Quando credere diventa una scelta
(A cuda di Loredana Nigri)
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Quando credere diventa un scelta è il titolo emblematico per descrivere i risultati di una ricerca sul campo tesa a cogliere le motivazioni del credere all’interno di una realtà del Mezzogiorno d’Italia. L’analisi dell’esperienza religiosa di giovani, adulti e anziani ha consentito di individuare alcuni elementi tipici di una religiosità generazionale oltre che una significativa pluralità di “identità credenti” all’interno della comune appartenenza cattolica. La rilevanza culturale del cattolicesimo, indagata in profondità, cela modi di appartenere diversificati ma sempre caratterizzati da motivazioni e riflessioni personali che in alcuni casi descrivono un allontanamento dall’offerta istituzionale, ma, in altri, testimoniano la possibilità, tutta moderna, di vivere in maniera più approfondita e consapevole la propria fede messa continuamente alla prova dalla complessità del pluralismo contemporaneo. Una fede, dunque, che non muore e né risorge, ma che si trasforma, inscrivendosi nelle storie di vita in modo nuovo e sempre significativo.
Quell’estate al bar Tagliaferri
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Uno zibaldone di dialoghi narrati tra il serio e il faceto. Protagonisti sono i sogni di promesse mai mantenute, una sciarada di emozioni irrisolte dove la forza sbilenca dell’autoironia fa il suo gioco. Il flusso di coscienza rimane operazione utile per bilanci esistenziali non discussi in cui il presente e il passato si rincorrono sui tavoli del bar Tagliaferri.
Racconti al maschile singolare
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Lei tratta il bello e il brutto con la leggerezza propria delle ballerine e dei ballerini sulla scena. Umani che affrontano la complessità delle figure più faticose, più articolate, privandole del peso. Dove finanche il gesto più grave, si libra nell’aria libero, eppure consapevole delle leggi fisiche che costringono a terra chi non sa danzare. E sia chi non sa danzare, sia chi invece crede di saperlo fare, nei personaggi e fatti descritti da Maria Carmela troverà nuove coreografie e conferme per il suo ballo. Un ballo dove spazio e tempo – quello che per l’autrice “passa, che sa passare” – si sospende, tra i passi in cui lo spirito al quotidiano umano si diletta. (dalla Prefazione di Pino Sassano Libreria Mondadori Cosenza)
Racconti brevi e sciolti
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Cos’è lo scrivere se non un istinto di sopravvivenza, un patto con se stessi, col mistero di ognuno di noi, che viene disvelato quando non si è già più, quando si è già ombra o semmai ricordo, per qualcuno, che è stato testimone della nostra quotidianità.
Questo vale per gli scrittori più o meno famosi. Non è il mio caso.
Non sono uno scrittore, né più né meno, famoso.
Sono una persona, che scrive o meglio che pensa storie mentre fa spesa, cucina, intorno ad altri, che vivono le loro vite.
