25 Nero
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Il romanzo è liberamente tratto da una vicenda realmente accaduta nel 1925 a Palmi e di cui si riempirono le cronache nazionali. Nei giorni precedenti la festa della Varia dell’estate 1925 gli animi si surriscaldarono a causa della volontà fascista, che poi si concretizzo, di accompagnare la processione dell’Animella al suono di Giovinezza piuttosto che della tradizionale marcetta religiosa. Nella notte tra il 30 e il 31 agosto, a festeggiamenti pressocchè conclusi, la tensione accumulata deflagrò incontenibile e, nella piazza ancora affollata e festaiola, si scontrarono i fascisti e i giovani di sinistra. Un comunista scagliò una sedia, spari squarciarono la notte e… La vicenda, ancora oggi velata da molte ombre, vide coinvolti personaggi che con le loro storie future sarebbero diventati vanto e gloria della città (su tutti, Leonida Repaci e il filosofo Cardone)

Da nord a sud l’Italia al telefono
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Telecontact Center S.p.A. è una società del Gruppo Telecom Italia, specializzata nella gestione di servizi di call center. Occupa circa 2.500 dipendenti ed ha una popolazione molto giovane – età media 33 anni – prevalentemente femminile – 77% donne – e culturalmente elevata – diplomati e laureati. È specializzata nella gestione in bound di servizi di caring, per conto di Telecom Italia, di cui gestisce il servizio 187 e 191 e per suo tramite anche di altri clienti (Aeroporti di Roma). È presente su 4 sedi: Napoli – sede anche legale della società – Roma, Caltanissetta e Catanzaro. Proprio dall’esperienza giornaliera di quest’ultima sede sul servizio 187 di Telecom Italia e vuole essere una carrellata gioiosa di tanti vissuti quotidiani e quindi il racconto, ci auguriamo piacevole, di storie di vita, dei nostri clienti ma anche dei nostri operatori, a cui è dedicato questo “lavoro”.
False apparenze
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Una giornata di calura agostana, una città che sonnecchia sotto le sferzate dell’afa, un senso d’immobilismo che prelude al riposo e alle sacrosante ferie. In questo cerchio sonnacchioso esplode un tuono. La notizia del suicidio di Elvira Lorenzi, donna dell’alta aristocrazia cittadina, arriva nelle stanze del commissariato né più né meno di un temporale estivo con tuoni a seguito. È, dunque, un brutto risveglio per il commissario Luca Giannitteri, che già pregustava il torpore del mare e l’acqua dei bagni, perché il suicidio della Lorenzi mette in moto una macchina infernale assai complicata. Un suicidio che, goccia a goccia, rivela retroscena inquietanti e svela i calcoli di un’organizzazione criminale che si muove in un sottobosco di connivenze alte e insospettabili. Un suicidio che, alla fine, tutto sarà tranne che suicidio. La matassa è ingarbugliata, i tasselli si sfilacciano qua e là in maniera casuale, il mosaico assomiglia ad un rebus. Il commissario Giannitteri suda ed impreca in questo brodo. Lo scacco matto, però, lo dà Federico Marcillei, amico di Giannitteri e appassionato di giallistica, che legherà i tasselli sparsi e impazziti e arriverà alla soluzione del rompicapo. Un giallo rovesciato, dunque. Dove Marcillei si fa detective e risolutore degli enigmi regalando al lettore un rovesciamento di specchi ironico e intrigante a fronte di una realtà che, invece, è amara e dolente. Come in ogni giallo che si rispetti.
Giallo d’Irlanda
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Mike è un giovane avvocato di New York. Una vita apparentemente brillante e ricca di soddisfazioni professionali, che nasconde una profonda crisi esistenziale. Ed è proprio in occasione dell’ennesimo intricato caso da risolvere che inizia a turbarsi il suo fragile equilibrio. Una donna è stata assassinata e del delitto è stato accusato, grazie ad una serie di prove schiaccianti, il suo compagno, Frank Pesce. Chiamato ad assumerne la difesa, Mike si rifugierà nella verde Irlanda per ritrovare la serenità e cercare di salvare il suo cliente ad ogni costo.
