Anno di pubblicazione | 2016 |
---|---|
Numero pagine | 256 |
ISBN | 978-88-6822-448-6 |
Collana | Saggistica |
ISBN ebook | 978-88-6822-452-3 |
Formato | Cartaceo, eBook (epub) |
Autore |
Guerrisi Parlà Vincenzo |
Anteprima di: Caratteri
Caratteri
Anno di pubblicazione | 2016 |
---|---|
Numero pagine | 256 |
ISBN | 978-88-6822-448-6 |
Collana | Saggistica |
ISBN ebook | 978-88-6822-452-3 |
Formato | Cartaceo, eBook (epub) |
Autore |
Guerrisi Parlà Vincenzo |
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Caratteri
I tipi
Vincenzo Guerrisi Parlà ( 1925-2010) “il poeta favolista che ha trasformato la favola in romanzo” (Pasquino Crupi).
La presente raccolta di poesie viene presentata al pubblico col titolo “CARATTERI” aggiungendo come sottotitolo “I TIPI” per onorare la volontà dell’autore che li aveva da sempre indicati anche con quest’ultimo titolo. E con “I Tipi” l’autore vuole centrare l’attenzione sui personaggi della civiltà contadina, che animano il paese nello scenario del periodo bellico e post bellico, chiamandoli tutti col proprio nome. Una sorta di anagrafe ove non sfugge nessuno…
Guerrisi immortala, con le diverse storie dei protagonisti, una intera società ed i suoi equilibri, così da costituire un’unica fantastica storia fatta di virtù, di vizi, di fortune e sciagure umane.
I tipi di Caratteri tracciano un percorso sociologico ed antropologico nelle vere radici del popolo calabrese, ed è bello immaginarli nello scenario brulicante di vita, dei paesi “abbandonati della Calabria”, rimasti ancora intatti nella loro ruvida semplicità e nello struggente ricordo di chi li ha popolati.
Afferma Giuseppe Italiano in prefazione: Il dialetto del Guerrisi rifugge l’aneddotica giocosa di maniera per aprirsi, con interessante apporto antropologico, a quelle che sono state le problematiche calabresi (e meridionali) per buona parte del Novecento.
“I personaggi che animano questo libro sono i protagonisti della civiltà contadina; sono gli abili artigiani di vari mestieri; sono gli “eroi” delle forzate emigrazioni; sono figure della memoria, miti di vita serena e idilliaca pur nella ristrettezza del campare”.
“Col suo mezzo espressivo Guerrisi, nel confermare la nostra parlata autoctona, ha saputo recuperare la nostra memoria, le nostre usanze, i nostri sentimenti, le radici della nostra vita”.
Con questo libro Vincenzo Guerrisi Parlà non smentisce la propria fama di “favolista oltre Esopo e Fedro nella favola” e le sue opere “continuano ad illuminare il glorioso cammino della letteratura del nostro tempo e del tempo che verrà”.
Guerrisi Parlà Vincenzo
Vincenzo Guerrisi nasce a Bovalino il 16 agosto del 1925. I genitori Francesco Guerrisi (1885) e Giroloma Parlà (1887) provenivano da Cittanova, cittadina della Piana Calabrese. Francesco era il fratello dell’arciprete Rocco Giuseppe Guerrisi (1876) religioso molto influente a Cittanova e nella allora diocesi di Mileto. Nel 1918 l’epidemia denominata “Spagnola” aveva falciato un notevole numero di vite. Di questa pandemia si ammalò Francesco. Rocco cadde nella disperazione più profonda poiché non poteva accettare la morte del fratello, il quale era gia sposato e padre di tre figli. E, allora, rimanendo in ginocchio, continuamente, per 48 ore pregò Dio di far guarire il fratello e di prendere al suo posto la propria anima, in quanto la sua morte non avrebbe lasciato nella disperazione nessuna famiglia. Così avvenne. Dio ascoltò la sua preghiera. Francesco miracolosamente guarì mentre Rocco si ammalò esalando l’ultimo respiro qualche giorno più tardi. Questo sacrificio salvò la vita del fratello, ma non la pace della famiglia. Francesco nel 1920 era nel direttivo del partito socialista in quanto paladino dei diritti civili della propria comunità. Cominciavano le purghe fasciste ed, essendo malvisto, rischiava di esserne vittima. La santa morte del Fratello arciprete significò, il ritorno alla vita per lui, ma comportò anche il venir meno della sua protezione… pertanto fu necessario lasciare Cittanova per trasferirsi in un altro luogo, prediligendo Bovalino Marina.
