La città e la notte

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Cosa spinge un regista come Michael Mann a portare – sul grande schermo – storie di uomini (e di donne) che vivono e si muovono nelle grandi metropoli statunitensi?

Non è certo un semplice gusto estetico/stilistico che ha indicato tale scelta al cineasta di Chicago. No, c’è di più. Nel mettere in scena storie di criminalità, di dolore e disperazione, nel mostrare figure di spietati rapinatori e di poliziotti ligi al dovere, Mann esplica quella che, dopo oltre quarant’anni di attività sul set, è la sua personalissima, più intima filosofia di vita: l’uomo fa parte della città, è un “pezzo” di essa. E da essa prende le mosse, prende forma il destino – (in)evitabile – di ogni singolo uomo.

Ecco perché nei suoi film (a partire da Strade violente, Manhunter – Frammenti di un omicidio, Heat – La sfida, fino ad arrivare a Collateral, Miami Vice e Nemico pubblico) il rapporto uomo-città riveste un ruolo di rilievo: anche noi, così come i personaggi manniani, viviamo ogni giorno la realtà di un contesto urbano, il quale porta ad incontri (o scontri) con il prossimo.

Obiettivo del presente saggio è quello di mettere in luce, di mostrare al lettore (che sia cinefilo o meno) come Michael Mann sia riuscito – attraverso una visione quasi antropologica – a dare vita a svariate riflessioni sull’uomo e sul di lui destino legato inesorabilmente alla metropoli in cui vive. Tutto questo è rintracciabile nel genere cinematografico del thriller metropolitano tanto caro a Mann. Genere nel quale convergono, si incontrano (e si fondono) stili e figure della migliore filmografia hollywoodiana classica (e non solo) e immaginari più vicini a noi, il tutto sotto l’occhio attento di uno dei grandi registi del presente.

Perché La città e la notte non è soltanto un libro sul cinema di Michael Mann ma è – allo stesso momento – un excursus, un’indagine che analizza come dagli anni ’50 sino alla New Hollywood (per poi arrivare alle forme cinematografiche odierne), il cinema si sia “evoluto” e autori come Mann abbiano contribuito a tale sviluppo della Settima arte.

6,9914,00
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La storia sullo schermo

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Una riflessione aperta, serena e aggiornata sul rapporto tra cinema e storia contemporanea. Questo è il progetto che ha portato alla realizzazione di un volume a più voci dedicato all’argomento pubblicato dall’editore Walter Pellegrini. L’operazione è stata anticipata da un numero monografico del “Giornale di Storia Contemporanea” del dicembre 2002 (a. V, n.2) dello stesso editore. Un rapporto – è bene dirlo subito- che è tanto antico quanto ambiguo e vago. Film storici se ne sono girati fin dall’inizio dell’era cinematografica; e in tutte le cinematografie. Il primo film a soggetto della cinematografia italiana è un film storico: “La presa di Roma” del 1905. I film che hanno fondato, in tutti i sensi, lo statuto artistico e industriale della più importante cinematografia di tutti i tempi, quella americana, sono film storici (si pensi ai grandifilm di Griffith del periodo del muto). Film storici se ne sono realizzati di continuo e per gli scopi più diversi. Per la maggior parte dei casi sono serviti ad un potere visibile (a volte meno visibile), per orientare le masse. Si pensi al cinema delle dittature; ma non meno invasivo ed interessato è stato il cinema di molte democrazie. A volte, non molte in verità, il cinema è stato un potente strumento di riflessione collettiva su un avvenimento storico; si pensi alla funzione del neorealismo italiano che riuscì, con scarsissimi mezzi finanziari ma con una eccezionale carica etica, a veicolare in tutto il mondo una immagine della guerra diametralmente opposta a quella della propaganda bellica in auge fino a quel momento. Quel cinema è rimasto, oltre che uno dei puntipiù alti dell’arte cinematografica, un eccezionale documento storico. Ma, a pensarci bene, tutto il cinema è – tra tante altre cose – un documento storico o – per essere più precisi – il documento storico tipico del Novecento… (Dall’introduzione “Le immagini in movimento e lo studio della storia”, Pasquale Iaccio)