Il contabile
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È un libro che ha gli stilemi del noir, dal ritmo rapido e coinvolgente. Matteo Cirto, il protagonista, è un trentenne intelligente e cinico. Dopo la morte del padre, lascia l’insegnamento universitario per occuparsi degli affari di famiglia. Prende in mano la contabilità della ‘ndrina guidata dallo zio ed entra in un mondo, sempre più intrigante, a contatto con mafiosi, faccendieri, colletti bianchi e grandi trafficanti di droga. La famiglia di Matteo Cirto incarna le caratteristiche principali della ‘ndrangheta: è, nel contempo, fortemente tradizionale ed estremamente innovativa. I quadri narrativi si sovrappongono con grande efficacia, la Calabria e l’America diventano un tutt’uno, legate assieme dal narcotraffico, il vero grande business, quello che può cambiarti la vita, ma che può anche rappresentare la fine di tutto. Gli interessi che ruotano attorno alla droga sono enormi, l’oro bianco cuce molte bocche, come racconta Mercurio. “Il contabile” è perciò un libro appassionante, da leggere. Ci fa capire perché ancora oggi non si è riusciti a mettere in mora un’organizzazione che, da sempre, convive con il potere. (dalla prefazione di Antonio Nicaso).
Il diario
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Antonio Dominici, esperto di analisi sul crimine internazionale, ha diretto per anni la Squadra Mobile di Venezia, e ora un importante incarico presso l’Interpol di Lione lo proietta in una dimensione internazionale di grande impegno e responsabilità. È un uomo introverso, legato al suo doloroso passato, spesso i pensieri lo incardinano con forza e lo riproiettano all’indietro in flashback pari ad àncore. Ma Lione lo seduce e in particolare la collega Greta che ridà nuovi palpiti al suo cuore. Un terribile omicidio intanto scuote Parigi. Un professore universitario inglese viene assassinato in un albergo cittadino con modalità brutali e agghiaccianti. Si mette in moto la macchina delle indagini che segue percorsi assolutamente inediti e mette insieme tasselli impensabili che spingono personaggi e narrazione in una molteplicità di luoghi che dalla Francia portano in Argentina, in Svizzera poi in Italia fino a richiamare, in maniera inattesa, l’orrore di Auschwitz. I personaggi incrociano dunque i tanti fili di una matassa intricata che gioca con i luoghi ma anche con i deliri della mente umana, la malattia, il destino.
ebook - cartaceo
Il mig delle bugie
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18 luglio del 1980: una telefonata allerta i carabinieri di Caccuri della presenza dei resti di un aereo tra le montagne della Sila. Scatta l’allarme. In poche ore confluiscono sul posto carabinieri, poliziotti, reparti dell’Esercito e dell’Aeronautica. L’intera area interessata dalle operazioni di recupero viene inibita all’accesso di curiosi e giornalisti. Nello spazio di cinque chilometri intorno al velivolo nessun civile può mettere piede. Comincia così un giallo. Da dove proveniva quel Mig? Com’era finito tra quelle montagne? Quando era precipitato? Chi depistava? E, soprattutto, perché? Qualcuno aveva voluto così.
Prefazione a cura di Pantaleone Sergi
Il segreto di Veronica
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Il segreto di Veronica si presenta, nelle prime pagine, come un libro riflessivo, salvo poi rivelarsi dopo appena una ventina di pagine come un giallo, fino a diventare un romanzo complottistico nelle ultime fasi dell’azione. Di certo un libro non banale, che mantiene viva l’attenzione del lettore con continui cambi di genere. La trama segue uno psicoterapeuta, Andrea, che si ritrova invischiato in un crimine nel quale sembra essere coinvolta una sua paziente e diventa quindi un detective amatoriale. La narrazione non si fa mai scontata, ogni qualvolta si pensa di aver intuito qualcosa, di aver sciolto i nodi del mistero, arriva un nuovo punto di vista, un nuovo dettaglio che stravolge ancora una volta le carte in tavola. Il filo della trama, presentata con una struttura sciolta, del tutto originale, è rappresentato dall’influsso riflessivo sulla situazione pandemica da noi tutti vissuta: il complotto fittizio, infatti, porta alla dispersione di un virus letale, ciò a cui tutti abbiamo purtroppo assistito negli ultimi anni. Si tratta di un romanzo che sfrutta la sua leggerezza narrativa per affrontare una riflessione profonda sul mondo che ci circonda.