Alla luce degli insegnamenti morali del padre improntati alla giustizia ed alla onestà, ma anche dalla mitizzazione della figura del deceduto Zio Prete il quale, anche lui, si era distinto per qualità umane e somma cultura, Vincenzo Guerrisi sin da piccolo manifesta grande sensibilità per le situazioni sociali del tempo ed amore per lo studio. Tale interesse traeva forza sia dalla propria predisposizione naturale e sensibilità, sia dalla curiosità “al sapere” suscitata dalle letture dei libri che egli aveva a disposizione in casa e che costituivano la forbita biblioteca dell’eruditissimo zio.
Anche la predisposizione al verseggiare ed alla rima si manifestavano abbastanza precocemente in scansonati e simpaticissimi ritornelli ove Egli si provava per i Suoi primi spettatori: genitori, fratelli e compagni di scuola e di giochi.
La propria personalità si formava, tuttavia, obiettiva e scevra da bigotti influssi che la religiosa parentela poteva comportare.
Le proprie scelte scolastiche che aspiravano agli studi liceali al fine di accedere alla facoltà di medicina, tuttavia furono dirottate verso gli studi Magistrali, poiché condizionate dalla sopravvenuta malattia del padre colpito da ictus. Tali aspirazioni tuttavia venivano ugualmente coltivate col consenso paterno attraverso la preparazione privata, degli esami di maturità liceale, che avrebbe dovuto sostenere, da esterno, a Giugno del 1944. La prematura scomparsa del padre a marzo, vanificò i suoi propositi poiché venne a mancare l’appoggio economico degli altri fratelli più grandi, nonostante vi fossero le sostanze economiche a cui attingere. Vi era, oltretutto, una cospicua somma di danaro ricavata dalla vendita di alcuni beni di famiglia, di cui il padre si era felicemente privato per assicurare gli studi al figlio; e che comunque costituivano parte dell’eredità spettante a Vincenzo.
Si iscrisse all’Università Orientale di Napoli - corso di laurea in lingua francese. Successivamente nel 1961 si iscrisse in Pedagogia all’Università di Messina.
Vincenzo Guerrisi, all’indomani della perdita del padre, vide per lui segnata la strada dell’insegnamento. Tuttavia egli non manifestò alla propria famiglia, che amava moltissimo, del risentimento. Tutt’altro, si dimostrò invece disponibile a dare loro aiuto nelle difficoltà. Il male che aveva ricevuto, e di cui i fratelli si erano subito pentiti, non lo aveva metabolizzato in sentimenti di vendetta e rancore, ma in sentimenti di comprensione, pensando che il destino di ognuno di noi è segnato anche da altre componenti, che incidono nostro malgrado, sul nostro futuro; ma che comunque non scalfiscono la nostra vera essenza di uomini giusti, i quali per progredire nel bene, hanno comunque bisogno di provarsi anche nei momenti difficili. Pertanto, iniziò ad insegnare nelle scuole elementari, oltremodo “preparato” e con il cuore puro, come lo era quello dei fanciulli che ora lo aspettavano ogni mattina per apprendere da lui i primi insegnamenti scolastici. Bambini scalzi e male coperti anche d’inverno. Aule dal pavimento in terra battuta, con finestre chiuse da assi sconnesse. Queste erano le condizioni delle scuole rurali di San Luca, Belloro, Contrada Bosco e Contrada Pozzo, ove lui aveva iniziato a prendere servizio, prima di essere destinato alla sede definitiva di Bovalino. A questi disagi si aggiungevano anche quelli legati al raggiungimento di queste sedi poiché non vi erano mezzi pubblici di trasporto ed in alcuni casi neanche strade percorribili. Tuttavia Vincenzo Guerrisi affrontava il tutto con una straordinaria energia, la quale era anche alimentata ogni mattino, dallo sfolgorante spettacolo della natura che, nel sorgere del sole, restituiva al creato le voci e i colori all’operoso giorno della “gente d’aspromonte”.
Si può parlare di destino? Forse si. Ed il suo destino lo aveva voluto nella scuola, poiché “era scritto” che lui avrebbe sentito forte la responsabilità, attraverso la scolarizzazione di fanciulli ed adulti, a cambiare le cose. L’istruzione cambia il mondo. Nei suoi scritti dice: “la scuola mi ha voluto ed io ho voluto lei”. Sono di questo periodo gli scritti La grammatica Italiana, Il mio Tempio ed una infinità di poesie per la scuola a cui si aggiungono negli anni a venire, componimenti per recite scolastiche.
