Anno di pubblicazione | 2003 |
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Numero pagine | 66 |
Formato | Cartaceo |
ISBN | 88-8101-176-X |
Autore |
Butti Enrico Annibale |
L’immorale
Protagonista di L’Immorale di Enrico Annibale Butti (Milano 1868-ivi 1912) è un plebeo che diventa ricco mediante l’assassinio del cugino rivale in amore ma, proprio quando con soddisfazione si vede trionfatore e si riconosce convinto disprezzatore della morale comune dopo aver sposato la ricca vedova e aver fugato da lei ogni sospetto del turpe atto, rimane vittima, antesignano in questo del marchese di Roccaverdina, di un rimorso che non gli dà tregua e in cui trova la propria punizione, la conferma esemplare del rapporto fra delitto e castigo. Racconto lungo o romanzo breve, pubblicato nel 1894 fra la prima edizione (1892) e la seconda di L’Automa (1897) ma redatto alcuni anni prima, è un testo ricco di connotazioni storico-letterarie che richiamano aspetti della poetica naturalista, forme del romanzo russo, la letteratura italiana verista nel suo scorcio di tardo Ottocento e già epigonica in un contesto nel quale si delineano sensibilità intimistiche ed estetizzanti presso un D’Annunzio o un Fogazzaro, precorrimenti di un “grottesco” come rovesciamento della linearità e coerenza della oggettiva rappresentazione del reale. È un testo, altresì, vario di riflessi culturali annodati al plesso di un intenzionale approfondimento filosofico compartecipe di grandi esperienze europee proprie di una letteratura di pensiero, fra le quali quelle di un Ibsen e un Dostoevskij, anche se destituite del loro indirizzo critico e anticonformistico. Il naturalismo di L’Immorale è piegato a moduli psicologici e collegato alla forma del dramma intimo ma è tale da favorire, sul piano stilistico, un certo dominio della forma, un qualche rilievo plastico drammatico conferito a sensazioni e immaginazioni, un ordine di rappresentazione che impedisce l’effusione romanticheggiante e la nebulosità decadentistica pur non senza un’incipiente attrattiva verso l’onirico e il fantastico puri e costringe gli stessi segni di estetismo o di visionarietà nel contesto di una selezione linguistica e strutturale particolarmente controllata. In definitiva si intuisce la pretesa dello scrittore di orientarsi nel panorama contemporaneo scartando, del naturalismo, ogni elusione dell’intento etico ma non l’invito ad osservare e analizzare la realtà pur se ridotta all’individuale psichico; rifiutando, dell’estetismo, un eccesso d’artificiosità d’invenzione e stile ma allineandosi ad esso per vocazione aristocratica d’un’arte che ripudia i gusti e gli orizzonti culturali delle masse; privilegiando, di una cultura antiidealistica, nuclei di pensiero collocabili fra positivismo, Schopenhauer, il “superuomo”, ma mescolandone la forza ideologica di contestazione insita nella prospettiva analitica e critica con l’accoglimento di teoremi di segno contrario per rimanere nel vicolo cieco di una morale edificante, conciliata con le correnti norme sociali ed istituzionali.
Editorial Review
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