Relazioni pericolose
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(A cura di Loredana Nigri) -Scrivere sulla relazione d’aiuto negli aspetti e negli esiti dell’intersoggettività: è questo il tentativo di un manipolo di ardimentosi operatori di diversa professionalità, dipendenti dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, che hanno aderito ad una sperimentazione di scrittura creativa proposta dall’Area Integrazione socio sanitaria. Sono assistenti sociali, educatori, medici, psicologi, tirocinanti, gli autori dei quindici racconti di “Le Relazioni pericolose. Aiutare stanca, aiutare cambia”. Sospesi tra il professionale e l’esistenziale i racconti sono ispirati da persone e circostanze lavorative, non riconducibili però a individui, situazioni e contesti precisi. Una sorta di “summa” del ricordo di tante o di una in particolare, situazione o persona, che si riverbera e ha informato il proprio modo di espandere o contenere e ridurre, la traiettoria intersoggettiva della professione d’aiuto. Le storie, tutte di fantasia, cucite però con una trama di incontri, sensazioni e vissuti reali, sono quindi un pretesto per testimoniare l’intreccio, l’accavallarsi, il sovrapporsi, l’accompagnarsi o più semplicemente l’inserirsi di tali situazioni, nella vita degli operatori, per capire se, quanto e come l’hanno toccata e cambiata. Era Una visita domiciliare. La prima, e per darmi coraggio pensavo tra me e me: in fondo Ho ventitré anni. È il 1979. Ero terrorizzata da questa nuova esperienza. Questa volta non avrei potuto chiudere le Emozioni nel camerino dei vissuti. Lei è medico? mi aveva chiesto diffidente, la donna sulla porta. Mentre mi scrutava, le mie insicurezze aumentavano vertiginosamente e cominciai a pensare alla persona incontrata il giorno prima, mi aveva colpito. Parlava di sé, del suo lavoro ad una giornalista. Diceva convinta: Io educatore professionale…. In redazione, tutti pendevano dalle sue labbra. Ed io al solito vagavo col pensiero. Avrei voluto solo Guardarmi allo specchio dei tuoi occhi scuri Alessandro, tra natura e cultura. Quasi come in una Favola esistenziale, tra l’Azzurro e il mare. Certo oggi per me Scrivere è un lusso, ma è indispensabile soprattutto ora, con Una voce che non ha suono. Preferirei forse ritornare con la mente al ricordo dell’ultima volta che sono stata felice quando Il rumore della pioggia ritmava il tempo. Al tempo in cui Le relazioni pericolose erano tutta la mia vita.
Reti mediterranee e tesori d’italia
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Una scoperta casuale, nell’Archivio storico del Ministero degli Affari Esteri di Roma, diventa il punto di partenza di questo lavoro. Da un faldone, colmo di documenti italiani preunitari sull’Africa mediterranea, che rimanda ad altri mille faldoni l’uno all’altro accostati, si dipartono i fili della riflessione: dall’aleatorietà della ricerca, di quella storica in particolare, alla riconsiderazione delle delimitazioni di campo e delle competenze comuni tra lo storico e l’archivista, dalla consapevolezza della ricchezza straordinaria dei tesori documentari conservati nei nostri archivi alla necessità, quasi impellente, di rendere fruibili quei tesori, di renderli veri e propri patrimoni condivisi. Nasce, quindi, sulla base di queste considerazioni, il progetto di mappatura e di analisi dei fondi italiani preunitari sull’Africa mediterranea presso il MAE: una vera e propria finestra sull’altra riva del Mediterraneo. Quella riva in cui, consoli sardi, toscani e napoletani, insieme ai consoli di altri stati italiani ed europei, mentre giocano il ruolo di penetranti osservatori e di abili mediatori con l’“Altro”, costituiscono gli epicentri di altrettanti network locali e internazionali. Quella riva in cui, legandosi da una parte alle periferie dei paesi nei quali risiedono, alle autorità politiche locali, alle élites economiche, e dall’altra alle rispettive segreterie di stato per gli Affari Esteri, quegli stessi consoli producono uno dei più interessanti tesori documentari del nostro paese.
Ricordi e riflessioni di un vecchio medico diversamente giovane
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[…] I ricordi somigliano ai reperti sparsi e disordinati rinvenuti dagli archeologi sotto strati di polvere e che bisogna poi ordinare e collocare nelle epoche giuste. Così avviene anche per i nostri ricordi ammucchiati, in disordine, nel magazzino della memoria. […] Mi accingo, tanto premesso, a raccontare alcuni dei miei ricordi di vecchio medico, non necessariamente i più importanti, convinto di poter strappare qualche sorriso e forse di stimolare qualche riflessione. (dalla Premessa)
Rimarrò sempre un ragazzo
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Fermare la vita che trascorre con lo spirito di chi sceglie di rimanere sempre un ragazzo sapendo, però, che la vita trascorsa, con tutto quello che l’ha accompagnata, è piena di esperienze il cui ricordo merita di essere trasmesso.
