Che il dio sole sia con te
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Che il dio del Sole sia con te. Per sempre ti possa accompagnare tra i sentieri della vita e tra i tagli della luna. Nel cerchio delle frasi che si legano ai colori tu trovi i respiri. I colori e le parole non sono sabbia ma vento. Ricordalo. Non perdere la luce dello sguardo. Anche quando gli anni turberanno i tuoi capelli e la tua pelle avrà incisi di nebbia tu resterai immensità di orizzonti e avrai con te non il passato ma la bellezza del ricordo e le foglie che hai sparso lungo le attese che sono diventate praterie. L’importante è che tu possa vivere nella consapevolezza. Non pensare di perderti perché perdendoti non ti perderai da sola, perché perdendoti anche noi ti perderemo. Il popolo delle frontiere ti sia di incoraggiamento. Guarirai dalle inquietudini soltanto se riuscirai ad ascoltare la voce del tuo silenzio. Che il dio del Sole sia sempre con te.
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Cherubino e Celestino
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Un viaggio lungo più di un secolo tra le organizzazioni criminali che hanno infestato l’area settentrionale della Calabria. Un viaggio tra boss e picciotti prima della “picciotteria” e poi della ’ndrangheta compiuto esaminando sentenze, documenti di archivio, pubblicazioni e giornali d’epoca e ricercando, come una volta facevano i grandi giornalisti, le foto più significative di personaggi che hanno dominato città e paesi forti, a volte, di un impressionante consenso sociale.
Il libro di Arcangelo Badolati è l’opera più completa ed esaustiva scritta sulle organizzazioni criminali della provincia di Cosenza. Traccia la mappa delle cosche calabresi e la catena di comando che ne determina strategie e interessi individuando l’esistenza di due “crimini”, uno a Cirò e l’altro a San Luca, così come emerge dalle più recenti indagini condotte dalle procure antimafia di Reggio e Catanzaro.
Ciao, Caterina
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Ciao, Caterina è lo struggente e permanente saluto di un giovane papà lanciato alla sua “piccina” quando, colto da un destino di morte improvvisa, trasmette per sempre il suo messaggio negli occhi, nel cuore e nella vita di quella donna/madre adorata che l’aveva concepita. E proprio lei, la compagna di una vita, fulminata da un distacco incredibile, lo scandisce ripercorrendo le tappe della figlia non solo a ritroso, ma anche sulla “soglia” del futuro: Caterina, la “deliziosa scolara che faticherà a capire, che si affannerà a sfuggire, ma che inevitabilmente sarà costretta ad accettare”.
Una meravigliosa testimonianza raccolta in un diario che sembrerebbe un tragico romanzo, ma è invece un’autentica lezione di vita, descritta minuziosamente da chi dedica i suoi studi alla pedagogia.
Cinque fratelli
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È la storia di una famiglia borghese, nobile e militare da fine Ottocento ai giorni nostri. È un raccontare uno spaccato del Regno di Napoli attraverso la tradizione della famiglia Gaudinieri – Bruni, una famiglia stemmata, che ha segnato un percorso, in quella civiltà aristocratica e nobiliare, che ha visto come riferimento alcuni centri del Sud Italia e in particolare: San Lorenzo del Vallo, Spezzano Albanese, Cosenza, Terranova da Sibari, Acri oltre che Cagliari.
A scrivere Cinque fratelli. I Bruni-Gaudinieri nel vissuto di una nobiltà sono stati Micol e Pierfranco Bruni, i quali hanno tracciato un viaggio narrativo, completamente documentato da ricerche d’archivio, da un apparato storiografico e correlato da materiale fotografico appartenente alla famiglia Bruni.
Micol e Pierfranco Bruni hanno ricostruito la storia di una famiglia attraversandola con un linguaggio narrativo. I cinque fratelli sono Adolfo (commerciante), Mariano (matematico e intellettuale), Virgilio Italo (commerciante e possidente terriero), Luigi (segretario comunale) e Pietro (geometra ed esperto di fotografia d’arte).
Si parte però dalla famiglia d’origine, ovvero da Francesco Ermete (Alfredo) Bruni di San Lorenzo del Vallo e da Giulia Gaudinieri di Spezzano Albanese.