Ed il Suo destino, ora, lo chiamava ad essere testimone e cantore attraverso i Suoi versi di questa umanità che usciva devastata dalla Guerra e dal fascismo… ma con la speranza di una vita migliore.
Sono gli anni del cambiamento, l’Italia si risolleva dalla guerra attraverso grandi cambiamenti politici. La repubblica, il voto alle donne, l’uguaglianza sociale, la democrazia e Lui vi partecipa attivamente come coofondatore a Bovalino della sez. del partito della Democrazia Cristiana. A partire dai primi anni cinquanta collabora all’UNLA (Unione Nazionale Lotta Analfabetismo), nel processo di alfabetizzazione degli adulti, con l’istituzione di scuole serali. È tra la gente del popolo che ama e da cui è riamato. Vive la propria “storia” e le “storie” della sua gente. La gente della Calabria abbandonata dalle istituzioni, che vive di nulla ma con la speranza del cambiamento. Gli anni cinquanta sono gli anni più fertili della sua produzione poetica. Sono anche di questi anni, Sutta Sutta, Il divino sogno di “Notti Curiusa”, I Tipi di Caratteri ed altri. Nei decenni successivi compone altre opere, quali Mundizzi, Camina Camina, La leggenda del Calabrese; poemetti in lingua dialettale, quali U Cumò i Micu Giò, Ddonna Cazza; le raccolte di poesie in lingua italiana il Canestro e Momenti, corposi scritti in prosa dialettale ed in lingua e tantissimo altro che ancora giace inedito. Non ha mai voluto abbandonare la sua terra, nonostante viaggiasse moltissimo, prediligendo, lunghi soggiorni a Perugia, città ove risiedeva il fratello Giovanni, il quale ricopriva nella Polizia di Stato una importante carica. I viaggi a Perugia coincideranno con la stagione Lirica del teatro Morlacchi a cui Lui tiene moltissimo, essendo stato sempre un grande appassionato del bel canto. Nel 1961 sposa Maria Sara Logozzo e dal matrimonio nascono tre figli: Lucia e Marinella diverranno avvocati; mentre Giovanni, l’ultimo nato, diverrà medico. Dal matrimonio, nel 2000, di Lucia con Andrea Tavernese, nasce nel 2001 Vincenzo, l’unico ed adoratissimo nipote. Vincenzo Guerrisi è stato un uomo onesto, giusto, e coerente con i propri principi e la propria moralità. Ha sempre cercato di fare il proprio dovere con tenacia tenendosi alla larga da ogni tipo di contaminazione che potesse intorbidire la propria integrità. Prova ne è l’abbandono della frequentazione dei circoli politici allorquando ebbe la sensazione che i valori alla base della Democrazia Cristiana, in cui aveva creduto, vacillavano.
Ha sempre combattuto le ingiustizie dell’umanità con la sola arma della scrittura, senza, mai scadere nella velenosa invettiva; volendo invece, attraverso la denuncia dei mali ed dei vizi di cui l’uomo talvolta si fa portatore, aprire con l’insegnamento morale, le porte al ravvedimento ed alla positiva speranza per un mondo fatto di giustizia e di pace, che egli decanta nelle sue più belle liriche .
