in maniera da poter essere il più possibile preciso. Di sicuro oggi posso dire con assoluta tranquillità che quel processo ha avuto delle manine che lo hanno distratto, che lo hanno portato fuori binario. Io mi sono convinto dopo tutti questi anni che mio padre avesse avuto sentore di quello che si stava scatenando. Un ‘rimprovero’ lo faccio a chi, sopra mio padre, non aveva capito quanto era importante e che spessore avesse la criminalità a Lamezia”. Ma uno dei particolari più “scottanti” e sconosciuti all’opinione pubblica e alla stampa, è quanto accaduto poche ore dopo l’agguato mortale. “Tre uomini fecero ingresso a casa nostra, a poche ore dall’agguato. Due di loro, mai più visti, per un’ora e mezza rimasero chiusi nella stanza di mio padre. Cosa cercassero nessuno lo ha mai saputo”. Rimane un grande interrogativo “Chi ha fatto sparire le carte delle indagini su cui mio padre lavorava?”. Salvatore Aversa aveva capito che c’erano dei poteri forti, c’era qualche cosa di molto pesante che si stava organizzando contro di lui. La ’ndrangheta in quegli anni sconfisse lo Stato. Walter parla di “menti raffinate che lavoravano a stretto contatto con le famiglie criminali lametine e non solo”.

 

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La Storia di “mano di gomma”

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Prefazione di Antonio Nicaso

Il libro di Antonio Anastasi è la prima biografia di Nicolino Grande Aracri, uno dei boss più potenti e spietati della ’ndrangheta. Vertice indiscusso di una cosca che da Cutro si è proiettata nel Nord Italia, soprattutto in Emilia, Grande Aracri ha sfidato equilibri centenari della ’ndrangheta con il suo progetto di una nuova “provincia” mafiosa, autonoma e paritetica rispetto al crimine di Polsi, l’organismo di raccordo che da sempre governa la mafia calabrese. Il libro ricostruisce le relazioni del boss con imprenditori, massoni, uomini politici, fino al tentativo di collaborazione con la giustizia con cui Grande Aracri puntava a salvare i suoi familiari dalle nuove indagini alterando dati processuali. «È una finestra sul mondo oscuro e pericoloso della mafia calabrese, in cui le alleanze e le rivalità, le tradizioni e le leggi non scritte si intrecciano in un labirinto inestricabile di violenza e potere», scrive Antonio Nicaso nella prefazione.

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Una storia politica

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Se mi decido a scrivere non è per rivendicare meriti e riscattare torti; non sono spinto da risentimenti e neppure da nostalgia. Anche perché, se guardo indietro, più che quel che ho compiuto, vedo quello che avrei dovuto fare e non sono riuscito a fare. Scrivo per sottoporre la mia esistenza a un esame, anzi a una prova del fuoco che consenta di distinguere in tutto ciò che ho fatto, soprattutto nella dimensione pubblica piuttosto che in quella privata, qualche cosa di buono e qualche errore. Scrivo per raccontare alla folla dispersa e viva delle compagne e dei compagni, la storia che hanno vissuto. Scrivo per ricordare i compagni scomparsi: Vincenzo Vattimo, Pietro Trimarchi, Nicola Brandi, Ferdinando La Regina, Giuseppe Galizia, Vincenzo Rossano, Giuseppe Cortese, Antonio Dorsa, Francesco Pappaterra e tanti altri che hanno lottato per il Partito Comunista Italiano e per Spezzano Albanese. A tutti racconto una storia politica recente, fatti di luci e di ombre, con la massima sincerità ed esponendo la verità dei fatti, nello sguardo soggettivo che è proprio a ciascuno di noi. Chiedo scusa a tutte le persone che cito, negli apprezzamenti come nelle critiche. Le cito perché, nella lotta comune o come avversari, sono protagoniste di questa storia che abbiamo vissuto insieme. Lo faccio, dunque, sicuramente senza nessun odio o rancore che, purtroppo, qualche volta hanno infuocato oltre misura la lotta politica. Ma con la passione che ha resa degna la Politica di impegno quotidiano. Passione che, per chi l’ha vissuta, solo il passare del tempo può raffreddare. Ma mai spegnere.