Il commercio e la nobiltà incontrano due famiglie che sono possidenti agrarie. È il mondo delle professioni che apre prospettive sia culturali che tecnico-amministrative.
La nobiltà militare è stata testimoniata dal colonnello Agostino Gaudinieri, più volte decorato nella Grande Guerra, che è parte integrante tra le pagine del libro.
Si parla di una famiglia, quella dei Gaudinieri-Bruni, ma si propone uno scavo meticoloso e speculare e una interpretazione nell’evoluzione delle risorse, delle economie e delle nuove forme aristocratiche nella Calabria del Nord e del Regno di Napoli.
Il libro si chiude con uno studio che lega la famiglia al culto paolano, documentato, grazie alla attestazione della Platea Gaudinieri dalla quale si evince il segno tangibile della comunanza tra l’Ordine dei Minimi e i Gaudinieri in una profonda visione cristiana.
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Come d’improvviso
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Questo libro, che nasce da un’esperienza personale, racconta una storia nella quale ci si ritrova. Colpisce l’asciuttezza, il rigore dello stile e anche dei contenuti. E poi l’ironia sottile, a cui Moira Sola non rinuncia mai.
I personaggi si muovono in punta di piedi attorno al personaggio principale, la donna, quella che deve affrontare la prova più difficile.
E lei, che sembra guardare la vita dall’esterno, come se fosse in una grande bolla, nella malattia riscopre la vita.
La genesi del libro è stata particolare, quasi inconsapevole. È come se la storia avesse preso forma da sola.
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Compagni di viaggio
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La città svela piccoli e grandi drammi individuali. Un ragazzo chiede disperatamente aiuto tra l’indifferenza o, peggio ancora, la condanna generale. Un’auto contiene uno sgargiante giubbotto arancione, che a sua volta contiene un’esistenza rifiutata ed abbandonata, riempita con l’alcol. La societˆ affonda i suoi colpi fin dentro l’animo dei più deboli, e tutto ciò accade oggi sotto i nostri occhi. Riflessi amari emergono dallo stagno luccicante in cui spesso ci si sente condannati a vivere. Ma la vera condanna è l’indifferenza, l’apatia, il grigio al posto dei colori. Confrontandoci all’interno del “nostro” mondo abbiamo cercato di far vivere le nostre emozioni, ma soprattutto di trasformare l’incertezza, la sofferenza, da nemici invisibili e terrificanti in compagni di viaggio non più temuti ma rispettati.
Con la Calabria nel cuore
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..La Calabria è una terra che non si dimentica, la Calabria non ti lascia mai e se sei tu a lasciarla, te la porti sempre nel cuore. Come il destino, non ti abbandona mai, fa parte di te e te la ritrovi proprio quando ti sembra di averla perduta per sempre, perché costretto o perché così avevi deciso, magari in un momento di sconforto. Allora riaffiorano in te i sogni e i progetti, che erano il senso della tua vita. Sono questi i sentimenti che animano il romanzo di Katia Torchio, che attraverso storie d’amore, a volte tragiche e a volte impossibili, ci presenta momenti e figure attinte dal microcosmo degli emigrati, un mondo al quale la letteratura, meno del cinema, è sempre e comunque debitrice. …Un mondo che si affaccia su un mare accecante di azzurro, bellissimo e crudele, che spesso non dà quanto promette. Eppure a quel mare si resta legati per sempre e a quel mare si tende a tornare. Anche questo è scritto nel destino dei calabresi, di quelli che restano e di quelli che sono costretti ad andarsene: il mare come ansia d’infinito, come desiderio d’evasione, come sogno di ritorno alle origini, di ripresa degli ideali di vita originaria, dove niente sembra impossibile e tutto congiura a deluderti. Quel mare, come la Calabria, te lo porti sempre nel cuore, e il romanzo di Katia Torchio può aiutarci a scoprirne le ragioni profonde. (dalla prefazione di Enrico Esposito)
Cosangeles
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Ornella Muti si volta e citando il vero nome di Jo Pinter gli chiede: “Ma tu di dove sei?” “Di Cosangeles. Calibriornia.
A trenta chilometri da San Francisco di Paola”.