22,00
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La tela strappata

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«Fare una descrizione precisa di ciò che non ha mai avuto luogo è il compito dello storico». La sentenza di Oscar Wilde guida questa ricostruzione del rimosso del cinema del Novecento, la storia dei grandi film non fatti, dal Don Chisciotte di Welles al Viaggio di G. Mastorna di Fellini, dal Cristo di Dreyer al Napoleone di Kubrick, dal Que viva Mexico! e Il prato di Bežin di Ejzenštejn al The Day the Clown Cried di Lewis. E ancora, Godard, Pasolini, Munk, Vertov, Lanzmann: la storia di grandi progetti incompiuti, di riprese che si sono protratte per decenni e poi sono state dimenticate in qualche magazzino,
immagini rimaste sulla carta oppure riutilizzate, ma al di fuori della loro destinazione originaria. Attraverso questo racconto, emerge il profilo di quello che il Novecento non ha saputo vedere e raccontare, il retro della Storia, nonché il profilo di una storia delle immagini del cinema che disloca la centralità della sala cinematografica per far emergere i meccanismi di negoziazione e i doveri d’autore che preludono alla visibilità o alla scomparsa di tali immagini perdute.

9,9920,00
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Michelangelo Frammartino

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Avventurandoci con i film di Michelangelo Frammartino nell’entroterra calabrese, ci ritroviamo immersi in un universo creativo in cui il fuoricampo ambientale sorge nel bel mezzo del campo umano mettendo in discussione i presupposti logici e percettivi della narrazione cinematografica. Un pastore anziano sembra mutarsi in capretto al momento della sua morte, un bosco umano invade gioiosamente un paese montano, l’inerzia degli oggetti quotidiani sembra abitata da imprevedibili forze terrestri: lasciatosi alle spalle la metropoli milanese, il cineasta ci invita in un territorio in cui i riferimenti abituali si smarriscono e il rapporto tra cinema ed ecologia può iniziare a essere osservato attraverso una prospettiva complessa capace di oltrepassare alcune scorciatoie concettuali caratteristiche di tale campo di studi emergente. Questo primo saggio monografico dedicato alle realizzazioni di Frammartino desidera presentarne gli snodi e gli interrogativi fondamentali proiettandoli nella cornice più ampia di una riflessione circa i legami che uniscono attenzione, ambienti e mediazioni. Tali obbiettivi non potrebbero essere perseguiti senza la compagnia di altre opere cinematografiche più o meno recenti (da Sharunas Bartas sino a Alice Rohrwacher, passando per Vittorio De Seta) e di esperienze intellettuali radicate in numerose discipline (da Giorgio Agamben a Anna L. Tsing, passando per Ernesto De Martino).

18,00

Mondi in serie

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Da Westeros a Gilead, dall’America di metà Novecento al futuro ipertecnologizzato degli androidi, nell’incrocio di spazio e tempo, le serie tv creano mondi capaci di attirare e accogliere dentro di sé lo spettatore. Nell’epoca della partecipazione interattiva del web, abitare questi mondi significa non solo comprenderne il senso, ma appropriarsene per aumentarli. Attraverso l’analisi di alcune delle più importanti serie tv degli ultimi anni (Lost, Mad Men, Game of Thrones, Westworld, This is us, The Handmaid’s Tale), questo libro esplora le specificità del formato del racconto seriale audiovisivo, alla luce delle trasformazioni che hanno ridisegnato gli spazi e le prassi dell’ambiente mediale contemporaneo.