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La Calabria negli anni delle stragi

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La Calabria, suo malgrado, è stata protagonista, all’inizio degli anni Settanta, del periodo stragista. La Calabria è una regione periferica, lontana dai centri del potere d’Italia. Una regione con meno di due milioni di abitanti ma incredibilmente centrale in una delle stagioni più complesse e drammatiche della nostra storia recente: gli anni della “strategia della tensione”. L’autore, partendo dalla sentenza-ordinanza del 1995 del giudice istruttore Guido Salvini sull’eversione nera, analizza il ruolo che la Calabria e i calabresi ebbero in quel periodo storico carico di tensioni e minacce per la democrazia. Della Calabria vengono raccontate e indagate le inquietanti e poco conosciute vicende in uno dei momenti più bui della Repubblica italiana. Dalla Rivolta di Reggio Calabria per il capoluogo regionale alla strage dimenticata della Freccia del Sud, dal Golpe Borghese all’“incidente” di cinque giovani anarchici, l’opera si sofferma sul rapporto eversivo tra destra neofascista e ’ndrangheta, unite per un comune obiettivo: destabilizzare il Paese. A mezzo secolo di distanza da quegli avvenimenti è tempo per una riflessione critica sul ruolo non secondario, anzi da protagonista, interpretato dal lato oscuro della Calabria.

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Arctic

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a cura del Seminario Permanente di Studi Itnternazionali Napoli-Ventotene

The Arctic is a unique region. Almost a “continent,” a “nation,” like an “ice state.” The Arctic is the essence of the whole world! Starting from these provocative expressions, we will try to engage with authoritative Colleagues on the Arctic and try to explain in this e-book our interdisciplinary point of view in a few words.

Libro in formato PDF

 

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‘A barracchella ‘e Muccune

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La prima parte, in versi, si salda strettamente alla seconda, le storie in prosa, che anzi costituiscono il contorno, dipingono lo sfondo e la scena di questo meraviglioso viaggio nei ricordi e nei sentimenti. La baracchetta che si vede in copertina è il simulacro di tutto questo volume, permeato di nostalgia, non solo per i tempi andati, ma per tutte le cose sparite, consunte e perdute, assieme alla baracchetta di Moccone, una baracchetta dalla figura materna. Così come una figura paterna è il maestro Eduardu (Luàrdu) della scuola di Camigliatello, aperta solo nei sei mesi di buona stagione. Quella buona stagione, quando 2 Prefazione Il titolo “’A barracchella ‘e Muccone – Storie piccole d’a Sila ‘Ranne” è una sintesi perfetta di quello che ci trasmette questo libro : piccola era la baracca e piccole sono le storie, a volte quadretti, a volte ricordi, a volte sentimenti personali; e grande è la Sila, non solo per i toponimi e la varietà dei luoghi che nelle Storie ricorrono (Moccone, Camigliatello, Votturino, Cecita, Lagarò e tanti altri), ma per i colori che le sue montagne, i suoi prati, i suoi torrenti (le jimare) acquistano nella memoria dell’autore, tingendosi di nostalgia per un tempo e un ambiente che non ci sono più. Quanti dei lettori, che hanno conosciuto quella realtà, ci si ritroveranno dentro. La prima parte, in versi, si salda strettamente alla seconda, le storie in prosa, che anzi costituiscono il contorno, dipingono lo sfondo e la scena di questo meraviglioso viaggio nei ricordi e nei sentimenti. La baracchetta che si vede in copertina è il simulacro di tutto questo volume, permeato di nostalgia, non solo per i tempi andati, ma per tutte le cose sparite, consunte e perdute, assieme alla baracchetta di Moccone, una baracchetta dalla figura materna. Così come una figura paterna è il maestro Eduardu (Luàrdu) della scuola di Camigliatello, aperta solo nei sei mesi di buona stagione. Quella buona stagione, quando 8 3 esplodevano i colori, i profumi, i canti degli uccelli della “Sila bella, Sila ‘ranne”, e quando a volte rimbombavano i tuoni e il bambino rimaneva col naso appiccicato ai vetri della finestra ad ammirare lo spettacolodi una “trupìa” estiva. In verità, come confessa il poeta,” ‘a cascia d’i ricuordi mi se sbota,/ca ‘e tantu tiempu la tenìa ammucciata” (si rovescia la cassetta dei ricordi, che tenevo nascosa da tanto tempo). Sono innumerevoli, questi ricordi : tra essi, per esempio, il ricordo dolcissimo della nonna che lava la mano sporca d’inchiostro dello scolaretto, e poi gliela scalda al camino.