ebook - cartaceo

Jhons e la sorgente miracolosa
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Romanzo fantasy che recupera una corposa tradizione di genere e s’immerge con cautela nei meandri di una letteratura che strizza l’occhio a quella di J.R.R. Tolkien e del suo “signore degli anelli” senza tuttavia voler competere con nessun modello. La ricerca della Sorgente Miracolosa che spinge il protagonista, il Signor Jhons, ad estenuanti e rocambolesche peripezie all’interno di mondi ultraterreni e ultramondani, si carica di un significato profondo e trasversale e ben cela l’idea della sopravvivenza dell’uomo e della continua ricerca esistenziale di una “miracolosa sorgente” dove attingere l’acqua della vita. Quello che tiene nella intelaiatura del romanzo è la metamorfosi dell’idea e la sua trasformazione in una galleria di personaggi che sono mostri, creature spettrali, folletti, nani, re, regine, principesse, e luoghi che sono castelli, montagne incantate, anfratti, caverne spaventevoli, e poi visioni, combattimenti e miracolosità. Il tutto legato dal filo linguistico fluido e scorrevole che rende il racconto agile e accattivante.

L’Illusione realista
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Il titolo della ricerca di Mario Iazzolino dice già tutto in partenza, a
bocce ferme, nello stesso titolo.
L’autore ripropone una questione che angustia scrittori e critici da
sempre: il rapporto tra opera e realtà, testo e mondo esterno. Egli ci parla
subito di “illusione” e di “specchio deformante”, come per segnalarci in
partenza la difficoltà se non l’impossibilità di descrivere il reale.
C’è nella proposta di Mario Iazzolino tutto il dibattito che attraversa
la letteratura e l’arte dalla notte dei tempi ad oggi. Non si creda che sia
una questione soltanto ottocentesca, di Alessandro Manzoni, Gustave
Flaubert e dintorni, né tipica soltanto di aree geografiche ben delimitate.
Cos’è infatti la letteratura, cos’è l’arte, se non rappresentazione della
realtà?
Già Aristotele, ma direi gran parte della filosofia greca, e poi romana,
e quindi delle letterature romanze, lo scrittore e l’artista hanno cercato
di capire come “dire” il mondo, come filtrarlo, come avvicinarlo,
come descriverlo.
Sì, perché, da qualunque punto la si veda, l’arte è in fondo sempre
une descrizione. Tutto dipende dalla lente che si usa. Se la lente è perfettamente
prospettica, tutti i punti condurranno a una prospezione ortogonale
della realtà descritta. Se la lente è convessa, oppure non ben
tarata sull’occhio, o volutamente deformata, la realtà assumerà contorni
inediti, irripetibili, affascinanti, fino a giungere a quella che si chiamerà
arte astratta.
La città e la notte
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Cosa spinge un regista come Michael Mann a portare – sul grande schermo – storie di uomini (e di donne) che vivono e si muovono nelle grandi metropoli statunitensi?
Non è certo un semplice gusto estetico/stilistico che ha indicato tale scelta al cineasta di Chicago. No, c’è di più. Nel mettere in scena storie di criminalità, di dolore e disperazione, nel mostrare figure di spietati rapinatori e di poliziotti ligi al dovere, Mann esplica quella che, dopo oltre quarant’anni di attività sul set, è la sua personalissima, più intima filosofia di vita: l’uomo fa parte della città, è un “pezzo” di essa. E da essa prende le mosse, prende forma il destino – (in)evitabile – di ogni singolo uomo.
Ecco perché nei suoi film (a partire da Strade violente, Manhunter – Frammenti di un omicidio, Heat – La sfida, fino ad arrivare a Collateral, Miami Vice e Nemico pubblico) il rapporto uomo-città riveste un ruolo di rilievo: anche noi, così come i personaggi manniani, viviamo ogni giorno la realtà di un contesto urbano, il quale porta ad incontri (o scontri) con il prossimo.
Obiettivo del presente saggio è quello di mettere in luce, di mostrare al lettore (che sia cinefilo o meno) come Michael Mann sia riuscito – attraverso una visione quasi antropologica – a dare vita a svariate riflessioni sull’uomo e sul di lui destino legato inesorabilmente alla metropoli in cui vive. Tutto questo è rintracciabile nel genere cinematografico del thriller metropolitano tanto caro a Mann. Genere nel quale convergono, si incontrano (e si fondono) stili e figure della migliore filmografia hollywoodiana classica (e non solo) e immaginari più vicini a noi, il tutto sotto l’occhio attento di uno dei grandi registi del presente.
