Il sogno del vento

racconto di madre Teresa

Anton Nikë Berisha, intellettuale e scrittore di spicco, ha già dedicato diverse pubblicazioni alla figura di Madre Teresa, in particolare il romanzo “Nëna e dritës” (La madre della luce), penetrante ricerca psicologica sulla costruzione di una personalità che trova nell’amore divino la chiave di volta dell’orientamento eroico verso il servizio ai più umili. Il romanzo “Il sogno del vento”, tuttavia, palesa delle caratteristiche peculiari su cui è opportuno soffermarsi. Anzitutto, tra le svariate attività caritative della suora viene prescelta quella mirante ad alleviare le sofferenze dei malati di lebbra, proprio perché in questo caso si tratta non solo di una patologia, ma anche e, forse, soprattutto di un marchio che condanna al disprezzo sociale e conseguentemente all’emarginazione e non di rado al suicidio. Berisha ci guida nei gironi infernali del dolore e della disperazione, documentando con viva partecipazione il progressivo sprofondare della creatura umana. Madre Teresa comprende di non poter assistere inerte e, sulla scia di San Damiano de Veuster, l’apostolo dei lebbrosi di Molokai, è pronta ad affrontare difficoltà di ogni genere, in primo luogo i perduranti pregiudizi culturali. L’autore non si limita a descrivere lo sviluppo dell’azione umanitaria, ma, adottando il punto di vista della protagonista, va alla ricerca delle motivazioni più profonde del suo operato, fino a trovarle in una sofferta esperienza religiosa che la porta, particolarmente nell’incontro con la giovane Manisha, ad affrontare il tema angoscioso della sofferenza alla luce del Golgota. Nel dialogo serrato emergono paure, debolezze, abissi di tenebre che solo una fede vissuta con slancio riesce a superare […]. Il romanzo riprende tematiche presenti in altre pubblicazioni di Berisha, ma le affronta con un’ampiezza e una maturità inusitate, segno inequivocabile di un continuo scavo interiore. Esso è un viaggio coraggioso nei recessi più desolati della condizione umana, alla ricerca di una risposta che la sottragga alla disperazione. Pur essendo materiata di pensiero, l’opera sfugge alla pesantezza di un trattato dottrinale, in quanto le riflessioni vengono calate in concrete situazioni esistenziali e per lo più inserite tra le battute di un colloquio, in un linguaggio che ricorre di continuo a metafore incastonate con naturalezza nel discorso, come se fluissero spontanee da una lingua e da una cultura sorgivamente poetiche. Vincenzo Belmonte