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Alla ricerca dei beni comuni

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Testi di Carmine Abate, Andrea Baffoni, Emanuela Biso, Massimo Bottini, Anna Camedda, Antonella Caroli, Lucia Casarosa, Gloria Cerliani, Luca Cerretti, Gianluigi Ciamarra, Dafne Cola, Alberto Colidà, Pina Cutolo, Viola D’Ettore, Gabriele Del Guerra, Maurizio Di Stefano, Jessica Di Venuta, Erika Fammartino, Gioacchino Fasino, Gisella Giaimo, Maria Rosaria Iacono, Maria Teresa Iaquinta, Lucia Krasovec Lucas, Vincenzo Lagomarsino, Angelo Malatacca, Isabella Marchetta, Giovanna Mencarelli, Ernesto Cristiano Morselli, Paolo Muzi, Adriano Paolella, Matilde Spadaro, Alessandra Strano Interviste a Elena Bocci, Lina Calandra, Anna Guarducci, Raniero Maggini, Giovanni Minutoli, Francesco Porcelli Progetto grafico di Gisella Giaimop

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I discorsi parlamentari di Diego Tajani

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Il Centro Studi Diego Tajani in collaborazione con il Dipartimento di Lingua, Letteratura e Cultura della Queen’s University pubblicano i discorsi tenuti in Parlamento da Diego Tajani l’11, 12 e 16 giugno 1875, relativi al dibattito sull’ordine pubblico in Sicilia e in particolare sulla mafia. Dagli interventi, emerge lo spirito combattivo del parlamentare che racconta anche vicende vissute in Sicilia, quando da procuratore del Re di Palermo, ha cercato di fare luce sull’intreccio tra mafia e uomini delle istituzioni. Resta attuale la sua intuizione sulla mafia come governo del territorio.

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Amati sempre

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a cura di Ermanno Cribari

La forza d’animo, l’attaccamento spasmodico alla vita e agli amori curano come una chemioterapia. Nutritevi di tutto ciò che è bellezza, non perdete mai la concentrazione, non state con la testa fra le nuvole, bensì acuite la vostra attenzione alla vita, baciate più spesso le persone care, piangete liberamente e amate tutte le vostre cicatrici, siano esse esterne o interne. Non siate nostalgici e non pensate agli errori commessi, diventate dei militi disciplinati che hanno come unica consegna quella di vincere!

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Il segreto di Veronica

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Il segreto di Veronica si presenta, nelle prime pagine, come un libro riflessivo, salvo poi rivelarsi dopo appena una ventina di pagine come un giallo, fino a diventare un romanzo complottistico nelle ultime fasi dell’azione. Di certo un libro non banale, che mantiene viva l’attenzione del lettore con continui cambi di genere. La trama segue uno psicoterapeuta, Andrea, che si ritrova invischiato in un crimine nel quale sembra essere coinvolta una sua paziente e diventa quindi un detective amatoriale. La narrazione non si fa mai scontata, ogni qualvolta si pensa di aver intuito qualcosa, di aver sciolto i nodi del mistero, arriva un nuovo punto di vista, un nuovo dettaglio che stravolge ancora una volta le carte in tavola. Il filo della trama, presentata con una struttura sciolta, del tutto originale, è rappresentato dall’influsso riflessivo sulla situazione pandemica da noi tutti vissuta: il complotto fittizio, infatti, porta alla dispersione di un virus letale, ciò a cui tutti abbiamo purtroppo assistito negli ultimi anni. Si tratta di un romanzo che sfrutta la sua leggerezza narrativa per affrontare una riflessione profonda sul mondo che ci circonda.

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Fenomeno migratorio e politiche locali per l’integrazione

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Il retaggio di un approccio securitario delle politiche migratorie che si trascina da decenni, inasprito da una narrazione politica distorta sul fenomeno, evidenzia criticità in termini di un’adeguata accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati in Italia. Eppure, in questo scenario, sono affiorate esperienze e modelli di integrazione in grado di valorizzare l’incontro dialogico tra il collettivo migrante e autoctono. Il volume rileva l’esperienza di policy di Riace e la sua battuta d’arresto, alla luce di un quadro teorico socio-politologico, che tiene conto dell’interdipendenza dei quattro assi delle migrazioni transnazionali: la globalizzazione, il razzismo e l’etnocentrismo, i modelli e le politiche di integrazione, l’intercultura. Il libro si presta all’attenzione di studiosi, ricercatori e operatori nel settore delle migrazioni, delle politiche migratorie e della comunicazione politica.

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