Perché La città e la notte non è soltanto un libro sul cinema di Michael Mann ma è – allo stesso momento – un excursus, un’indagine che analizza come dagli anni ’50 sino alla New Hollywood (per poi arrivare alle forme cinematografiche odierne), il cinema si sia “evoluto” e autori come Mann abbiano contribuito a tale sviluppo della Settima arte.
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La donna di Susa
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Pigro, demodé, vegano ma non troppo (un paradosso per un calabrese), il suo massimo sforzo fisico è la digitazione sulla tastiera del computer e lo spoglio di un libro giallo. Eppure Luca Fazio svolge bene il suo lavoro da cronista di nera, lo fa con passione e dedizione, a patto che i tempi restino quelli letargici diElpìde. Un’accelerazione nella sua vita sarebbe devastante.
Ma il delitto perpetrato nel cimitero della cittadina sconvolge questo ordine sonnecchiante, costringendo Luca a interessarsi alla soluzione del caso, suo malgrado.
Le indomite e fallibili paranoie di cui è vittima lo porteranno a essere inghiottito dai contorni della vicenda, spingendolo a elaborare decine di ipotesi nella sua mente in perenne movimento e in errore costante.
Fazio subirà se stesso, ne sarà vittima, fino all’inaspettata soluzione finale.
Sullo sfondo diversi personaggi, spruzzate di folclore calabro e mediterraneo, capaci di dare vita a un quadro d’insieme bizzarro e divertente ma, allo stesso tempo, realistico e fatalista.
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La luce delle mezze tinte
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È un romanzo tra il giallo, il poliziesco e la saga familiare.
Del giallo contiene il mistero dell’omicidio, ma un’eccitante suspance legata all’attesa degli avvenimenti. In una girandola di fatti che tengono col fiato sospeso sino alle ultime pagine, il lettore entra dentro la vita di alcune famiglie, cogliendo con apparente semplicità gli umori, le inquietudini, le passioni e le contraddizioni dei singoli componenti. La soluzione di alcune azioni malavitose, mediate da indagini e interrogatori, carica, inoltre, il romanzo della piacevole fragranza del poliziesco, rendendo particolarmente godibile la lettura grazie anche ad un linguaggio fluido e diretto.
“La luce delle mezzetinte” è storia di vita umana che si dibatte tra doveri, ideali e soprusi. È la storia dell’illegalità e della legalità, ancorate ad una mentalità chiusa a qualsiasi forma di comprensione e dialogo. Tutto, appunto, è luce delle mezzetinte.
Le macerie dentro
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Nelle pagine si racconta la storia di Arcangelo Zaccagna.
La ’ndrangheta lo ha ammaliato da bambino come una strana favola di magia, lo ha conquistato da adolescente con i suoi rituali di potenza e immortalità, lo ha risucchiato da adulto nelle sue spire tentacolari percorse da religiosità, rispetto, senso assoluto del potere.
Arcangelo Zaccagna si sente un dio all’interno del cerchio dell’Onorata Società. Uccide a sangue freddo, obbedisce ciecamente agli ordini, sfida la morte.
Ma l’Onorata Società genera mostri, assetati di sangue, pervasi da cecità ottundente. Risucchia la vita, divora l’umano, produce macerie, fisiche e spirituali.
Quando Arcangelo Zaccagna si sveglierà dal delirio di onnipotenza, sarà troppo tardi.
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Le mie paure più brutte
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Una notte molto buia, durante un temporale, mi
svegliai dopo aver sentito uno strano rumore. Era
spaventoso, sembrava che qualcuno stesse camminando
e strisciando i piedi al piano di sopra sul pavimento
di casa. Mi alzai dal letto. Non poteva essere
stato nessuno della mia famiglia, tutti dormivano
a sonno pieno. Cominciai ad avere un po’di paura,
cercai di accendere la luce, ma mi accorsi che quella
notte non c’era la corrente. All’improvviso, un
fulmine illuminò tutta la casa e mi accorsi che in un
angolo buio c’era l’ombra di un corpo senza testa.