 

16,00

Pasolini e la Calabria

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contributi di Carlo Fanelli, Christian Palmieri ,Gian Luca Picconi, Paolo Desogus, Marco Gatto, Francesca Tuscano, Pino Corbo, Stefano Casi, Gianfranco Bartalotta

Questo volume raccoglie gli atti del convegno Pasolini e la Calabria (Acri, 24-25 marzo 2023), accolto nelle celebrazioni ufficiali del centenario della nascita di Pasolini. Esso propone aggiornate osservazioni sulla relazione tra il poeta e la Calabria – la sua presenza al Premio Crotone nel 1956 e nel ’59, le polemiche scaturite dalla descrizione del territorio di Crotone riportate ne La lunga strada di sabbia, alcuni ricordi delle riprese de Il Vangelo secondo Matteo – cui si uniscono contributi sulla poesia e le riflessioni dell’autore. I saggi contenuti forniscono un apporto originale al contesto delle iniziative legate alle celebrazioni del centenario, insieme ad uno sguardo privo della retorica e del pregiudizio che spesso hanno circondato il pensiero pasoliniano. Si rileva il suo protogramscismo e il profilo di intellettuale militante, il suo implacabile giudizio sulla borghesia, presa di mira anche col teatro e la sua demistificazione culturale e politica. Del Pasolini poeta, infine, si evidenzia la prospettiva majakovskiana, secondo cui «il poeta deve parlare quando il politico tace» e la sua ispirazione a reintegrare il sacro in un mondo dominato dal consumismo.

16,00

Pura musica pura visione. Ennio Morricone & Giuseppe Tornatore

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La collaborazione tra il compositore Ennio Morricone e il regista Giuseppe Tornatore dura da più di venticinque anni: da Nuovo Cinema Paradiso all’ultimo successo La Migliore Offerta.
Pura Musica Pura Visione indaga sullo straordinario sodalizio artistico tra i due Premi Oscar che hanno fatto più grande il Cinema Italiano, fondendo con maestria immagini e musica.
Partendo da una lunga conversazione con Tornatore, l’autrice tenta di svelare l’enigma che circonda l’opera di questi due artisti italiani amati in tutto il mondo.
Nel 1988, il geniale Ennio Morricone sceglie, a sorpresa, di musicare il film del giovane regista siciliano. Nonostante fosse all’apice della carriera, conteso dai più importanti registi di fama mondiale, il compositore accetta di lavorare al film Nuovo Cinema Paradiso. Una scommessa vinta. La pellicola si aggiudica l’Oscar per il miglior film straniero. Inizia così un sodalizio che diverrà leggenda.

“Quando accadono incontri artistici come quello tra Ennio Morricone e Giuseppe Tornatore bisogna inchinarsi, come se ci si trovasse di fronte ad un miracolo.”

Vincenzo Mollica

“La musica può essere realmente un valore aggiunto, capace di fare la differenza tra un film e l’altro, decretandone il successo?”
Sono domande a cui ho tentato di dare risposta analizzando lo straordinario rapporto tra due grandi artisti del nostro tempo, il compositore Ennio Morricone (Roma, 1928) e il regista Giuseppe Tornatore (Bagheria, 1956), che vantano entrambi nella loro bacheca l’ambita statuetta dell’Oscar.
Nonostante la differenza di età, i due Maestri costituiscono uno dei più formidabili e affiatati sodalizi artistici contemporanei. Le loro opere sono entrate a pieno titolo nella storia del cinema mondiale.”

Manuela Dragone

 

5,9915,00
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Segreti e bugie di Federico Fellini

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Perché Mastroianni diceva di Anita Ekberg che le sembrava un ufficiale della Wehrmacht?
E Fellini invece sosteneva che il corpo della bionda svedese era luminoso anche al buio, anzi fosforescente?
Per quale motivo nel film “La voce della Luna” i camerieri di un ristorante prendono a calci l’immagine di Silvio Berlusconi, in divisa milanista, dipinta sulle porte a vento della cucina?
Forse sarebbe interessante scoprire che relazione intercorresse tra Jack Lang, Ministro della Cultura di Mitterand, e l’artista italiano.
O conoscere il nome della veggente che riuscì a smascherare l’autore delle lettere anonime nelle quali veniva rivelato a Giulietta ogni incontro clandestino tra il marito e Sandra Milo.
Esiste una quantità di enigmi nella vita di Federico Fellini, che non sono stati mai sciolti.
Chi scattò l’immagine agghiacciante del regista in coma diramata in tutto il mondo dall’Agenzia Reuter?
E chi era il bambino vestito da marinaretto che salvò Federico al Grand Hotel di Rimini quando venne colpito dall’ictus?
Un racconto senza precedenti in cui le risposte ai tanti quesiti sospesi consentirà al lettore di salire sulla giostra incantata del più grande regista-mago della Settima Arte.