Una forma scorrevole rende semplice, piacevole e comprensibile la lettura in un insieme di ironia, fatti storici del nostro tempo, fantasia e poesia.
Un ragazzo esamina le cose con la freschezza della sua mente, con un’immaginazione, forse, ancora immacolata che viene, però, mescolata alle innumerevoli esperienze vissute.
È quello che traspare da queste pagine che si propongono ad un lettore interessato a condividere le emozioni vissute con il desiderio di raccogliere le testimonianze proposte.
Ne è risultato un insieme di realismo fantasioso, amore per la descrizione lineare, ricordi di amicizie, sentimenti e tanto rispetto per la natura.
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Rispondimi, bellezza
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Ora dunque appare gigantesca, quasi imbattibile l’onda dell’astrazione. Per essa vige il puro valore del numero, come se cioè “molto” fosse anche “molto bello, o valoroso, o intelligente”. Logica puramente finanziario-economica del mondo. Ci vogliono figli di N.N., del numero e del narcisismo, ovvero il culto dell’immagine di sé, culmine dell’io come monade, culmine di astrazione. Eppure, vive agile e forte nel moderno e nelle sue propaggini anche una idea, una visione di arte che – parimenti a ogni fenomeno storico – ha radici precise, nel crinale tra Oriente e Occidente in cui si formano le estetiche greca ed europea: arte come ritmica e drammatica composizione di misure. Tale composizione, per quanto diramata in forme e stili infiniti, contrastanti, slabbrati, spregiudicati, visionari, tremendi, esprime quel che Ungaretti chiamava “sentiment de l’infini” (dall’Introduzione).
Risveglio dal buio
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… La madre si alza da letto, attraversa il corridoio, apre la porta della stanza del figlio.
La stanza è vuota. Il figlio non c’è. Lavora a Londra. La casa è vuota.
La protagonista tenta di superare “il limite” di una morte, priva di senso come tutte le morti, per restituire il valore di un “senso” alla propria vita.
Con l’immediatezza dello schizzo preparatorio, del “no finito”, del “provvisorio”, la storia prende la “sua” forma dentro il “cuore della mente” del lettore…
dalla Prefazione di
Gabriele Lavia
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Ritorno in Calabria
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Alla soglia dei cinquant’anni un uomo a Milano riflette sulla propria vita e ripercorre l’infanzia nel paese natìo, Sant’Andrea Ionio; gli anni nei seminari di Squillace e Catanzaro, luoghi di apprendimento, ma anche di dolore e di pena; gli sforzi immani compiuti per sfuggire ad una Calabria che gli appariva arretrata e invivibile; gli studi e il lavoro in Italia e all’estero. Si accorge allora con sgomento che i conti non tornano e arriva il momento della disperazione, vinta però con l’aiuto insperato delle energie mentali della sua terra. Ritorno in Calabria, Viaggio a Gerusalemme e Sesso e Paradiso in preparazione, mettono in luce i preziosi giacimenti culturali e umani della Calabria, quanto mai necessari oggi per una più alta prospettiva dell’umano destino.
Romancero gitano
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Pubblicato nel 1928, “Romancero gitano” è uno dei vertici della poesia di Federico García Lorca e comprende alcune delle sue poesie più famose. L’intera raccolta è pensata nell’ottica del popolo gitano: il poeta ne invidia l’atteggiamento nei confronti della libertà, dell’amore, della morte. Nel “Romancero”, García Lorca canta il sogno di una vita più vera in cui amore, dolore e tragedia sono vissuti con straordinaria intensità.
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Saliscendi d’amore spettinati
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Uno zibaldone di dialoghi narrati tra il serio e il faceto. Protagonisti sono i sogni di promesse mai mantenute, una sciarada di emozioni irrisolte dove la forza sbilenca dell’autoironia fa il suo gioco. Il flusso di coscienza rimane operazione utile per bilanci esistenziali non discussi in cui il presente e il passato si rincorrono sui tavoli del bar Tagliaferri.