“Eravamo grattisti, siamo diventati mafiosi. Era vita da malavita”
Franco Pino
Non può essere che la casa di Paolo De Stefano, il boss dei boss. Fascista convinto, fece scappare Freda da Catanzaro.
Dicono che i Nuclei Sconvolti l’abbiano seppellita a Potame in una cassa, con una bottiglia di Dom Perignon e venti grammi di manali, e che tutto sarà aperto quando il Cosenza per la prima volta riuscirà ad andare in serie A.
La voce era corsa come un lampo tra Kennedy, la Matriarca, il bar Manna e il Gatto nero. Si sfidano con le Porsche sul Ponte di Mancini. Era stato il popolo ad intitolarglielo in vita senza attendere la toponomastica ufficiale…
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Crotone nera
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Una raccolta di racconti legati fra loro non solo dall’ambientazione, la città di Crotone, ma anche dai personaggi che, entrando l’uno in relazione con l’altro, come anelli di una catena tengono insieme i vari componimenti.
È cupa l’atmosfera che aleggia e ovunque imperversa lo squallore di un’umanità reietta che, indipendentemente dalla propria estrazione sociale, si trascina tra i liquami della corruzione morale… della cattiveria sociale.
La Crotone descritta è ferocemente attuale: non è più tempo di indugiare leziosamente in ricordi di fasti magnogreci ormai lontanissimi o in rimpianti di epopee industriali recenti e definitivamente finite.
Quella Crotone non esiste più. Quei crotonesi sono morti.
Ciò che rimane è una Crotone nera come una scoria, popolata da ombre senza corpi.
L’autore non è né vuole essere uno scrittore. Non è letteratura né sociologia quello che propone: l’intento è esplicitamente politico.
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Crotone nera
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Splende luminoso il sole sulla città di Crotone. Ma è proprio dove la luce è più brillante che le ombre si fanno più nere e profonde. Tenebre che si allungano nei vicoli sporchi della città vecchia, tra i palazzoni anonimi della periferia, sui suoli inquinati dalle fabbriche ormai dismesse… e nell’anima di tutti i crotonesi. È in questo spazio degradato, in questa oscurità di dentro, che i crotonesi inscenano le loro vite vuote, la loro quotidiana decadenza morale e sociale, tra i dolorosi abissi privati e il disperato smarrimento civile di una intera comunità.

Cuore di donna
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Cuore di donna è un romanzo ricco di sentimenti come l’amore, il sacrificio e la dedizione alla famiglia, un “nostalgico” viaggio storico-culturale che va dai primi del ‘900 agli anni ’70, attraversando, per quasi un secolo, un’Italia che ormai non esiste più. Un’Italia che ha lavorato ed è cresciuta sui propri sacrifici e sul proprio sudore, guidata dalle migliori convinzioni, contro gli inutili e pericolosi nazionalismi di una guerra mai dimenticata. Un romanzo appassionato che serve a stabilire l’incredibile divario, psicologico e sociale, esistente tra l’avvicinamento alla vita di un’adolescente “d’altri tempi” e quello delle adolescenti di oggi. È un romanzo scritto per le madri e per le figlie, in cui si respira tutto quello che davvero una donna può essere in ogni sua età. Da quando nasce a quando muore, una vera donna è solo amore.

Del soprannaturale nel romanzo fantastico
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Walter Scott, l’iniziatore del romanzo storico inglese, prende E. T. A. Hoffmann ad esempio della narrativa fantastica in Germania, accreditandogli il merito della creazione di un nuovo genere letterario, ma anche criticandolo duramente per le sue opere, in uno straordinario intervento di grande interesse, ma di difficile reperimento. Nella cultura europea del XIX secolo Hoffmann è considerato un punto di riferimento irrinunciabile: maestro del genere fantastico, precursore dell’indagine dell’inconscio, anticipatore del surrealismo, cantore della sensibilità umana, del dubbio, dell’incertezza che erano stati disseminati dal secolo precedente. Il complesso scrittore che sintetizza meglio di ogni altro la crisi di passaggio tra due secoli, cogliendo di ognuno le problematiche, le incertezze, le difficoltà, gli spunti d’instabilità creativa. Il volume riproduce il testo integrale di Walter Scott, “On the super natural in fictitious composition” (1827), nella storica traduzione italiana dell’editore Gaspare Truffi & C. (Milano, 1835), con una nota introduttiva di Romolo Runcini e un saggio di Carlo Bordon
Delitto in contropiede
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È l’ultima giornata di campionato per la squadra di calcio di Roccalta, un tranquillo paese tra i boschi della Sila.La sua quiete viene d’un tratto squarciata da un tragico evento che metterà in luce gli affari occulti del mondo del calcio. Il giovane pm Sergio Scarani e il maresciallo Luigi Pandolfi saranno catapultati in un mistero che si infittisce sempre più e che li costringerà a fare i conti con i loro limiti interiori e i fantasmi delle loro coscienze, prima di scoprire la verità.