5,9918,00
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Sensibilità e potere

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Da Fuga (2006) a Il club (2015), da Neruda (2016) a Jackie (2017), passando per Tony Manero (2008), Post mortem (2010) e NO. I giorni dell’arcobaleno (2012), il cinema di Pablo Larraín si sviluppa a partire dalle vicende storiche e politiche che hanno sconvolto il Cile nel corso del Novecento per spingersi altrove, fino al cuore degli Stati Uniti d’America. Che si racconti il golpe del 1973 o il Plebiscito del 1988, che si tratti di mettere in immagine la fuga di Pablo Neruda o le ore più drammatiche della vita di Jacqueline Kennedy, Larraín cerca prospettive inedite, punti di vista stranianti. È attratto dal potenziale trasfigurante della “fiction” piuttosto che dal “documentario”. È orientato al superamento di questa stessa opposizione verso una concezione ibrida e intermediale del racconto cinematografico.

Questo libro fa i conti con il carattere peculiare della filmografia di Larraín: non tanto un cinema storico quanto una riflessione teorica sul potere. Se solo in pochi lo esercitano, tutti si trovano presi nella sua trama.

9,9918,00
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Splendore e miseria del cinema

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Che cos’è il cinema? Niente. Che cosa vuole? Tutto. Che cosa può? Qualcosa. (Jean-Luc Godard)

4,9915,00
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Tinte esposte

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Questo libro raccoglie, ripensa e largamente rielabora
dieci studi di carattere teorico-analitico, per
lo più composti negli ultimi dieci anni (con l’eccezione
di uno, più antico, che è stato per l’occasione
completamente riscritto), tutti a vario titolo incentrati
sulla disamina della dimensione immaginativa, elaborativa
e propriamente compositiva dell’elemento
del colore nel cinema. Quella dell’uso del colore
come strumento della formatività cinematografica è
una delle più significative e più affascinanti questioni
che si pongono alla teoria del cinema e all’analisi del
film. Tale questione occupa da molto tempo una parte
importante delle mie ricerche, che hanno avuto un
primo sbocco in un volume, Il colore e la composizione
filmica (2006), in cui ho tentato – a partire da
alcuni degli assunti portanti della grande riflessione
ejzenštejniana sul colore – di inquadrare in un impianto
teorico determinato la questione dell’impiego
in direzione compositiva del colore cinematografico

20,00

Tra – due

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Le uniche immagini dell’amore che la contemporaneità ci riconsegna sembrano andare dall’oscenità di certe trasmissioni televisive, a film come Parlami d’amore, alla pornografia imperante. Allora, ciò che si dicono i due amici nel film J’entends plus la guitare (1993) di Garrel, cioè che «siamo l’ultima generazione a parlare d’amore», rischia di essere vero. Il cinema ha avuto nel Novecento un ruolo importante nel raccontare l’amore, rappresentando con i generi classici le forme dell’amore-passione e dell’amore-relazione, e con la modernità è stato capace di presentare e nominare l’amore come evento. Questo saggio, partendo dall’individuazione dei caratteri che definiscono l’evento d’amore, attraversa alcuni film che hanno costruito un’immagine in rilievo dell’incontro amoroso: da Viaggio in Italia a Un’estate d’amore, da Questa è la mia vita a Gertrud, da La naissance de l’amour a Heimat 3, per giungere ad alcuni esempi contemporanei nei quali l’amore si presenta come impossibilità, incapacità o deriva pornografica: Lost in translation, In the mood for love, Il gusto dell’anguria.

12,00