È stato il padre, il marito, il maestro, l’amico di tutti. Un uomo innamorato della vita, e delle sue stridenti contraddizioni, che lui ha saputo descrivere nei versi dei propri scritti, con la delicata profondità psicologica del fine poeta e con i toni della tragicomica ironia. Ha scritto di tutto; senza limiti alla propria sconfinata fantasia, che gli imponeva la scrittura come un bisogno. Mettere sulla carta i propri pensieri per fare posto agli altri che in continuazione prendevano forma nella sua mente. Ha scritto per il piacere di scrivere. Non per strategiche e remunerabili pubblicazioni. Fortunatamente aveva di che vivere. Per questo i suoi scritti hanno il pregio della spontanea ispirazione, poiché non forzati dal bisogno di dover per forza scrivere qualcosa e soprattutto, per compiacere qualcuno da cui far dipendere il proprio sostentamento. Dagli originali si capisce che sono alla prima stesura, essendo stati scritti su normali fogli di carta o quaderni di scuola, con l’umiltà di chi si accinge a fissare con la scrittura un proprio pensiero, e non con la predeterminata intenzione di dover redigere a tutti i costi un capolavoro, pur avendolo inconsapevolmente, forse, anche scritto. A lui era gradito avere il plauso di tutti, sia di coloro i quali possedevano la cultura necessaria per poterlo capire, nonché il consenso della gente più semplice, la quale, compiacendosi dell’effetto ironico che suscitava immediatamente il verso, poi andava in profondità, per capire la morale che da essa ne scaturiva. Un test di intelligenza. Comunque erano i suoi “PENSIERI”, come lui amava chiamarli; da proteggere, riposti nei cassetti in una sorta di archivio mentale…cartaceo, in attesa senza fretta del giusto momento per la pubblicazione; allorquando il tempo e la scelta delle giuste persone (…) sarebbe coinciso. È questo il motivo per il quale tante delle sue opere sono rimaste inedite o pubblicate in ritardo. È stato molto amato nel paese di Bovalino, ed apprezzato in tutti gli ambienti letterari, sia per le qualità poetiche, sia per la sua umanità e travolgente simpatia. Anche al mattino quando Lui si recava sul corso del paese per le sue abituali commissioni, la gente di Bovalino era lì ad aspettarlo, per sentire da lui l’ultima poesia che aveva scritto o semplicemente per il piacere di sentire le sue ironiche considerazioni, estemporaneamente espresse in versi sui fatti del giorno, piene di moralità e con richiami a vecchi e saggi proverbi. Era amato da tutti, anche dai giovani. Anche lui ha amato e ricambiato l’affetto dimostrato, riuscendo ad intessere rapporti, fatti di un rispetto che sa di antico, ma con la spontaneità dell’amore paterno e fraterno. Ha forgiato intere generazioni di ragazzi a quelli che sono i valori più nobili (onestà, amicizia) insegnando loro a credere in se stessi e a coltivare le qualità morali poiché soltanto così il male non ha il sopravvento ed è più difficile perdersi tra le spire e insidie della vita, poiché la perdita peggiore è perdere se stessi, la propria integrità morale. Il legame con i suoi ragazzi si protraeva oltre gli anni scolastici, in una sorta di vincolo indissolubile che è quello che lega un padre ai suoi figli. Era una celebrità, il cui ricordo sopravvive alla morte e diventa motivo per annoverarlo tra i personaggi che hanno onorato il paese di Bovalino e tra i poeti più importanti della Calabria. Un uomo di grande cultura. Una sorta di enciclopedia ambulante, capace di rispondere a domande su qualsiasi argomento; e profondo conoscitore della storia di Bovalino e del nostro territorio. Un uomo di grande bontà d’animo che ha vissuto aiutando gli altri e confidando sulla bontà ed onestà altrui. Bontà d’animo che erediteranno i suoi figli; la bontà d’animo, di tanta gente per bene, che è premiata, ma talvolta calpestata da chi confonde la bontà per debolezza; da chi umilia la nobiltà d’animo alla luce di furbi disegni egoistici, incurante del giudizio del tempo, della memoria, e soprattutto di Dio. È questo lo spirito che pervade la poesia di Guerrisi. I poveri, gli umili, gli indifesi, schiacciati da chi li sfrutta. E questo concetto nel ventunesimo secolo vale per tutti. Per tutti i puri di animo e di cuore che, in ogni ambiente sociale, subiscono il potere di chi si sente più forte.
Ha sempre “volato alto” su tali “comportamenti” altrui, prendendoli in considerazione soltanto come bagaglio di conoscenza di quanto con sceleratezza è nel potere del genere umano attuare; per dare loro, tuttavia, l’unico “onore/disonore” di essere immortalati nei versi dei propri scritti a carattere morale. I vili, i cattivi si emendano da soli.
Ma l’umanità si distingue soprattutto dalla parte “buona” di essa, che è sana e permette al genere umano di progredire e non estinguersi sotto i tiri del male. Ed ecco fiorire dai suoi scritti i comportamenti e sentimenti positivi dell’uomo, l’incanto della natura, la gioia per la vita comunque essa sia, poiché è un dono che non deve essere sprecato. Sentimenti questi che erano molto vicini al suo modo di essere, e che ha espresso nelle sue favole, attraverso le tante sfaccettature della sua complessa personalità, facendo uso in tante occasioni anche del suo personale piglio ironico o tragicomico.
Egli ha dimostrato di sapere oggettivare i propri sentimenti nei propri personaggi che, pur attingendo al reale, nascono dalla sua profonda sensibilità psicologica a comprendere l’uomo in tutte le sue sfumature, dal dramma allo scherzo, dal comico al patetico, da quello che “appare” e che invece “non è”, toccando altresi, dell’elegia, gli altissimi toni.
Nei suoi scritti si è espresso dando tutto se stesso.