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Devi essere forte
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Dalla Prefazione di Umberto Veronesi Sfogliando le pagine di questo libro ho riflettuto su quanta e quale forza la vita ci richieda. Non penso al vigore fisico, che è quasi una naturale costante che respira dentro di noi, ma piuttosto penso alla fermezza morale. Mi capita spesso – ma vorrei dire ogni volta che devo guardare negli occhi una paziente – di immedesimarmi in lei, di avvicinarmi al suo spirito nel momento in cui, magari inaspettatemnte, si debba comunicare la difficile notizia della malattia. Questa forza, per un momento la sento gelarsi, smettere di battere come il cuore, abbandonare tutta la sua energia nel mio sguardo, quasi a volere richiedere con potenza un aiuto per richiamare tutto il coraggio, tutta l’intensità necessaria ad accettare e affrontare la dura prova del tumore. Penso a come questa forza debba diventare fortezza di fronte a importanti decisioni, determinazione nel non cedere all’affanno. Forza che si fa valore nel difendere la propria vita allontanatasi dal sentiero di pianura. Forza che diventa ferma volontà di rispetto verso le proprie qualità intellettuali e morali anche nel vivere la malattia. In queste pagine, diario del cuore, ritrovo questa forza morale, questa ricchezza emotiva, questa carica interiore, questo spirito combattivo e voglia di rivincita sulla vita che non si arrende, che non si arresta di fronte all’avversità. Scorgo una forza che trova la sua anima nei “vecchi” ricordi che la curano, che la accompagnano con calore nel percorso di un cammino più difficile dei lunghi e noiosi inverni di Fagnano, lontano dalle spensieratezze dell’infanzia. Ma che palpita anche nella malattia, che torna a rivivere per quel passato che ha dato tanto, per quei figli occhi del futuro, per quelle piccole cose quotidiane che prima non si comprendeva quale profondo sapore dessero alla vita. Che sono oggi i punti importanti da cui ripartire e per cui rinascere al domani. Con forza.

Diari 1939-1976
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Con la pubblicazione dei Diari di Fortunato Seminara, la Fondazione a lui intitolata, fornisce uno strumento prezioso per comprendere sia la sua opera e la sua personalitˆ, sia la societˆ meridionale nella quale Fortunato Seminara trascorse la maggior parte della sua esistenza. Si tratta della trascrizione scrupolosa e quasi integrale dei diari che dal 1939 al 1976 Seminara tenne con cura costante. Pochi brani sono stati pubblicati dallo scrittore su giornali di cui era collaboratore ed essi sono puntualmente indicati da Erik Pesenti Rossi, che ha curato questo testo corredandolo di note e di una densa introduzione critica. Entriamo così nel laboratorio dello scrittore…

Diario di un insonne
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Diario di un insonne si sviluppa sulla base simbolica dell’insonnia del protagonista. Si snoda in un mondo di silenzi e riflessioni libere e creazioni di ogni genere, dal racconto propriamente detto alle schegge descrittive o meramente filosofiche. Del protagonista non sapremo nulla o quasi al di là di poche notizie frammentarie e del fatto che di notte anzichè dormire tiene un diario. E in effetti questo è un significato centrale del lavoro, poichè il vero protagonista è il Diario stesso, le riflessioni notturne – a volte originali o addirittura strampalate – contaminate il meno possibile da un mondo “altro” che si rappresenta come semplice sfumatura e poco credibile continuazione di quello notturno. La frammentazione ed eterogenia degli stili e dei temi sono funzionali alla proiezione coatta del lettore in un’ambientazione letteraria priva di riferimenti, in cui il soggetto scrivente – in quanto persona, titolare di vita oggettiva – smette di essere prominente e si lascia sostituire da pensieri che appaiono slegati persino da una volontà comunicativa. E’ sostanzialmente la descrizione di come il mondo appare da dentro lo stomaco della notte: un grido silenzioso della mente creativa, un grido in cerca di voce.

