Anno di pubblicazione | 2002 |
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Numero pagine | 196 |
Collana | Narrativa |
Formato | Cartaceo |
ISBN | 88-8101-129-8 |
Autore |
Palmieri Ciccio |
La menzogna
La menzogna ha come protagonista un giovane di Ferdinandea – Casimiro Bellomo – che, dopo aver scoperto e abbracciato l’ideologia marx-leninista fin dall’età del suo intendere e volere, a un bel momento, quasi per ricompensa, si vede respinto ed emarginato dai co-dirigenti della sezione del suo paese. Ne incassa il colpo definitivo a Fragalà, durante la commemorazione del decennale dei morti di Melissa dove anche lui, studente a Crotone, è intervenuto con grande entusiasmo e slancio partecipativo. Giovenale Porfirio, dirigente provinciale del partito e suo esempio da emulare, non lo accoglie come meriterebbe, anzi ad un certo punto lo redarguisce e l’offende come un monello sorpreso a rubare la marmellata, per poi suggerire alla delegazione di Ferdinandea, paese di origine dei due, di cancellarlo dagli iscritti al partito perchè arrogante, insolente e presuntuoso. Ma la trama del libro registra altri episodi, altri personaggi, altri atteggiamenti ed altre realtà su cui il giovane, molto perspicace ed intelligente nonostante le umili origini di provenienza e di formazione, apre gli occhi, verifica, indaga, commenta comportandosi ed agendo di conseguenza. Dalla ricerca della verità alla verifica della menzogna l’arco è breve, e, prendendone atto, ne trae le debite conseguenze. La sua non è una presa di posizione contestataria e irresponsabile, ma il ricavo di una convinzione in cui false apparenze ed imbrogli, prevaricazioni e distorsioni della realtà, raggiri e decisioni unilaterali, fanno da sfondo ad una rappresentazione iconografica dove le mistificazioni e la totale mancanza di dialogo rendono impossibile il confronto e intollerabile ogni dissenso. Chi, nel bene e nel male, rappresenta il punto di rottura con la militanza attiva e sincera di Casimiro, è, appunto, Giovenale che, forte della sua posizione, istruisce e manovra a suo piacimento la base dirigenziale della sezione di Ferdinandea, intentando processi sommari contro chi si prende licenza di critica e contro chi non la pensa come lui, o – come fa credere – non si comporta secondo le direttive emanate dalla dirigenza provinciale e nazionale del partito. “Il comunismo – egli afferma nel corso del processo in sezione intentato contro l’avvocato Ceraso firmatario di un documento di condanna sull’invasione dell’Ungheria da parte dei carrarmati russi – è uno solo! Non ci sono differenze tra Ferdinandea e il resto del mondo. O ci si crede e si accetta così com’è, o se ne sta fuori. Non esiste un comunismo cristiano o d’opinione come vorrebbero far credere Ottorino Ceraso e quella masnada di compagni scellerati che in campo nazionale hanno formulato e sottoscritto quel lurido documento contro l’Urss”. Ed è proprio l’avvocato Ceraso che fa capire metaforicamente ad un operaio ed ex componente del direttivo della sezione che “allontanarsi dalla mandria qualche volta fa bene, perchè alla fin fine è meglio star fuori (dal partito) ed essere se stessi, che starvi dentro e non poter esprimersi liberamente”. In altri termini, la libertà di pensiero e l’indipendenza della parola non possono essere immolate sull’altare di un’idea che, pur grande e rivoluzionaria nella sua formulazione filosofica, si pone in pratica agli antipodi della natura degli uomini che è impastata di libertà, di democrazia, di dignità e di rispetto della persona.
Editorial Review
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