Sanguinis effusione
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Estate del 1528. Mentre le truppe francesi di Francesco I calano, quasi incontrastate, alla conquista del Regno di Napoli, la Capitale e Catanzaro sono le ultime due roccaforti a difesa dell’Impero di Carlo V. Entrambe sotto spietato assedio. Un testimone oculare degli eventi annota in un diario i tre mesi di strenua resistenza della città calabrese in cui i fatti d’armi s’intrecciano in trame d’amore, cadute e resilienze, vergate con l’effusione del sangue. Sanguinis effusione.
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Santa Caterina
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Un recupero di “memoria storica” potrebbe questo mio tentativo essere definito. Certo, ciò potrebbe essere vero se non mi aspettassi la critica o, peggio, l’accusa di usare impropriamente l’espressione “memoria storica”, trattandosi di fatti e di figure legate, in fondo, alla realtà riduttivamente territoriale di un rione.
Un’obiezione, questa, che avrebbe una certa validità se i “personaggi” e gli avvenimenti, che si individuano nel rione S. Caterina, non avessero dimensioni tali da poter trovare anche al- trove una propria collocazione, essendo – a proposito delle figure umane – degli esseri che mi pare siano dotati di grande sensibilità, umanità e saggezza.
Un discorso quindi, che nasce nel rione, ma che va al di là dello stesso per potere avere un nesso e un’apertura verso un mondo che prende lo spunto da fatto di ieri, ma che è proiettato in avanti per recuperare e riportare valori e significati che ap- partengono sì al passato, ma anche al presente e, perché no?, al futuro. In quella logica della continuità che è tipica della storia di ogni uomo e dell’umanità intera.
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Scipione l’italiano
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Le Olimpiadi, i Mondiali di calcio, il Giro d’Italia, la boxe: pochi scrittori italiani hanno vissuto così avidamente lo sport come Franco Cordelli. In questo quaderno filosofico sulla portata dei riti sportivi moderni di massa, l’autore di fortunati romanzi come Una sostanza sottile gioca a carte scoperte, perché “scrivere di sport significa, per me, scrivere di me”.
Da Fausto Coppi a Michel Platini, da Franz Beckenbauer a Laurent Fignon, le gesta di questi eroi moderni vengono osservati e indagati sullo sfondo dei rivolgimenti geopolitici tra la fine degli anni ’50 e la fine degli anni ’80, e nel clima psicologico e spirituale del mondo moderno post-bellico.
Scipione l’italiano riflette vorticosamente su tutto: sul significato della vittoria e della sconfitta, sulla potenza, sul ruolo dei tifosi, sul sistema mediatico sportivo, sul senso dell’epica nel tempo della pace. E quasi ci si sorprende che riti ludici di massa possano suggerire così tante idee e suggestioni sulla modernità e sui popoli.
La scrittura di questo libro, come sempre quella di Cordelli, è avvolgente, inesorabile, implacabile, concentrata e ipnotizzante; una scrittura che accarezza continuamente una verità definitiva, che però non esiste, e sembra soltanto la musica di un attimo. Lasciando nel lettore il dubbio che in fin dei conti non è la verità la posta in gioco della letteratura, ma stare senza corruzione e con mente pura e curiosa nel calore del proprio tempo, nel mondo così com’è.
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Sertorio a quattromani
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“La strada” è spesso stata nell’immaginario collettivo sinonimo di avventura, viaggio, conoscenza di sé, con l’inevitabile rischio dell’autodissoluzione e dello sperpero. Un’esperienza di formazione che può riuscire o fallire o, infine, fallire tragicamente.
Via Sertorio Quattromani, la strada di Cosenza sulla cui denominazione i due autori hanno scelto di costruire il Witz del titolo, è invece tutt’altra cosa. Non è forse neanche una strada, ma uno snodo, un punto di passaggio, una porta spazio-temporale che mette in comunicazione due mondi, due città e soprattutto due tempi.