Ha rappresentato la Calabria insieme a Nicola Giunta, Dario Galli e Vincenzo Chiefari, con sue poesie riportate nell’antologia Nuovi poeti dialettali. Ha pubblicato su Calabria letteraria “U braseri”. Ha vinto il I premio al concorso Nazionale di poesia “ Corrado Alvaro 1976” con la poesia in lingua italiana “Peppe”. Medaglie, targhe, coppe, gli sono state conferite nei vari incontri poetici, organizzati a livello regionale. Insignito della Onorificenza di Cittadino Benemerito del Comune di Bovalino, ha preso parte a varie trasmissioni televisive a livello regionale. Importante la sua partecipazione in qualità di commissario al “Giugno Locrese” ed al “Modigliani” di Reggio Calabria. Il 23-12-2005 a Bova Superiore riceve il Premio di Poesia Domenico Napoleone Vitale (poesia in dialetto calabrese) Il 01-09-2006 a Reggio Calabria “Il Circolo Rhaegium Julii” gli conferisce il premio Nicola Giunta alla carriera con la motivazione «Al poeta Vincenzo Guerrisi Parlà che ha dato alla letteratura italiana ciò che le mancava; la favola mutata in romanzo».
Ha pubblicato Sutta Sutta Vol. I Poesie allegoriche in dialetto Calabrese, (Oppido, Litografia Diaco, 1985); in lingua “La leggenda del Calabrese, poemetto in ottave (Oppido, Litografia Diaco, 1985); poesie Brasi, (Arti Grafiche Edizioni, Ardore Marina, 1998); Sutta Sutta Vol. II, Introduzione di Pasquino Crupi (Luigi Pellegrini Editore, Cosenza 2006). Ha firmato le proprie opere aggiungendo al cognome del padre, quello della madre, per onorarne la memoria, ispirato da un inconsapevole istinto ad anticipare, con modernità, quelle che oggi si chiamano “pari opportunità tra uomo e donna”.
Nel 2008 la vita di Vincenzo Guerrisi è scossa da un terribile evento. La diagnosi di una terribile patologia al cervello del figlio Giovanni. Quando a tutto sembrava non vi fosse rimedio, fu consultato Fratello Cosimo da Santa Domenica di Placanica per avere su intercessione della Madonna dello Scoglio la grazia o un consiglio nella indicazione di una via di guarigione. Fratello Cosimo disse che Giovanni non sarebbe morto, ma che «bisognava metterlo con fiducia nelle mani del neurochirurgo Prof. Giovanni Broggi dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano». Così è stato fatto e Giovanni è ancora tra di noi. Tuttavia sono stati anni di angoscia e di grande preoccupazione rischiarati soltanto dai piccoli e costanti risultati della regressione della malattia di Giovanni. E fra le tribolazioni di varia natura (…), la speranza di vedere Giovanni in vita era alimentata da ciò che aveva detto Fratello Cosimo, dalla “fede” in Dio, e dalla preghiera alla Madonna dello Scoglio che aveva scelto quella famiglia e soprattutto Giovanni per essere testimoni della presenza divina e salvifica su tutta l’umanità. È stato un viaggio tra scienza e fede di cui Vincenzo Guerrisi e la moglie Maria Sara, in primis, per la già avanzata età, affrontavano con notevole consunzione interiore. Tuttavia, mai si rassegnavano all’idea di non vedere un giorno la guarigione del loro unico figlio maschio.
Vincenzo Guerrisi era anche ben consapevole che la salvezza del Figlio avrebbe comportato la salvezza di tutta la famiglia, da qualcosa che avrebbe distrutto tutto (…) e in ultimo anche i suoi scritti.
C’è ancora un destino segnato ma non ancora spiegato perché Dio, La Madonna dello Scoglio, Fratello Cosimo ed in ultimo la competenza scientifica del Professore Broggi, salvando i “Pensieri” di Giovanni, abbiano salvato anche i “Pensieri” di Vincenzo Guerrisi Parlà.
Tuttavia il tempo di Vincenzo Guerrisi Parlà si compiva. Egli muore presso l’ospedale Civile di Locri la mattina del 16 marzo del 2010, ove si era recato per accertamenti 20 giorni prima. È morto senza accorgersene e con la speranza nel cuore di ritornare a casa per vedere la guarigione del figlio e respirare la serenità che lo aveva abbandonato. È mancato alla sua famiglia ed a quanti lo hanno conosciuto.
Forse il “destino” di Vincenzo Guerrisi Parlà è svelato, ed è quello di scrivere di lui la favola più bella.
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