Spaventato, mi avvicinai lentamente e silenziosamente
all’ombra. Da vicino vidi il corpo di una donna
senza testa che sanguinava. Ero pietrificato, non
riuscivo quasi più a respirare. Mi strofinai gli occhi
e d’un tratto non c’era più il corpo, pensai che fosse
solo il frutto della mia immaginazione.
Niente di cui pentirsi
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Niente di cui pentirsi” è un romanzo “noir” dai mille risvolti. La tranquillità della cittadina di Solaria viene interrotta da una serie di efferati delitti, apparentemente inspiegabili e senza alcuna attinenza tra di loro. Un giovane Commissario ed il suo valente collaboratore si mettono sulle tracce degli assassini, con il comune intento di fare giustizia e riportare la tranquillità in città. Durante le indagini, sotto le direttive di uno scrupoloso Pubblico Ministero, i due fanno venire a galla il passato oscuro delle vittime, lottando contro la burocrazia e la diffidenza dei loro superiori gerarchici. Entra in gioco anche un enigmatico personaggio che, alle prese con mille problemi quotidiani ed una emicrania galoppante, ricordando il passato con i vecchi amici ed interrogandosi sul proprio futuro, si trova coinvolto, suo malgrado, in questa complessa vicenda. Tutto sembra risolversi, ma che attinenza ha questa storia con quelle di una giovane coppia di sposi alle prese con il loro bambino appena nato e di un esperto funzionario comunale, impegnato a lottare contro i soprusi della politica e del malaffare? La verità alla fine sembra trionfare… ma sarà davvero così? Giustizia sarà fatta… ma da chi? Le vittime potranno riposare in pace… ma quali vittime? Una sola certezza alla fine regnerà sovrana: tutto era stato scritto… sin dall’inizio!
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Succede tutto per caso
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L’omicidio di un ragazzo perbene, pur lasciando nell’indifferenza assoluta i suoi concittadini, scuote la coscienza di un freddo e spietato assassino che, guidato da una propria morale e da una particolare visione della giustizia terrena, inizia un lungo viaggio nei più reconditi meandri della psiche umana.
Una giovane donna, alle prese con la sua prima esperienza di rilievo da pubblico ministero, è costretta a combattere contro i pregiudizi maschilisti prima ancora che contro gli autori di una lunga scia di sangue.
L’indagine penale sarà quindi il pretesto per esplorare la vera essenza della società moderna che, dietro una facciata perbenista, nasconde, tra i gangli delle istituzioni piuttosto che nel sottobosco della criminalità organizzata, la sua vera anima corrotta e malata.
Alla fine uscirà trionfatore soltanto colui il quale avrà reso vera giustizia, non attraverso gli ipocriti schemi formali delle leggi ma grazie al perseguimento dei propri ideali e all’insegna dei veri valori che ormai tutti disconoscono.
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Tra gli ulivi
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La vita scorre noiosa nella stazione dei carabinieri di un piccolo paese calabrese. Fino a quando due sorelle, figlie di una delle famiglie più in vista, spariscono nel nulla. Scappate? Rapite? Uccise? Di mezzo ci s’infila anche un omicidio dal probabile movente passionale. Per il maresciallo Calabrò il lavoro non sarà facile, anche perché pian piano cominciano ad emergere verità scabrose, recenti e antiche, che qualcuno vuole restino consegnate al silenzio degli ulivi.
Vicolo cieco
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Nel decennio immediatamente successivo alla fine della seconda guerra mondiale l’atmosfera provinciale e tranquilla di una città del Sud Italia viene turbata da un fatto di cronaca, la morte improvvisa ed inspiegabile di una giovane signora paraplegica.
L’Ispettore Pietro Riccio sospetta trattarsi di omicidio ma non ha prove per sostenere la sua intuizione.
Prima di arrendersi e dichiarare chiusa l’inchiesta per morte naturale, con caparbietà riuscirà a dimostrare che il suo presentimento ha un fondamento.
Inizialmente, però, sarà indotto a dichiarare colpevole la persona sbagliata fino a quando, per caso, verrà a conoscenza della verità e il disegno diabolico di chi ha ordito un atroce delitto verrà scoperto.
Un giallo ambientato negli anni cinquanta che trova la sua ispirazione nei ricordi di un fanciullo che forse si è trovato nella situazione di essere involontario testimone di un omicidio
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