(dalla Prefazione di Raffaele Perrelli)
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Sognatore di algoritmi
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Il mondo è un grande intreccio…. piccolo e fitto di opportunità per ritrovare nell’altro un po’ di se stessi Quale sarà la memoria del vissuto di questi anni tenuto conto che la comunicazione è sempre più virtuale ed effimera? Sms, chat line, webcam, hanno preso il posto delle lettere e solo le email, se conservate, potranno restituire un piccolo “tesoro”. È ciò che Laurie e Désirée troveranno nel 2035 in un “vecchio” cd-rom. Al suo interno un “Diario” molto speciale che le trasporterà, silenti spettatrici di pagine riservate, indietro nel tempo attraverso una fitta corrispondenza di “lettere informatiche” tra Antoñejo e Jodie. Email conservate pazientemente in ordine cronologico, inviate ed attese come antiche missive, alle quali “allegare” racconti, articoli, quotidianità ma soprattutto emozioni, sentimenti, riflessioni e soffi poetici. Un uomo e una donna, due vite allo specchio, iniziano il loro viaggio parallelo per uno scherzo algoritmico generato da un motore di ricerca, divenendo esploratori di tematiche sensibili (politica, guerra, criminalità, violenza sull’infanzia e sulle donne, Shoah, legge Basaglia) e reconditi desideri dell’animo. A fare da cornice la tecnologia ed il suo linguaggio, dove sogno ed algoritmo rappresentano le facce di una stessa medaglia ed i puntini, uniti nell’immaginario dell’infinito…. che sospendono ed attendono … “un mondo reale dell’inconscio”.
Solo andata
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Il titolo richiama il viaggio in treno che portò l’autore da Cosenza a Roma, ancora bambino, per scelta dei genitori, che avevano deciso di vivere nella “ grande città”. Quella scelta, l’Autore non l’ha mai sentita sua e il legame con Cosenza ha pesato molto, addirittura fuori misura e si è tradotto in una testarda fedeltà che ha attraversato il tempo dello studio, del lavoro e della famiglia.
Il ritorno è stato ripetutamente cercato e alla fine è sembrato che potesse finalmente realizzarsi.
La riscoperta della realtà, però, in questo caso la natìa Cosenza è sempre molto diversa da quella percepita con la lente della memoria.
La conclusione dell’Autore è che, anche nel suo caso, il ritorno da difficile è diventato impossibile e questa conclusione si motiva con il racconto della città di come era e di come oggi è diventata.
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Sono sbagliata
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È il racconto della vita di una “brava bambina” che cresce appunto brava, educata ed adeguata agli standard stabiliti e che non si ribella mai o quasi mai se non esplodendo in pianti e urli che sono il suo unico sfogo. Cresce con la sicurezza che farà grandi cose nella vita e volerà lontano per realizzare i propri sogni, le proprie speranze e soprattutto i propri desideri. Sogna, come le principesse delle fiabe, di incontrare un giorno, e sposare un principe azzurro bello, ricco e affascinante che la salverà dai mali del mondo e la porterà sul suo cavallo bianco in un bel castello incantato. La storia che racconto ovviamente non appartiene ad una sola Rosa ma piuttosto ad UNA o NESSUNA o CENTOMILA Rosa che in un momento problematico della propria vita, hanno smesso, senza rendersene conto, di essere libere e hanno pensato che fosse più comodo e semplice, delegare ad altri la gestione della propria vita e dunque della propria libertà, che magari avevano conquistato nell’arco degli anni, combattendo contro luoghi comuni e divieti educativi e che inconsapevolmente lasciano scivolare in cambio di una presunta facile libertà purtroppo degli altri e non certo della propria. Ad indurle a tale sciocca delega, contribuiscono quelle frasi che, rigettate con forza da bambine, irrompono con virulenza e invadono la psiche.
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