Disgrazia in casa Amato
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Scritto fra il 1937 e il 1952, Disgrazia in casa Amato è un vigoroso e inquietante spaccato di un ambiente provinciale dominato da un sistema ancestrale di pregiudizi e di norme consuetudinarie. Il dramma di una famiglia piccolo-borghese vittima di uno “sfregio” scaturisce dal contrasto tra l’etica dell’onore da difendere a ogni costo, nella convinzione di esercitare un diritto sanzionato dalla cultura popolare, e le perplessità di chi, per ragioni psicologiche e sociali, non si mostra in grado di rimediare all’offesa. L’atmosfera cupa e oppressiva è scandita da una tensione narrativa che affianca dimensione documentaria e indagine di smarrimenti esistenziali, impegno conoscitivo e soggezione a un destino cui ci si può sottrarre solo con una lacerante crisi di identità. Romanzo insieme di caratteri e di ambienti, è la storia di una vendetta non realizzata, per quanto continuamente discussa e progettata, ma è anche una intensa riflessione sull’indecifrabilità del reale e sul senso di solitudine e di incomunicabilità dell’uomo.

Donne di Napoli
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… Comunque sia, la Napoli di Seminara è una città essenzialmente “moderna”, non arcaica e/o pittoresca, dove vengono evocate le arterie commerciali, le vetrine che Ortensia e Antonietta ammirano, le automobili; una città “moderna” dove i personaggi vivono in appartamenti (e non in bassi), fanno feste, si divertono, e aspirano ad una vita comoda e borghese (Ortensia sogna di arricchirsi grazie ad investimenti in borsa). Viene messa in scena una città “normale”, resa vivace e originale dalla scelta dei protagonisti, essenzialmente donne, giovani, non sposate (o separate come Antonietta) che non rientrano negli schemi tradizionali della società. Ne riparleremo.
Posso condividere in parte il giudizio di Pizzarelli per cui il romanzo «avrebb[e] potuto essere ambientat[o] in qualunque altro luogo senza nulla perdere e nulla guadagnare», insistendo però sul carattere indispensabile della dimensione cittadina di Donne di Napoli…
(dall’Introduzione)
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Due fiumi sette colli una città
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La storia di una città può essere scritta e rivisitata in tanti modi e percorrendo tante strade. Può essere scritta spulciando i documenti ammucchiati negli archivi alla ricerca di una inedita e sconosciuta notizia. Può essere scritta analizzando una bibliografia cospicua. E ancora può essere scritta descrivendo l’edilizia civile e religiosa, percorrendo la toponomastica. Ed ancora tracciando la biografia degli uomini illustri. E può essere scritta dando voce alle piccole cose. Benito Patitucci, che occupa un posto di rilievo nel mondo culturale di Cosenza e che ha dato notevoli e qualificati contributi alla storia della sua città, ha imboccato questa strada…(dalla Prefazione di Coriolano Martirano)
Duemilaventi
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Una vita d’amore, di affetti, di nostalgia, di ricordi, nella ricerca di un mondo irrimediabilmente perduto e non più ritrovato. Mettendo a nudo la sua anima all’attenzione dei suoi lettori, si può toccare con mano quel groviglio di sentimenti, di passioni e di malinconie di un uomo, che ha sempre sprigionato generosità e amore gratuito, senza mai monetizzarlo. Egli sa che il lettore gli è vicino, perché è un suo alter ego, che trova chi dà voce al suo comune sentire. La lettura delle pagine di Mario Gelsomino, che è poeta dell’anima, rivela il suo innamoramento per i versi, ai quali affida la quotidianità del vivere, l’elevatezza del sentire e lo scavo del suo “io” più profondo. Come Pascoli, ha in sé un “fanciullino”, che trova poesia e consolazione anche negli aspetti più comuni, conservando preziosa la semplicità nel rendere, sentire e tradurre in canto poetico tutto il mondo che lo circonda.